(Da Anteprima di Giorgio Dell’Arti)
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Giancarlo Giannini, nato a La Spezia il 1° agosto 1942 (78 anni). Attore. Doppiatore • Sei David di Donatello. Cinque Nastri d’Argento. Due candidature all’Oscar. Cinque Golden Globe. Una stella sulla Walk of Fame di Hollywood • Ha doppiato, tra gli altri, Al Pacino, Jack Nicholson, Michael Douglas, Malcom McDowell, Gérard Depardieu, Jeremy Irons, Kevin Spacey, Mel Gibson, Richard Gere, Dustin Hoffman e Harvey Keitel
• «Nella sua carriera c’è di tutto. Il cinema d’autore e quello di genere, la fama in Italia e anche all’estero, la recitazione, il doppiaggio, l’insegnamento» (La Stampa) • «Con quella bellezza sorniona, il sorriso ironico, lo sguardo azzurro a cui non sfugge nulla, è l’ambasciatore dell’uomo italiano nel mondo» (Raffaella Silipo, La Stampa, 29/6/2020)
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• Grazie al suo mestiere ha girato tutto il mondo, dall’Australia alla Russia: «Mi sono trovato in Canada a girare a 40 gradi sottozero e il giorno seguente ero nello Zimbabwe, a più 40» • «Per lei cosa significa recitare? “Continuare il gioco di quando si è bambini, ricostruire un mondo non realistico, dare spazio alla fantasia”» (Fulvia Caprara, La Stampa, 21/1/2018).
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Titoli di testa «Ieri ho letto che a Giancarlo Giannini è stata dedicata una stella sulla Hollywood Walk of Fame, la seconda volta per un attore italiano uomo, dopo Rodolfo Valentino. Nell’occasione, ho letto un’intervista a lui, su Repubblica, intelligente e spiritosa. Mi ha fatto piacere. Infatti io seguo Giancarlo Giannini. Come tutti, direte: no, di più. Perché Giannini è la sola persona di cui sappia che nacque nello stesso giorno in cui nacqui io, giorno mese e anno, intendo.
Dell’ora, nemmeno della mia, non so. Benché non mi ritenga superstizioso, e non legga mai un oroscopo, provo per lui una benevolenza augurale e per le sue riuscite una specie di soddisfazione abusiva, come un socio di minoranza. Guardo come il tempo lavora su lui, tanto meglio che su me» (Adriano Sofri, Il Foglio, 7/7/2020).
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Vita - Nato in tempo di guerra. Suo padre lavora alla Pirelli, nella divisione che si occupa di cavi sottomarini
• «A due anni, una volta viaggiavo su un camion di patate, mia madre mi teneva, e c’era uno Stukas che mitragliava la strada. Per fortuna io e mia madre ci buttammo nel fossato a lato della strada» (a Silvia Bizio, la Repubblica, 16/2/2019)
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• «Da piccolo costruivo modellini, a sei anni avevo già fatto una scuola di aeromodellismo, dovevo disegnare e costruire tutto, lì ho imparato la pazienza e il rigore che mi porto dietro da tutta la vita». Impara a lavorare il legno. Si costruisce da solo le ali, poi le attacca con della colla preparata a mano. «Passava la notte, e la mattina correvo a vedere se l’ala stava su dritta»
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• «Avevo otto anni, mio padre venne trasferito da La Spezia a Napoli e portò giù la famiglia: mia madre, mia sorella e me. Abitavamo a Pozzuoli, vicino alla casa di Sofia Loren, poi ci spostammo a Fuorigrotta. A Napoli presi il diploma di perito elettronico, finiti gli studi potevo andare in Brasile a lavorare sui primi satelliti artificiali. Avevo ottimi voti, non era come adesso, se eri bravo le aziende ti chiamavano. Ma prima dovevo fare il militare e rinviai il Brasile di un anno» (a Maria Pia Fusco, la Repubblica 22/7/2012)
