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“Torna il fascismo? Quando si è disperatamente alla ricerca di argomenti per delegittimare l’avversario si arriva a dire anche questo… ma è una cosa che fa ridere e fa ridere anche chi la dice perché sa che non è vero”. Così Gianfranco Fini alla presentazione del libro ‘Il terzino e il Duce’ di Alessandro Fulloni con il direttore dell’Adnkronos, Davide Desario.
“Il centrosinistra? Ci si può anche mettere tutti insieme contro le destre - continua l'ex presidente della Camera e ministro - ma poi si dura poco. Serve un progetto. Il centrosinistra non ha trovato il modo di stare in campo né l’allenatore. È un problema di contenuti”.
“Antisemitismo? Oggi c’è l’antisemitismo. Ha una matrice nazi fascista? In minima parte. È alimentato da Santa Romana Chiesa? No. È alimentato da chi, anche in buona fede, ritiene che Israele sia la causa non solo di quello che sta accadendo a Gaza ma anche dell’impossibilità di tradurre in fatti la soluzione dei ‘due popoli, due stati’”, continua. Ma i massacri, sottolinea Fini, “sono sempre conseguenza delle guerre, una guerra che per Israele è integralmente di difesa”.
"La reazione degli italiani alle leggi razziali? C’è stata una reazione? La domanda forse è questa. Non si aveva la più pallida idea di cosa significasse realmente. Non c’era la libertà di stampa”, continua l'ex An.
il terzino e il duce cover
'IL TERZINO E IL DUCE', ALESSANDRO FULLONI RACCONTA LA VITA DI ERALDO MONZEGLIO
"Lasciai Brescia per Milano nel 1936 e nel 1941 passai alla Juve. Poi la guerra spazzò via anche il calcio. Sfollato ad Alba con i bianconeri, venni arrestato dai fascisti e condannato a morte perché accusato di fornire armi ai partigiani... Le settimane passavano nell'attesa di una fucilazione annunciata alla quale riuscii a scampare per miracolo".
Sono parole di Giuseppe Peruchetti, portiere, salvato quando tutto sembrava pronto per l'esecuzione da un altro calciatore, Eraldo Monzeglio, terzino, a lungo schierato con il Fascismo e uomo di fiducia del Duce. E' lui il protagonista del libro di Alessandro Fulloni 'Il terzino e il duce' (Solferino), in cui il giornalista del Corriere della Sera ricostruisce la vita di un uomo capace di "una incredibile sgroppata sull'out", da Benito Mussolini a Ferruccio Parri. Una specie di terzino fluidificante, si direbbe oggi: "un po' in difesa con il Duce, un po' in attacco con la Resistenza".
pozzo monzeglio meazza ferrari
L'intreccio fra calcio e storia è il filo conduttore della biografia di un protagonista dimenticato, che Fulloni scrive utilizzando i ferri del mestiere del cronista: documenti, tanti, scovati negli archivi e messi pazientemente uno accanto all'altro, e testimonianze raccolte per costruire un'inchiesta accurata e appassionata.
Dal campo, con le vittorie ai mondiali del '34 e del '38, ai passaggi più controversi dell'ascesa e del declino del regime, con le leggi razziali a fare da sfondo. A Monzeglio, ricostruisce Fulloni, la persecuzione degli Ebrei parve gettare un'ombra cupa sui trionfi della Nazionale. Anche perché, secondo Eraldo, "proprio quelle due vittorie mondiali, soprattutto quella del 1938, avevano fortificato in Mussolini la convinzione che dovesse accelerare con quelle leggi criminali".
eraldo monzeglio
Sempre al centro della storia, prima da una parte e poi dall'altra. "Fu Eraldo Monzeglio ad accompagnare Edda Ciano al carcere veronese degli Scalzi nella notte in cui lei consegnò a Galeazzo Ciano, suo marito, il cianuro che lui aveva chiesto per uccidersi...". Il ricordo del novantasettenne Claudio Cimnaghi, emerso dalle lunghe ore di colloquio nella sua casa non lontana dal Lago di Como, tra la cattedrale di Santa Maria Assunta e la strada belvedere che si snoda verso Bellagio, è nitido e categorico, scrive Fulloni.
Un rapporto riservato del controspionaggio del Corpo volontari della libertà (il coordinamento militare dei partigiani), datato primo novembre 1944, elenca il cognome del calciatore in una lista, estesa in tutto il Nord Italia, di una sessantina di 'agenti del nemico'.
eraldo monzeglio con la maglia del bologna regge il pallone
Monzeglio, ricostruisce Fulloni, era segnalato a Como e le sue generalità erano le uniche, tra quei repubbichini, evidenziate con un lapis rosso. Un 'fascista most wanted', insomma. Ma poi qualcosa evidentemente cambiò, grazie al calcio. Secondo Antonio Ghirelli, ex partigiano assai informato, "in quei giorni dell'insurrezione Eraldo scampò a morte certa grazie al grande prestigio sportivo di cui godeva presso i partigiani del comasco".
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Calcio e ferite della storia che continuano a intrecciarsi fino alla fine della biografia. Quando Monzeglio è diventato allenatore e un suo giocatore, Bacchetti gli chiede: "Mister, a Brescia raccontavano che lei fosse stato fino all'ultimo a Salò con Mussolini. Ma il Peruchetti, partigiano come me, mi ha detto che lei è un uomo perbene e che, anzi, lui le deve la vita perché lei l'ha salvato dalla condanna a morte dei fascisti. E' vero?".
E' un cerchio che si chiude. In un racconto che scrive il romanzo di una vita. Dai Mondiali del 1934 ai misteri di Salò, come recita il sottotitolo del libro di Alessandro Fulloni.
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