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    "APRIVO I CONCERTI DI GUCCINI E LA GENTE MI URLAVA: 'SCEMA!' E MI TIRAVA I POMODORI" – GIANNA 'NONNINI' RACCONTA IL DISCO NATO “PER COLPA” DELLA FIGLIA PENOLOPE E RICORDA: "SONO STATA LA PRIMA A FARE IL ROCK IN ITALIA. MA HO AVUTO SUCCESSO PRIMA IN GERMANIA, DOVE ERANO PIÙ PRONTI. IO HO IMPARATO A CANTARE COSÌ PERCHÉ NON AVEVO GLI AURICOLARI SUL PALCO. SFORZAVO LA VOCE PER FARMI SENTIRE. E HO CREATO UNO STILE"  – "IN NEPAL MI SONO MESSA A CANTARE JANIS JOPLIN E…" - VIDEO


     
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    Massimo Cotto per “il Messaggero”

     

    gianna nannini gianna nannini

    «Bel disco, io lo comprerei».

    Ride, Gianna Nannini, prima di parlare del nuovo disco (La differenza, venerdì nei negozi) e del prossimo tour europeo (si parte a maggio 2020, il 30 si plana all'Artemio Franchi di Firenze). Il disco è un concentrato di blues, folk e rock alla vecchia maniera, a cui hanno collaborato Dave Stewart, Mauro Paoluzzi, Davide Tagliapietra, Fabio Pianigiani e il collaudatissimo Pacifico: «Io e lui siamo come basso e batteria.

     

    Stavolta, però, abbiamo cambiato metodo. Negli altri dischi scriveva i testi e li mandava per mail, stavolta mi raggiungeva per fare in modo che le parole si adattassero e fondessero subito con il suono della mia voce».

     

    gianna nannini gianna nannini

    Sono passati due anni da Amore gigante.

    «Il disco è nato per colpa di Penelope. Dico proprio colpa, perché è difficile vivere con una figlia che ti interrompe in continuazione e chiede: Mamma, quando smetti di cantare?. Così mi sono detta che avevo bisogno di un posto dove stare da sola, lontano da tutti. Ho trovato un piccolo appartamento a Londra, a Gloucester Road, una stanza tutta per me, come diceva Virginia Wolf. Lì sono nate le canzoni».

     

    Poi va a registrarlo a Nashville.

    «C'è un mondo nuovo, laggiù. Mica solo country, come in passato. Molti si trasferiscono da Los Angeles, perché c'è più umanità e apertura mentale. Sono partita al buio. Avevo solo il numero di telefono e l'indirizzo di Tom Bukovac, il produttore che mi aveva consigliato Dave Stewart. L'ho raggiunto, mi sono presentata. Non mi conosceva. Però, poi mi ha ascoltata cantare».

     

    E quando canta la Nannini

    gianna nannini gianna nannini

    «Modestamente, credo di saperlo fare. Persino in Nepal, mentre facevo trekking, a un certo punto mi sono messa a cantare Janis Joplin e la gente si è fermata, rapita».

     

    Così è entrata in studio.

    «Abbiamo registrato in presa diretta, come si faceva una volta. Una o due take, al massimo. Nemmeno i Foo Fighters, oggi, fanno dischi così».

    Il disco è blues nell'attitudine, più che nel suono.

    «Ognuno ha il suo blues. Io ho il mio, che nasce dalla cultura popolare. Per me blues è tirare fuori l'anima, attraversare le emozioni. Devo anche ringraziare l'incidente al ginocchio, che mi ha costretta a stare seduta a lungo. Non potevo muovermi, cantavo da ferma e spingevo con l'utero. E ho capito che questo è blues».

     

    Perché ha intitolato il disco La differenza?

    GIANNA NANNINI DA GIOVANE GIANNA NANNINI DA GIOVANE

    «Perché i miei dischi fanno la differenza. A parte gli scherzi, le differenze sono il bene e il male di questa società. Nel bene, perché ognuno di noi, con la propria unicità e bellezza, può fare la differenza; nel male, perché non accettiamo la diversità. Il diverso ci fa paura. È caduto il Muro di Berlino, ma sono stati eretti altri muri, che separano gli esseri umani. Il razzismo nasce in famiglia e nelle istituzioni. Va estirpato sul nascere».

     

    A proposito di famiglia, Penelope ha ormai nove anni. Che mamma è?

    «Difficile fare il genitore. Cerco di insegnarle poco. Le lascio vivere la sua libertà. Per diventare grandi non hai bisogno di qualcuno vicino che ti spieghi tutto».

    Canterà per la prima volta allo stadio di Firenze. Come la vive, lei che è senese?

    «Da ghibellina. A Firenze mi sento a casa. È una città che mi ha dato molto. Non vedo l'ora di salire sul palco e parlare toscano».

    gianna nannini gianna nannini

    Nel disco c'è un duetto con Coez.

    «Mi piace tantissimo. Come mi piacciono Salmo e Massimo Pericolo. Anche Achille Lauro. C'è buona roba, tra i rapper, anche se a volte dimenticano la melodia. Il problema è che in Italia mancano produttori e ingegneri del suono bravi».

     

    Con questo disco si torna in qualche modo ad America, un disco diretto, forte e chiaro.

    gianna nannini gianna nannini

    «Sono stata la prima a fare il rock in Italia, vorrei che questo fosse chiaro. Sono arrivata così in anticipo sui tempi che ho avuto successo prima in Germania, dove erano più pronti, e poi in Italia. Aprivo i concerti di Guccini e la gente mi urlava: Scema! Scema!. E mi tirava i pomodori. E dire che Guccini è il più rock dei nostri cantautori. Dio è morto è rock a bestia. Nel secondo disco tributo a Francesco ci sarò anch'io, con Quelli che non».

     

    Cos'è il rock, oggi?

    «Spaccare. Io ho imparato a cantare così perché non avevo gli auricolari sul palco. Sforzavo la voce per farmi sentire. E ho creato uno stile. Che, dai, diciamolo, fa ancora la differenza».

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