giampaolo
Mario Sconcerti per il Corriere della Sera
La prima cosa da fare al Milan è cercare chiarezza dentro la società, da Londra a Milano.
Se non sarà chiaro il progetto della proprietà, non sarà chiara nemmeno la strada per la squadra. I giocatori hanno sempre bisogno di sapere per chi lavorano. Chi è dunque il Milan oggi?
La risposta corretta ha un nome, Gazidis, tanti anni all' Arsenal, un ingaggio da quattro milioni l' anno, un dirigente certamente bravo ma insolito. Non ha detto una parola da quando è arrivato, non una. Non ha risposto mai a una domanda sulla squadra, il futuro. Non parla. Non aggrega, lavora. Fino a quando? Non si sa, fino a quando Singer non troverà il cliente giusto a cui vendere il Milan.
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L' errore è evidente e costruisce incertezza dovunque, la situazione peggiore per fare calcio. Gazidis deve trovare riferimenti più forti dentro il Milan, crearsi radici, divenirne l' anima o niente.
Non può pensare basti aver scelto due pezzi di storia estranei per destino al lavoro di ufficio, al compromesso sporco nella trattativa di mercato, all' occhio lungo dello scout.
Deve costruirli lui, farli diventare dirigenti, non osservatori preoccupati. Se non lui chi nel Milan è capace di tenere il timone?
Nessuno. Allora Gazidis esca dal suo vuoto e si esponga. Parli con Giampaolo, con la squadra, capisca i suoi problemi. La stessa cosa che deve fare Giampaolo con una differenza in più: non è più tempo di pensare al collettivo. Prima bisogna trovare i pilastri, poi intorno si farà la squadra. È tempo di scegliere quattro giocatori e educarli ad essere leader. Non discorsi di popolo, ma colloqui veri, privati, che portino responsabilità. Giampaolo quando la squadra è in campo resta solo. Il Milan sul campo anche. Servono dei giocatori ponte, con buona personalità, che si responsabilizzino e tengano in mano la partita di tutti momento dopo momento.
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Servono amici. Il primo nome sicuro mi sembra Calabria, personalità fresca ma evidente. Poi Romagnoli, il migliore del Milan, il più cattivo, che però rischia sempre poco. È tempo entri nel gioco. Poi i due giocatori di più talento, Calhanoglu e Suso, non adatti, ma dimostrativi, sanno essere seguiti per qualità e importanza.
Devono essere loro a guidare la partita. La società (Gazidis) deve infine chiamare Piatek e capire cosa lo rende così inutile.
Piatek è l' uomo decisivo, è il gol, non c' è Milan senza di lui. Va ascoltato e scosso molto dall' alto. Non è più il tempo delle assemblee nello spogliatoio, è il tempo dei mentori, di una nuova esperienza. Si faccia aiutare Giampaolo, o morirà di solitudine insieme al Milan.
MILAN, LA SVOLTA O SI AFFONDA
Carlos Passerini per il Corriere della Sera
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Ora sì che è l' ultima spiaggia. E la metafora è quella giusta, trattandosi Genova di una città di mare, una città che fra l' altro Marco Giampaolo conosce bene. E che adora, avendoci lavorato, e bene, per tre anni. È lì che si è conquistato la grande occasione di una vita, che ora rischia di svanirgli fra le mani, come la sabbia che scivola fra le dita.
Sabato contro il Genoa si gioca tutto. Una specie di personalissimo derby della sopravvivenza. Il giorno del giudizio.
Per lui e per il suo Milan. Ma soprattutto per lui. Perché la fiducia che la dirigenza gli ha ribadito già nella notte di domenica, nel corso di un faccia a faccia lungo un' ora andato in scena nella pancia dello stadio, non è più a tempo indeterminato. La parola ultimatum non è mai stata pronunciata, né da Maldini, né da Boban, né da Massara, né da Gordon Singer, figlio di Paul, vale a dire Mister Elliott, il padrone della baracca, che in questo momento è l' immagine che rende meglio. Non è stata pronunciata, ma è nei fatti, è nelle cose. Il calcio ha le sue regole. Siamo già a 4 k.o in 6 partite, l' ultima volta che il Diavolo partì così male c' era Mussolini, anno 1938/39.
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«Lo difenderemo sempre» ha detto Maldini dopo la disfatta. Sempre, ovviamente, significa fino a quando sarà l' allenatore. Difenderlo dopo un quinto flop sarebbe impossibile. Ci sarebbe solo da prendere atto del fallimento del progetto. Arenarsi a Genova sarebbe una sentenza inappellabile.
Per Giampaolo e, appunto, per lo stesso progetto tecnico. Tutti, dirigenti inclusi, sarebbero in discussione. Lo ha ammesso in fondo lo stesso Maldini parlando di responsabilità diffuse: «Le colpe sono di società, allenatore, giocatori». Un discorso, quello del d.t., lucido e onesto. Ieri quelli di Striscia gli hanno dato il Tapiro. «È una sofferenza per chi ama questa squadra» ha ammesso. Giampaolo invece è rimasto in silenzio: doveva andare a Milano a un incontro con Allegri e il vecchio maestro Galeone, ma ha preferito lasciar stare.
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La squadra tornerà ad allenarsi solo oggi, dopo il giorno di riposo. Niente ritiro punitivo.
Le strade quindi sono due: a Marassi si svolta o si affonda. C' è chi sostiene che sia meglio andarsi a giocare la gara della verità lontano da San Siro, dove la pazienza popolare è già esaurita. Marassi sarà però il solito inferno. E col collega Andreazzoli sarà un duello nel duello. Rischiano in due. I latini il calcio non ce l' avevano, ma la frase giusta sì: mors tua vita mea.
La fiducia di dirigenza e proprietà è reale. A termine, ma reale. Allo stesso momento è chiaro che al quarto piano di Casa Milan ci si sta già muovendo. Chiaro e giusto: una proprietà non solo ha la facoltà, ma il dovere di non farsi trovare impreparata.
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Qualche sondaggio esplorativo, più o meno indiretto, è già stato fatto. E davanti a tutti oggi come oggi c' è Rudi Garcia, forte anche dell' amicizia che lo lega al d.s. Massara. I due hanno lavorato insieme alla Roma. Conosce il campionato, le dinamiche, ha personalità. Ma sono diversi i profili analizzati. E fra questi attenzione a Shevchenko. Che è c.t.dell' Ucraina e vuole andare all' Europeo. Intanto però stasera è a Milano per l' Atalanta e per festeggiare il 43° compleanno con i vecchi compagni di squadra. Ipotesi suggestiva.
Ranieri? Traghettatore esperto, ma poco di prospettiva. Un Gattuso 2? Improbabile, dopo quell' addio doloroso. Allegri e Spalletti? Fuori budget per un club sempre alle prese col fair play finanziario.
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Arrigo Sacchi, grande padre della patria rossonera, ieri ha ribadito il suo pensiero a Radio2: «Mandare via Giampaolo sarebbe un doppio errore, ricordatevi la mia storia». Ma i due Milan, il suo e questo, sono paragonabili? Lì Gullit e Van Basten. Qui?
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