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• Vista la sua passione per gli aeroplanini pensa di entrare in aviazione. «Andai a fare la visita medica, e mentre aspettavo lessi un manifesto appeso al muro con i vari articoli per l’esonero. Uno riguardava il primo nipote maschio di una nonna con figli sposati e marito morto in guerra. Rientravo nell’articolo, anche se mia nonna stava a La Spezia e non aveva bisogno di me. Vergognandomi lo dissi al medico, dopo un mese arrivò il congedo. Illimitato»
• Il suo destino è andare in Brasile a occuparsi di satelliti artificiali. Un suo amico, però, gli dà un’idea: «Perché non ti iscrivi all’Accademia d’Arte Drammatica a Roma?» • «“Mi presero. Non solo, mi diedero una borsa di studio di quarantamila lire. Mi potevo mantenere. A diciott’anni Beppe Menegatti mi fece fare Puck nel Sogno di una notte di mezza estate. A me pareva di fare una stronzata, ma la gente rideva. E mi pagavano”. C’era Volonté nel cast: “Con me si divertiva, ero sempre in movimento, dal palco alla platea, Puck è un folletto invisibile e lui mi inseguiva, “Eccolo, l’ho preso!”, e il pubblico rideva”» (Fusco)
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• Decide di tentare la strada del palcoscenico. «Mi ero dato tre anni di tempo e le cose sono successe» • Giancarlo interpreta ruoli in spettacoli importanti, come In memoria di una signora amica, di Giuseppe Patroni Griffi. Poi lavora con Franco Zeffirelli: Romeo e Giulietta e La lupa, dove recita con Anna Magnani. Lavora con dedizione, come un monaco. «La perfezione è una dannazione, ma anche un’etica» • «So di essere il rompicoglioni di me stesso»
• «Lina Wertmuller? Mi ha creato. Se non ci fosse stata lei, io non sarei qui e non avrei mai fatto quello che ho fatto nella mia carriera. È riuscita a trasformare ogni idea che aveva in un grande divertimento ed è sempre stato un piacere lavorarci insieme e confrontarsi sugli argomenti più disparati. Per me è stata tutto» (a Giuseppe Fantasia, HuffPost, 3/6/2019)
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• «Una sera, uscendo dal teatro, Lina mi fece letteralmente prelevare dal suo produttore, mi trovai sul set di un musicarello con Rita Pavone» (alla Morvillo) • «Ho lavorato molto con lei, 24 ore su 24. Allora non c’era questa fretta, questa ansia. Ero anche il produttore di alcuni dei sui film.
Pasqualino Settebellezze era un film che non voleva far nessuno, perché parla di un campo di concentramento. È una storia vera. Sono riuscito a convincere Lina a farlo e ha avuto quattro candidature all’Oscar. Ne sono molto orgoglioso. Poi Roberto Benigni fece La vita è bella...» (alla Bizio)
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• «Ho avuto fortuna, io. Anche quella di cogliere l’ultima onda della grande commedia all’italiana, di studiare da vicino i miei cinque pilastri: Gassman, Mastroianni, Tognazzi, Sordi e Manfredi. Dovessi distruggere tutto tengo l’anarchico di Film d’amore e d’anarchia. Quella storia l’avevo trovata io, ne andavo fiero, pensavo di aver raccontato non un anarchico ma un poeta.
