giampaolo pansa
Giorgio Gandola per “la Verità”
Giampaolo Pansa, cosa risponde a Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista che hanno dato ai giornalisti delle puttane e degli sciacalli?
«Mi fanno ridere quelli che attaccano i giornalisti e quelli che corrono a difenderli. La mia risposta è un malinconico chissenefrega».
Perché questo disinteresse?
«Perché una volta era peggio, li ammazzavano, come Walter Tobagi. Quando vedo qualcuno che si infiamma e parla di attacco alla democrazia vorrei domandargli: ma quando le Brigate rosse hanno ammazzato Tobagi cosa avete detto o scritto? Cosa avete fatto per la moglie Stella o per i figli che erano bambini?».
Il ricordo la tocca ancora nell' anima, sembra vivo dopo 38 anni.
WALTER TOBAGI
«Stavo ascoltando una conferenza stampa di Enrico Berlinguer all' Associazione della stampa estera a Roma quando mi si avvicina una segretaria prosperosa che sembra Anita Ekberg. Mi dice: "Pansa, il tuo direttore ti vuole al telefono". Io le rispondo: "Digli che non mi hai trovato". Lei torna dopo qualche minuto e insiste: "Pansa, il tuo direttore è arrabbiato con me perché mi ha accusato di non averti cercato". Allora vado al telefono e rimango pietrificato».
Cosa le disse Eugenio Scalfari?
«Aveva una voce che non riconoscevo, mi disse solo: "Giampaolo per favore vieni che hanno ammazzato Tobagi". Ho scritto l' articolo in preda alla commozione, piangevo e scrivevo. Tobagi l' avevo visto crescere. Oggi ci impressioniamo perché questi pigmei ci danno degli sciacalli, ma allora ci sparavano addosso».
Lei fu uno degli inviati di punta negli anni di piombo, rischiò mai la vita?
WALTER TOBAGI
«Allora ero nel mirino. La banda di Marco Barbone, la stessa di Tobagi composta da gente borghese e non certo da proletari in rivolta, si era appostata vicino a casa mia a Milano, nella zona di Porta Ticinese, per il cosiddetto sopralluogo. Però quando vennero per uccidermi non c'ero più. Mi salvò Barbapapà, che ringrazierò sempre».
Che parte ebbe Scalfari?
«Mi telefonò e mi chiese di prendere il primo aereo e andare a Roma; in redazione era scoppiata un'epidemia di influenza. Il condirettore Gianni Rocca era a letto, lui stesso si era ammalato. Mi diceva: il giornale va governato. Ubbidii e salvai la pelle. Al processo, il pm Armando Spataro era convinto che avessi mangiato la foglia, invece non mi ero accorto di niente. Salvato dal virus dell' influenza».
eugenio scalfari
Oggi il problema supremo del giornalismo sono le fake news.
«Lasciamo stare l'inglese, parliamo italiano e chiamiamole balle. Così è più facile aggiungere che le balle ci sono sempre state. Nella mia lunga corsa ho incontrato colleghi che inventavano storie assurde. Ci ho scritto dei libri, Comprati e venduti, Carta straccia, soprattutto Carte false. Cominciavo così: «Fare carte false, spacciare carte false. Sempre di più, il giornalismo italiano mi appare così, un mestiere che non può o non vuole distinguere il falso dal vero». Era il 1986. Di cosa parliamo?».
giampaolo pansa
Il giornalismo digitale ha moltiplicato l'effetto delle balle.
«Non mi faccia arrabbiare, il giornalismo digitale non esiste, esiste il giornalismo. E poi esistono signori che inventano e mettono in rete frottole con effetto moltiplicatore perché la tecnologia glielo consente».
Qual è il giornalista che stima di più?
«Le rispondo così, mi piace Lilli Gruber perché è una bella signora. L'ultima volta che sono andato ospite a Otto e mezzo gliel'ho detto e subito una parlamentare mi ha criticato: lei non può fare complimenti sessisti, sua moglie dovrebbe picchiarla con la scopa».
Lei ha riportato il Bestiario a Panorama, dov'era nato. Cosa si prova a tornare a casa?
maurizio belpietro veronica gentili (2)
«Niente. A 83 anni, finché il Padreterno non deciderà di chiamarmi a sé, lavoro sempre e la mia casa è la voglia di raccontare e scrivere. Io torno sempre a casa quando accendo il computer la mattina. Però mi fa piacere dire che voi avete costruito una bella casa».
In che senso?
«Nel panorama dell' editoria italiana La Verità è un miracolo. Mi piace leggervi tutti, da Maurizio Belpietro a Massimo de' Manzoni, anche Francesco Borgonovo. Però Belpietro ha commesso un errore».
Vediamo quale.
«Dirige anche Panorama, un quotidiano e un settimanale, mai vista una cosa simile. È un impegno sovrumano. Il quotidiano è lì, viene comprato e apprezzato da decine di migliaia di lettori; è una cosa viva, forte. Lasci Panorama a qualcun altro, ma è un consiglio inutile perché lui riesce anche a scrivere ogni giorno un editoriale impegnativo, complesso. L'uomo ha una forza pazzesca».
marco damilano
Degli altri giornali della sua carriera che ricordo ha?
