Adriana Marmiroli per "la Stampa"
LINA WERTMULLER GIANCARLO GIANNINI
«Se non ci fosse stata lei non sarei qui. La sua morte è per me un grande dolore». Giancarlo Giannini ha parole appassionate, per non dire devote, per l'amica Lina Wertmüller . «È lei che mi ha costruito. Sono stati i suoi primi piani, in cui era maestra assoluta, ad avermi reso quello che sono.A lei devo un Oscar, una Palma d'Oro, e pure la stella sulla Walk of Fame».
Pochi sodalizi nel cinema sono stati così duraturi. Eravate giovanissimi quando vi incontraste I basilischi. Che ricorda di quel periodo?
«Avevo poco più di vent' anni, avevo fatto l'Accademia d'Arte Drammatica Silvio D'Amico e qualche spettacolo teatrale. Lei mi vide a un saggio e mi cercò per Gian Burrasca. Poi vennero i film, i musicarelli, come Rita la zanzara. Mi ha insegnato tutto del cinema: a stare davanti a una macchina da presa. Li girammo in una ventina di giorni, durante l'estate, mentre io recitavo a teatro. Ci lavoravano attori straordinari: Giulietta Masina, Romolo Valli, Peppino De Filippo, Rita Pavone...».
Ma è soprattutto la stagione a metà Anni 70, che tutti ricordano. Cosa ricorda di Mimì, il capostipite?
GIANNINI WERTMULLER 1
«Avevo fatto "Dramma della gelosia" con Scola. Mi chiamò dicendomi: "Nessuno lo vuol fare". Le dissi che io lo volevo fare assolutamente. Coinvolsi Mariangela Melato, anche lei attrice teatrale, che non aveva mai fatto nulla di simile. È lì che nacque il trio Wertmüller/Melato/Giannini.
Per Pasqualino invece accadde il contrario: fui io a convincerla a raccontare quella storia, la storia vera di un signore di Cinecittà. Lo vedevo come una specie di Pulcinella tragico».
In tutto avete fatto 9 film. L'ultimo Francesca e Nunziata, nel 2001. Mai pensato di fare ancora qualcosa insieme?
«Continuava a fare progetti. L'ultima volta che l'ho sentita, qualche mese fa, mi disse con la sua vocina: "Giancarlino, sto scrivendo una sceneggiatura, la fai con me?" Le risposi subito di sì».
GIANNINI WERTMULLER DI CAPRIO
In Italia è stata una regista di successo, commerciale, e quindi sottovalutata. Per gli americani era invece un genio. Come mai?
«Gli americani l'hanno capita: è stata la prima donna a ricevere una nomination agli Oscar. E nel 2020 le hanno dato un meritatissimo l'Oscar alla carriera. Quando siamo stati a Cannes nel 2019, Di Caprio ha fatto carte false per sedersi con lei e conoscerla: da non crederci. Allen, Coppola, la adoravano. È grazie a lei se ho conosciuto Warhol. In Italia invece non è stata così apprezzata: premiavano sempre me e lei veniva messa da parte. È vero, da noi non l'hanno capita, l'hanno snobbata».
Che persona (e che regista) era?
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«Viveva in simbiosi con la macchina da scrivere: sceneggiature per il cinema, per il teatro alcune commedie musicali, scrisse persino delle canzoni. Come regista era decisa, brava con gli attori e ancora di più con i non-attori. Io facevo tutto quello che mi diceva. Aveva un'inventiva straordinaria, una fantasia pazzesca e coraggiosa, le sue storie erano bellissime: fece grandi commedie all'italiana, ma intinte nel grottesco e molto politiche. Era dotata di un grandissimo senso dell'umorismo.
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Se lavorare con lei era un piacere e ci si divertiva sempre, non era però un gioco, era anzi molto faticoso: come tutti i grandi aveva una cura maniacale per ogni cosa. Era capace di tenerti sul set fino a notte fonda per ottenere quello che voleva. Abbiamo viaggiato insieme in un momento bellissimo per il nostro cinema. Che purtroppo non c'è più. Come lei. Ma sono stato fortunato a conoscerla».
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