Partendo da tre elementi: quercia, mucca, gatto. Doveva avere la stabilità di una quercia, l’occhio fesso della mucca, l’astuzia di un gatto. Ci misi l’anima e i critici lo presero come un cretino. Pensavo di smettere, sul serio»
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• «Ho imparato a dormire anche solo venti minuti per notte, perché più stai sveglio, più vivi. Quando giravo Film d’amore e d’anarchia di Lina Wertmüller, Tunin il contadino richiedeva otto ore di trucco e non mi restava tempo per il sonno. Al che, pur non essendo un figlio dei fiori, provai una tecnica yoga usata dai cammellieri del deserto: fai meditazione facendo partire il rilassamento dai piedi e, quando arrivi alle ginocchia, già cadi in un sonno profondo, ti svegli subito e sei riposatissimo» (Morvillo)
• «Spesso mi chiedono: “Come sei entrato nel personaggio?” Ma come si fa ad entrare in un personaggio? Con la porta? Non si entra nei personaggi, si raccontano come quando si legge un romanzo. Li rappresenti. Chi entra nel personaggio è lo spettatore, tu devi solo fornire la chiave. Altrimenti dovrei soffrire sul serio ogni volta che interpreto qualcuno in difficoltà. Casomai è lo spettatore che piange o ride» (D’Alessandro)
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• «Rispetto il metodo Stanislavskij, ma non certe declinazioni violente, quelle per cui ti devi immedesimare e per fare il malato terminale stai sei mesi in ospedale tra i moribondi, poi però non sai più uscire dal personaggio. Io finisco un film e già voglio farne un altro. La volta in cui mi sono divertito di più è stato in Sessomatto di Dino Risi: dieci personaggi in un solo film. Io sul set mi diverto come un bambino che si mette il vestito di Zorro ed è Zorro» (alla Morvillo)
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• «Devi innanzitutto divertirti. Per il resto, basta fingere, usare la fantasia» • «“Agli studenti del Centro Sperimentale insegno non a dire la battuta, ma insegno la gioia di vivere” E che cos’è la gioia di vivere? “Conservare il fanciullino infantile. Se no, come fai a raccontare, a giocare? Gli attori che s’immedesimano troppo cadono depressi, bevono, si drogano”».
Amore - «Che posto ha avuto l’amore nella sua vita? “Le donne mi sono sempre piaciute, da quando m’innamorai la prima volta, non ricambiato, a sette anni. Ora, porto in teatro Le Parole note, dove con un accompagnamento musicale recito poesie sulle donne dal Duecento a oggi, dal “tanto gentile tanto onesta pare” ai versi più carnali di Pablo Neruda, “corpo di donna, bianche colline, cosce bianche”. E lei con le donne è dantesco o nerudiano? “Metto insieme tutto, la donna è talmente complicata che non puoi semplificarla”» (Morvillo)
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• «Dalla prima moglie ha avuto Adriano, che ha girato con Madonna il remake di Travolti da un insolito destino, e Lorenzo, che è mancato a 19 anni, per un aneurisma. Con la seconda moglie, Eurilla del Bono, sposata nell’83, ha due figli, Emanuele e Francesco, entrambi musicisti» (ibidem).
Dolore - «Com’è stato perdere un figlio ventenne? “Terribile. L’unica cosa che ricordo era che guardavo il resto della famiglia e mi dicevo: se credi in Dio, devi aiutare loro”» (alla Morvillo).
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Religione «La fede mi è entrata dentro intorno ai 30 anni, come un mistero, un piedistallo per affrontare tutte le cose della vita. Vittorio Gassman, quand’era depresso, mi chiedeva sempre com’era entrata e non glielo sapevo spiegare. E lui: sono geloso perché hai questo piedistallo, ne vorrei uno pure io, anche piccolino» (alla Morvillo).
