“Avrebbero giocato a palla divinamente nel mio giardino.
Modestia a parte, sono uno che se ne intende di perfezione”.
Dio (in persona)
SONNY WU MILAN BERLUSCONI STEVEN ZHENG
Trent’anni non sono uno scherzo. Sono meno di un respiro, meno di un colpo di tosse, ma non sono uno scherzo. Sono il tempo che corre tra il sorriso maliardo di un seduttore alla conquista del mondo e il ghigno apatico di un pornomane alla sua ultima stazione. Ma la lacrima che scende sul volto di un pornomane stanco vale più dell’intera valle di lacrime.
MILAN BERLUSCONI
Silvio Berlusconi che lascia il Milan non è uno scherzo. Che lo lascia, per di più, a una misteriosa, indecifrabile company di cinesi. Niente sorrisi, né ghigni. Nessuna onnipotenza infantile o senile. Solo il rumore ottuso dei soldi. Per trent’anni Berlusconi è stato il Milan, lui a San Siro, lui a Milanello che sbarca dai cieli o racconta storie infinite, lui che s’innamora di giocatori e allenatori, lui che li ripudia. Questa non è una svolta epocale. Questo è un lutto. Qualcosa muore e sarà così anche se arriverà Cristiano Ronaldo.
MILAN BERLUSCONI
E’ una storia che riguarda tutti, a prescindere dal colore della pelle, juventini, interisti, romanisti, napoletani, platiniani e maradoniani. Anche perché, dei tanti suoi trentennali Milan grandiosi, uno di sicuro, quello dei tre olandesi, di Baresi, Maldini, Ancelotti, Donadoni, Evani e Tassotti, è quello che più si è avvicinato nella seconda metà degli anni ’80 al concetto di “squadra perfetta”.
BERLUSCONI A MILANELLO
Non lo è stato sempre e non sempre per novanta minuti (di sicuro, Milan-Real Madrid, 19 aprile 1989, 5 a 0 a San Siro), ma lo è stato per almeno cinque minuti in ogni partita giocata da che è stato al mondo, padrone del mondo.
Otto puntate per raccontare l’era di Berlusconi. Dall’inizio. Da quando scende in elicottero dal cielo e detta la missione: dalla Cavese al tetto del mondo. Un triplo salto mortale. Fino al suo apice. Che è anagramma di epica. Il suo primo, vero Milan, quello di Arrigo Sacchi. Il resto che segue è grandezza sparsa, a volte assoluta, trofei, copertine, sbornie, tutto quello che volete, ma non è epica.
Da “La squadra perfetta” di Giancarlo Dotto (ed. Mondadori)
L’epopea del Milan di Berlusconi
Prima puntata.
TIFOSI DEL MILAN CONTRO BERLUSCONI E GALLIANI
IN PRINCIPIO FU SILVIO BERLUSCONI
“….Era un frugolo svelto e allegro che scortava il padre Luigi la domenica a San Siro, mano nella mano, a patire e a gioire insieme. Era l’Italia del dopoguerra, era il Milan dei Puricelli, dei Carapellese e poi, alla fine degli anni ’40, il Milan del trio Gre-No-Li.
BERLUSCONI MILAN
Quarant’anni dopo, domenica 23 marzo 1986, tutta San Siro invoca il nome di quel bambino, nel frattempo diventato adulto, telegenico e facoltoso. Il Milan perde in casa con la Roma di Eriksson. Al gol decisivo di Roberto Pruzzo, esplode la protesta e partono i cori. E’ la prima volta che il nome di Berlusconi viene invocato a San Siro. Tutti lo vogliono. E’ la volontà popolare. Berlusconi ama la volontà popolare. Adora i bagni di folla. Sa cosa sono le chiamate del destino. Non si sottrae. Rompe gli indugi.
BERLUSCONI MILAN
L’uomo che salverà il Milan dai tribunali è un imprenditore non ancora cinquantenne, che ha inventato il business della televisione commerciale, in attesa di reinventare il business del calcio e i rituali della politica. Un seduttore nato. E’ lui che rilancerà nel mondo il marchio Milan, rifondando l’azienda e risanando i conti.
fedele confalonieri
La fumata bianca arriva la sera del 24 marzo, ventiquattro ore dopo il plebiscito di San Siro. A chiudere la trattativa sono il fratello Paolo, Fedele Confalonieri, Adriano Galliani e Giancarlo Foscale. E’ il più melassico telegenico dell’epoca, Cesare Cadeo, a dare la notizia ai giornali.
capello berlusconi
“Da un punto di vista economico abbiamo fatto una puttanata, ma non potevo tirarmi indietro: abbiamo preso il Milan”, comunica il neopresidente ai suoi intimi. Fine di un incubo. Berlusconi eredita una società malata, un totem logoro, Nils Liedholm, e un mare di debiti.