«I giornali hanno un inizio e una fine, come la vita. E talvolta non hanno memoria. Tempo fa il direttore dell' Espresso, Marco Damilano, mi ha chiesto di riportare il Bestiario sul suo settimanale, poi non si è più fatto vivo. Lui e il direttore di Repubblica non hanno neppure avuto il coraggio di dedicare una riga al mio ultimo romanzo La Repubblichina. Argomento scomodo. Eppure di Mario Calabresi conoscevo bene il padre e sono stato fra i suoi difensori più strenui, pur rischiando parecchio».
Torniamo al Bestiario, la rubrica più corrosiva d'Italia. Chissà quante grane.
«Per la verità ho preso una sola querela, me la fece un ministro socialdemocratico perché scrissi che aveva l'aria del vecchio guappo assonnato. Fui assolto».
GIAMPAOLO PANSA
Chi era?
«Non me lo ricordo e non vorrei che si svegliasse».
Che Italia scorge dalla torre d'avvistamento del Bestiario?
«Scorgo un Paese perduto che non uscirà più dal girone infernale nel quale si è ficcato.
Il Movimento 5 stelle è composto da persone incapaci, inconsistenti. Per descrivere Fausto Bertinotti inventai il Parolaio rosso. Ecco, Luigi Di Maio è un Parolaio verde. Questi vanno a vanvera».
L'altro leader della maggioranza è Matteo Salvini.
MATTEO SALVINI AL MAURIZIO COSTANZO SHOW
«È molto più forte dei grillini, è un politico aggressivo e autoritario. Non ho dubbi che alle europee farà il botto; vincerà perché gli italiani sotto sotto sentono il bisogno di affidarsi a un simil Mussolini. Spero solo in una versione light, meno pericolosa».
Matteo Renzi consiglia di farsi da parte a guardare mangiando i popcorn.
«La sinistra è finita, semplicemente non c'è più. Per un partito stare a guardare è devastante. Renzi, che avevo chiamato il Superbullo, non è riuscito a cambiare il destino alla sinistra e neanche a sé stesso. Se non emerge qualcuno che non vedo, è perduta. E non saranno certo personaggi mediocri come Maurizio Martina e Nicola Zingaretti a salvarla».
nicola zingaretti
Secondo lei il governo dura?
«No, perché è composto da forze che non sono compatibili e non si amano. Dopo vedo solo un esecutivo di tecnici appoggiato dai militari, magari dalla guardia di finanza, vero terrore per troppi italiani. Ma non per me che dichiaro dalla prima all' ultima lira».
Oggi contano di più i politici o gli economisti?
«I politici non contano più nulla, sono intercambiabili. Gli economisti attirano più l'attenzione perché non sono ancora stati spremuti, consumati dai media. Vivo in un piccolo paese della Toscana, qui la gente non si fida più di nessuno».
Giampaolo Pansa
Questa Europa ha un futuro?
«Con tutti i suoi errori è meno sgangherata di noi, staccarci sarebbe tragico. Ciò che mi impressiona del nostro governo è la felicità nell'isolarsi, nell' essere solo. Da soli si piange e basta».
Perché ci siamo dimenticati il centenario della Grande guerra?
«Perché non abbiamo mai esercitato la forza della memoria. Mio padre Ernesto fu arruolato a 17 anni e fu un bravo soldato nel genio. Quando ne parlava, diceva che in guerra non aveva avuto terrore di morire, ma di rimanere mutilato, perché poi non avrebbe potuto mantenere la famiglia. I mutilati furono 200.000. Ecco, è come se ci fossimo vergognati dei tanti ragazzi morti. Negli altri Paesi non è stato cosi».
Si riferisce alle celebrazioni di Emmanuel Macron?
«Lui ha invitato 72 leader del mondo a Parigi intestandosi la ricorrenza. Gli inglesi sono scesi in piazza con le fiaccole. E mia moglie Adele Grisendi, che si interessa di calcio, mi ha detto che in Premier league tutti i giocatori hanno indossato maglie con il papavero rosso sul cuore per ricordare i coetanei di allora morti in battaglia. La storia è vita, che senso abbiamo noi senza la nostra storia? Ma adesso vorrei tornare alle bozze del mio libro».
Macron May Merkel
Ne sta preparando uno nuovo?
«Esce a febbraio, il titolo non glielo dico. Il tema è tutto ciò che mi è accaduto dopo avere scritto Il sangue dei vinti, lo spartiacque della mia vita e di quella di tante persone. Ci sono le traversie, le censure, gli amici dileguati, le minacce. Ma anche storie stupende di solidarietà. Quel libro ha avuto una sorte che non avrei mai immaginato. Ho ricevuto 20.000 lettere, ci sarà un capitolo dedicato anche a quelle, pro e contro».
La forza del titolo è pazzesca. Chi lo inventò?
«Quando mandai il manoscritto a Sperling&Kupfer, la storica direttrice editoriale Carla Tanzi capì subito la forza del libro. Non riuscivamo a venire a capo del titolo, fu Adele a dire: chiamatelo così. Bingo».
Qual è il ricordo più suggestivo legato a quel viaggio che ancora continua?
«Un giorno sulla Cassia ero fermo in auto fuori da un negozio ad aspettare mia moglie che stava comprando qualcosa. Vedo arrivare una donna anziana a piedi, con il collo di pelo sul cappotto e il bastone. Sembrava una signora disegnata da Giuseppe Novello. Mi bussa sul finestrino per farmelo abbassare e mi chiede: Lei è Pansa? Sì. Posso darle un bacio? Allora porgo la guancia. Poi le chiedo: perché mi ha dato un bacio? Mi fissa e sussurra: lei lo sa. La forza della memoria è tutto».