Niccolò Carratelli per “la Stampa”
MATTEO RENZI GIOVANNI TOTI
a aspirante presidente della Repubblica a possibile federatore dei centristi italiani. Pieferdinando Casini si muove, come d'abitudine, sottotraccia. Ieri è stato a pranzo ad Arcore da Silvio Berlusconi: «Un incontro affettuoso e di connotazione umana, più che politica - assicura l'ex presidente della Camera - non abbiamo parlato dell'attualità politica, solo degli scenari internazionali». Sarà, ma tra gli ex democristiani in Parlamento c'è chi racconta che l'ex leader Udc stia seguendo con interesse i "lavori in corso" al centro: «Lui pensa di mandare avanti gli altri, come Renzi e Toti, vedere come si sviluppa il progetto e poi entrare al momento giusto», spiega un deputato amico.
gianfranco rotondi
Ovviamente, molto dipenderà da quanto si rivelerà larga e attrattiva questa federazione centrista. E se Forza Italia sarà o meno della partita. In quest' ottica va visto il pranzo di Arcore tra Berlusconi e Casini, a quanto pare caldeggiato dal solito Gianni Letta. Perché è la dimostrazione di come l'ex premier faccia sul serio quando dice di voler rilanciare l'area popolare e moderata del centrodestra e abbia intenzione di farsi interprete della "voglia di centro", uscita rafforzata dalla settimana del Quirinale.
«Il centro siamo noi», è una delle frasi ricorrenti del leader di Forza Italia. Da leggere come un messaggio a Matteo Salvini e Giorgia Meloni, con l'obiettivo di riequilibrare i rapporti interni alla coalizione di centrodestra. Entrambi sensibili sul tema. «Il centrodestra non è una caserma, se uno preferisce andare a sinistra o con Renzi, o ricostruire una vecchia Dc, è liberissimo di farlo», dice Salvini.
BERLUSCONI CASINI
A sua volta provocato da Meloni: «Deve chiarire se preferisce stare nel campo del centrodestra, costi quel che costi, o allearsi con il centrosinistra, se conviene», attacca la leader di Fratelli d'Italia. Sulle possibilità di successo della coppia Renzi-Toti, un democristiano doc come Gianfranco Rotondi, è piuttosto netto: «Il centro dei sette nani non esiste - sentenzia - Ne abbiamo fatte dieci negli anni di federazioni e la cifra elettorale è sempre stata preceduta da uno zero e da una virgola».
La replica arriva dal deputato di Coraggio Italia, Osvaldo Napoli, convinto che «questa è proprio l'occasione di non essere lo 0, 1, perché c'è una forte richiesta da parte dell'opinione pubblica di una rappresentanza al centro - spiega - possiamo puntare al 7-10%». Del resto, il percorso è tracciato e la nuova creatura ha già un nome: "Italia al centro". Al Senato nascerà una federazione tra il gruppo parlamentare di Italia Viva-Psi e la componente del Misto di cui fanno parte i "totiani".
giovanni toti matteo renzi
Alla Camera i gruppi di Italia Viva e Coraggio Italia sigleranno un "patto di consultazione", per muoversi uniti, come sperimentato nelle trattative sul presidente della Repubblica. I passaggi politici sono cerchiati sul calendario: «Ne discuteremo alla nostra assemblea nazionale del 26 febbraio - dice il presidente di Italia Viva Ettore Rosato - ma sono in tanti a cercarci, abbiamo recuperato centralità». Entro fine mese anche le componenti di Coraggio Italia si riuniranno per dare il via libera all'operazione. Propedeutica alla possibile nascita di un partito, «ma solo dopo l'estate - ragiona un dirigente - certo non presenteremo un simbolo alle prossime amministrative, dove ci saranno liste civiche di centro. L'appuntamento è per le politiche del 2023».
osvaldo napoli
Puntando, nel frattempo, «ad aumentare i petali della Margherita», volendo usare la rischiosa metafora di un altro centrista. Si chiama già fuori, almeno a parole, Carlo Calenda: «Azione non parteciperà ad alcun progetto centrista frutto della somma di piccole forze parlamentari - avverte -. Noi lavoriamo a una proposta riformista e liberaldemocratica, centrismo e moderatismo non sono valori in cui ci riconosciamo».
Ma il punto è, soprattutto, se ci si possono riconoscere gli elettori. Secondo il sondaggista Renato Mannheimer, «quando i partiti si mettono insieme, di solito la somma non è mai pari a quanto valevano prima da soli». Ma un conto sono le percentuali e un altro il peso politico, «nel caso si votasse con un sistema proporzionale potrebbero essere determinanti in un governo».