Marco Consoli per il Venerdì-la Repubblica
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«Qualcuno, vedendoci in difficoltà nei sondaggi, mi ha suggerito di fare a Hillary una mossa alla Tonya Harding». Così diceva Obama ai suoi sostenitori in Iowa nel 2008, nel pieno delle primarie contro Clinton che lo avrebbero portato alla Casa Bianca.
Ma chi è Tonya Harding?
È stata la campionessa americana e vicecampionessa mondiale di pattinaggio artistico su ghiaccio a fine anni Ottanta, prima di essere coinvolta, nel 1994, nell' aggressione alla rivale di sempre, Nancy Kerrigan. L' ex marito di Tonya Jeff Gillooly e il suo amico Shawn Eckhardt avevano pagato un tizio per colpire Nancy al ginocchio con una mazza da baseball, e Tonya, a conoscenza del piano, si vide sfilare dalla federazione i titoli che aveva conquistato e radiare dallo sport che amava.
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«Per vent' anni il suo nome si è trasformato in epiteto negativo, sinonimo di spregiudicatezza, ma a me interessava capire l' educazione e gli eventi che l' avevano portata a quelle scelte estreme» ci spiega Craig Gillespie, regista del biopic Tonya, che abbiamo incontrato al festival di Toronto. Il film, candidato a tre premi Oscar (attrice protagonista, attrice non protagonista e montaggio), arriverà nelle sale italiane il 22 marzo. Tonya racconta la storia della pattinatrice (interpretata da Margot Robbie) a partire dalla tarda adolescenza, il suo rapporto con la madre violenta (Allison Janney), il fidanzamento e poi il matrimonio con il divertente ma manesco Jeff (Sebastian Stan), gli allenamenti con la coach Diane (Julianne Nicholson), che con abiti e acconciature appropriate tenta di addolcire i suoi modi un po' rudi.
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In un crescendo di successi Tonya arriva a eseguire, per prima in America, il celebre salto triplo Axel. Gara dopo gara, vittoria dopo vittoria, aumentano però anche la pressione e le violenze che la pattinatrice deve sopportare in famiglia, fino all' evento che cambierà per sempre la sua vita. «All' epoca» ricorda Gillespie «Tonya aveva solo 23 anni. Nessuno la guidava né la proteggeva. Il film cerca di raccontare la sua famiglia disfunzionale e gli abusi che l' hanno condizionata: mi interessava che il pubblico rivedesse il suo giudizio su una persona universalmente considerata il simbolo negativo dello sport.
Fin dall' inizio avete scelto la via originale del finto documentario, in cui Tonya e gli altri raccontano gli eventi, spesso contraddicendo l' uno la versione dell' altro.
«Lo sceneggiatore Steven Rogers, per scrivere il film, ha intervistato Tonya, e poi l' ex marito Jeff. Quando ha visto che le loro versioni non collimavano gli è venuta l' idea del finto documentario. La cosa interessante per me è che così il pubblico deve partecipare attivamente alla ricostruzione della verità».
Un' altra invenzione è quella nelle scene di violenza domestica: come vi è venuto in mente di interrompere l' azione per permettere a Tonya di parlare direttamente con gli spettatori?
«Era difficile trovare una chiave per rappresentare le violenze che hanno contraddistinto tutta la vita di Tonya, ma io volevo spiegare perché, nonostante tutto, lei continuasse a stare insieme al marito e alla madre: per lei era la normalità. Così è venuta l' idea di rompere la quarta parete, quella invisibile che divide il pubblico dagli attori, per farle spiegare direttamente come si sentiva in quel momento. Anch' io vengo da una famiglia disfunzionale e so che nei momenti peggiori l' umorismo è una chiave per sopravvivere, quindi abbiamo usato quel registro nei passaggi più cupi del film. L' idea è piaciuta molto a Margot Robbie».
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La protagonista è anche produttrice del film: è stata lei ad averla scelta come regista?
«Sì, ho fatto un provino e ci siamo trovati subito d' accordo su un punto: bisognava trovare il tono giusto per non assumere una posizione di superiorità rispetto ai personaggi. Che dovevano essere umani, con tutti i loro difetti, e non macchiette».
Le ha spiegato perché voleva produrre questo film?
«Ci sono pochi ruoli veramente interessanti per le donne a Hollywood e credo che lei questo non volesse perderlo. Il rischio altrimenti è di fare sempre la bella al servizio di un protagonista maschile. Questo progetto non era facile, per via della violenza e del linguaggio sboccato, perché uno studio non finanzierebbe mai qualcosa del genere».
Robbie è molto più avvenente di Tonya: come avete lavorato per renderla credibile?
«Abbiamo usato un make up e una luce ingenerosi, che non nascondessero le imperfezioni del suo viso. Ma la chiave l' ha trovata Margot, incarnando alla perfezione quel modo isterico di muoversi di Tonya».
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Per le sequenze di pattinaggio come avete lavorato?
«Margot si è allenata per quattro mesi, per raggiungere un livello accettabile, ma per i passaggi più complicati abbiamo usato una controfigura e gli effetti speciali. Ci sono diverse sequenze di pattinaggio nel film e a ognuna ho cercato di dare uno stile visivo diverso: una più frenetica, un' altra più attenta ai dettagli, un' altra bizzarra. Ad aiutarmi è stato un operatore che sapeva pattinare e ha girato con la cinepresa a spalla, coreografando tutto insieme a Margot».
Tonya ha un ritmo incalzante. A quali modelli cinematografici si è ispirato?
«Il mio unico modello è stato Da morire di Gus Van Sant, del 1995. Mi sono anche riguardato Quei bravi ragazzi, di Martin Scorsese, perché lì molta narrazione avviene senza dialoghi. E mi è tornato utile anche nell' idea di contrapporre la violenza a canzoni romantiche, come quelle dei Bee Gees. Talvolta ho usato la musica anche sul set, per creare un' atmosfera giusta, come quando Tonya e Jeff si danno il primo bacio imbarazzato sulle note di Romeo & Juliet dei Dire Straits».
Qual è il tema di questa vicenda che le sta più a cuore?
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«Il film parla del sogno americano, che è solo apparentemente alla portata di tutti. Per Tonya c' erano barriere economiche da superare, perché per diventare campioni dello sport spesso bisogna essere ricchi. Questo la avvicina a molte persone e rende la storia attuale. Al di là dei suoi errori, Tonya va apprezzata per la perseveranza: non ha mollato mai e si è conquistata ogni onore sportivo con la fatica».
Però alla fine tutta la sua vita e la sua carriera si sono ridotte a una notizia di cronaca...
«La sua vicenda è emblematica: i media hanno fatto a pezzi la sua vita senza nessuna capacità di comprensione e di approfondimento. Potremmo dire che il sensazionalismo in tv è nato proprio con Tonya Harding. Che è stata gettata nella polvere prima di finire rimpiazzata, tre mesi dopo, dal caso O.J. Simpson. A tutti dovrebbe essere dato il tempo e la possibilità di spiegarsi, invece di essere processato in due minuti».
Avete incontrato Tonya?
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«Sì, e ci ha confessato che il film rappresenta onestamente la sua vita. Ormai ha fatto pace con gli eventi che per anni l' hanno messa in cattiva luce. Ma sono convinto che le farà piacere sapere che il pubblico potrà capire chi è veramente. In una scena Tonya dice: non capisco perché tutto questo gran chiasso per Nancy, che è stata colpita una volta sola, mentre io ho subito per tutta la vita».
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