Silvio Berlusconi irrompe a via Turati come il salvatore della patria. Si presenta da presidente in doppiopetto, ma si sarebbe presentato volentieri anche in tuta da allenatore. Sdoppiarsi, triplicarsi, quintuplicarsi gli riesce facile. S’intuisce quante volte, in più di vent’anni alla guida del Milan, abbia dovuto farsi violenza per impedirsi di alzare il telefono e dettare la formazione con tattica incorporata all’allenatore di turno. In qualche caso quel telefono lo ha alzato.
berlusconi sacchi
Chiedere a Sacchi, Capello, Zaccheroni e allo stesso Ancelotti, per conferma, quando “Sua Emittenza” diventava “Sua Interferenza”. Gli era bastato da giovane allenare l’Edilnord, la squadra del suo passato immobiliarista, punta di diamante il fratello Paolo, per convincersi di saperla lunga in panchina.
berlusconi
Convinzione, del resto, che gli veniva naturale di qualunque cosa si occupasse, dalla botanica alla cucina, di come sellare un cavallo o addomesticare un canguro. “Io allenatore del Milan? Perché no?...Ho una grande considerazione di me stesso. Non ci sono limiti a quello che posso fare. Potrei fare il giornalista, il parroco, mille altre cose, di sicuro l’allenatore”.
Testimoni sparsi giurano che, prima di prendersi il Milan, Berlusconi fu a un passo dal comprare l’Inter, quando Ivanhoe Fraizzoli era allo stremo delle forze e delle risorse. Sarebbe stato Sandro Mazzola a indurlo in tentazione…Fraizzoli gli propose il cinquanta per cento della società e Berlusconi ci pensò seriamente. Fu l’illuminato avvocato Peppino Prisco a sconsigliare Ivanhoe e fu un bene per tutti.
berlusconi rivera
Gli fece capire che con Berlusconi al fianco, anche al quarantanove per cento, non avrebbe più deciso nemmeno il colore delle sedie di Appiano Gentile. L’Inter finì a Ernesto Pellegrini e Berlusconi si riversò anema e core sul boccheggiante Milan, in totale sintonia con la sua storia e la storia di suo padre.
berlusconi galliani
Il nuovo Milan riparte dalle fondamenta, rifondare la società e risanare i conti. Per la prima volta una squadra di calcio viene inquadrata secondo le logiche dell’impresa a cui applicare regole manageriali, studi di marketing e vincoli economici. La società e la squadra sono due realtà solidali ma distinte, la prima pianifica, la seconda vende emozioni. L’una non esiste senza l’altra. Berlusconi restituisce Milanello alla sua funzione storica, bunker inaccessibile di uomini che si addestrano per l’impresa: diventare in tempi brevi il club numero uno al mondo.
berlusconi galliani 7
Berlusconi si prende il Milan, immaginando di dover investire il primo anno una ventina di miliardi. Si sbaglia di grosso. Per difetto. Dentro il pacco Milan, Berlusconi e i suoi trovano una situazione molto, ma molto più pesante, come ricorda Galliani, costretto allora a inseguire panettiere, macellaio, farmacista di Carnago, decisi a sospendere le forniture per eccesso di crediti.
berlusconi 7
Ma non è un Milan tutto da buttare. In quella squadra giocano già con alterne fortune Tassotti, Maldini, Baresi, Filippo Galli, Evani. E’ anche il Milan dei Paolo Rossi e dei due inglesi, Hateley e Wilkins. Il finale di campionato è disastroso, solo un punto nelle ultime cinque partite, salta anche il posto Uefa.
Peggio di così non poteva cominciare l’era Berlusconi. Uno che non si abbatte facile. Conferma senza troppa convinzione Liedholm in panchina per la nuova stagione, rinunciando senza particolari languori a un ruolo per Gianni Rivera. Prende Giovanni Galli e Massaro dalla Fiorentina, Bonetti dalla Roma, più Galderisi e Donadoni, il gioiellino dell’Atalanta.
ancelotti galliani BERLUSCONI MILAN BERLUSCONI MILAN COPPE SILVIO BERLUSCONI, 16 ANNI, PROVINO MILAN ancelotti baresi