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Curiosità - «Un metro e 72 di altezza e taglia 52» (D’Alessandro) • È cavaliere di gran croce della repubblica • Ha doppiato il personaggio di Raul Menedez in Call of Duty: Black Ops II, un videogioco di guerra • Fu lui a scoprire Julia Roberts in America: «È andata così: lei, ancora sconosciuta, era stata chiamata per una particina in Blood Red, perché ci recitava suo fratello Eric. Nel film lei era mia figlia e io, dopo averla vista davanti alla cinepresa, ho detto ai produttori che dovevano farle un contratto perché era bravissima. Non mi hanno presso sul serio, ma un anno dopo faceva Pretty Woman»
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• Rimane ancora sveglio la notte per progettare diavolerie elettroniche, tutte brevettate. «Ho inventato di tutto... Un portachiavi che risponde ai comandi vocali, guanti per la realtà aumentata, un giubbotto interattivo finito in Toys di Barry Levinson. Robin Williams mi chiamava di continuo per sapere come farlo suonare o vibrare. Se lo voleva tenere, non gliel’ho dato» (alla Morvillo)
• «Recitare non mi costa alcuna fatica, per questo faccio un film dietro l’altro: mi chiamano e vado. Inventare congegni elettronici, invece, mi impegna di più, e forse per questo ne sono più fiero»
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• Nella sua autobiografia dedica trenta pagine alla pasta al pesto. «Io quando cucino gli spaghetti li faccio bene. Anche quello è questione di metodo. Perché se li devi far male meglio non farli»
• «Oggi si affronta tutto in modo superficiale, ma non si può pretendere che i ragazzi sappiano tutto. Anzi, forse è meglio che non sappiano nulla. Anche se è un peccato che non siano interessati al passato e restino convinti che tutto quello che serve è nei computer. Non è così, la nostra mente è molto più bella, il computer è scemo, ti informa e basta, noi sappiamo fare altro» (alla Caprara)
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• «Gli ultimi dati parlano di un cinema italiano in forte crisi, che cosa ne pensa? “Il cinema ha un ricorso storico verso il basso, probabilmente perché è un’arte che sta sparendo”» (ibidem)
• «Il mondo è cambiato, e molto. Trenta o quaranta anni fa Fellini, sul set, mi diceva: “Giancarlino, il cinema è morto”. “Come, è morto?” gli chiedevo io. E lui: “Andremo al cinema come a un museo, a malapena vedremo quel raggio di fumo che attraversa quel raggio di luce”. Aveva ragione. Il linguaggio sta cambiando. Non sappiamo cosa succederà. Siamo ai primi passi. Non so se sarà sostituito dallo schermo del telefonino, ma è certo che il grande schermo sta finendo.
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In Italia tutti stanno vendendo i cinema, e anche nel resto del mondo. Ma sono sempre curioso del futuro: io sono nato come perito elettronico industriale, quindi queste cose le studiavo a scuola: cos’è l’immagine attraverso l’etere. Il digitale ha stravolto tutto, forse è andato troppo veloce, nel bene e nel male, ma le grosse sorprese non mancheranno mai» (alla Bizio).
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• «Il più grande attore italiano, pieno di fascino e ironia» (Francesca Archibugi) • «Un superperito della tecnica recitativa» (Pierfrancesco Favino) • «Uno dei pochi attori italiani in grado di interpretare parti da buono e da cattivo a distanza ravvicinata» (Michela Tamburrino) • «Ma è troppo caro, chiede più della Kidman» (Harvey Weinstein) • «Quando mi lasciò per un’altra, non ebbe il coraggio di dirmi la verità, mi disse la solita frase “ho bisogno di una pausa di riflessione”» (Monica Guerritore) • Tra i suoi film: Rita la zanzara (Lina Wertmüller, 1966), Dramma della gelosia (tutti i particolari in cronaca) (Ettore Scola, 1970), Mimì metallurgico ferito nell’onore (Lina Wertmüller, 1972), La prima notte di quiete (Valerio Zurlini, 1972), Film d’amore e d’anarchia (Lina Wertmüller, 1973), Sessomatto (Dino Risi, 1973),
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Fatti di gente perbene (Mauro Bolognini, 1974), Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (Lina Wertmüller, 1974), Pasqualino Settebellezze (Lina Wertmüller, 1975), L’innocente (Luchino Visconti, 1976), Lili Marleen (Rainer Werner Fassbinder, 1981), Mi manda Picone (Nanni Loy, 1984), Snack Bar Budapest (Tinto Brass, 1988), New York Stories (Francis Ford Coppola, 1989), Il male oscuro (Mario Monicelli, 1990),
I divertimenti della vita privata (Cristina Comencini, 1992), Mimic (Guillermo del Toro, 1997), Hannibal (Ridley Scott, 2001), I banchieri di Dio (Giuseppe Ferrara, 2002), Il cuore altrove (Pupi Avati, 2003), Agente 007 - Casino Royale Martin Campbell, 2006), Agente 007 – Quantum of Solace (Marc Forster, 2008), Notti magiche (Paolo Virzì, 2018)
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