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    LETTA SUL QUIRINALE RISCHIA DI RIMANERE CON IL CERINO IN MANO - ENRICHETTO AD ATREJU TENDE LA MANO A GIORGIA MELONI: “BISOGNA COINVOLGERE L’OPPOSIZIONE NELL’ELEZIONE DEL PRESIDENTE”. IL SEGRETARIO DEL PD PRENDE TEMPO E SPERA NEL MATTARELLA BIS. IL RISCHIO È CHE CON IL SUO ATTENDISMO I DEM RESTINO IRRILEVANTI, E ALLA FINE SI FACCIANO IMPORRE IL NOME DI DRAGHI DAL CENTRODESTRA...


     
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    Laura Cesaretti per "il Giornale"

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    Il voto anticipato? «Non possiamo permettercelo: significherebbe sei mesi di blocco», e proprio nei mesi in cui il Pnrr va «messo a terra». Enrico Letta prova a togliere dal tavolo la variabile che terrorizza i parlamentari, e rischia di condizionare la partita per il Quirinale.

     

    Partita nella quale il leader Pd vuol coinvolgere anche «l'opposizione», ossia Giorgia Meloni: «In una situazione emergenziale come la nostra sarebbe bene che il nuovo presidente venisse eletto con un largo consenso. Se ci fosse anche l'opposizione sarebbe una cosa molto positiva».

     

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    Coinvolgerla su cosa, però, non è ancora chiaro. E non lo sarà ancora per diverse settimane: durante la pausa natalizia di fine anno la politica farà solo melina. Solo dopo l'Epifania, che tutte le feste si porta via, si inizierà a capire qualcosa. Per ora, non è neppure chiara la data in cui inizieranno le fatidiche votazioni per il successore di Sergio Mattarella, il cui mandato scadrà il 3 febbraio.

     

    Fino a qualche giorno fa, sembrava certo che la seduta del Parlamento a Camere riunite in seggio elettorale sarebbe iniziata il 18 gennaio. Tocca al presidente della Camera Roberto Fico (chi l'avrebbe mai detto) decidere la fatidica data, che sarà ufficialmente resa nota il 3 gennaio. Ma ieri ha iniziato a circolare l'ipotesi, suffragata da fonti autorevoli, che la convocazione potrebbe slittare di una settimana, al 24 gennaio.

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    E che ci sarà una sola «chiama» al giorno, per evitare sovraffollamenti prolungati causa Covid. Un calendario che avrebbe ripercussioni politiche notevoli, se venisse confermato: per trovare in tempo il sostituto di Mattarella rimarrebbe un fazzoletto risicato di giorni, aumentando la pressione sui grandi elettori, anche perché i primi tre giorni sarebbero caratterizzati dal quorum necessario dei due terzi del Parlamento.

     

    Nel Palazzo si raccolgono interpretazioni maligne sul possibile slittamento: secondo diverse fonti, a premere su Roberto Fico per il cambio di calendario sarebbe il potente segretario generale del Quirinale, Ugo Zampetti (che fino al 2015 è stato segretario generale della Camera, e conosce a menadito gli anfratti dei regolamenti parlamentari).

     

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    «Attraverso il calendario - dice una fonte Pd - Zampetti lavora per la rielezione di Mattarella, perché più ci si avvicina alla sua scadenza senza una soluzione "ampia", più si impone come dato di fatto la necessità di un bis». Un lavorio che andrebbe incontro agli auspici di molti dem, perché sarebbe l'unica chance per avere un capo dello Stato espressione della propria area, ma contro la volontà chiaramente espressa da Mattarella.

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    Che, è l'interpretazione di molti, con il suo secco diniego starebbe agevolando una successione di altissimo profilo: quella di Mario Draghi. Letta che tende la mano alla Meloni è anche un segnale del tentativo di incrinare la compattezza del centrodestra sulla possibile candidatura di Silvio Berlusconi, spauracchio assai concreto per la sinistra che Letta cerca di allontanare: «è un'ipotesi contraddittoria con la necessità di costruire una larga maggioranza per il Colle. Ma se ne parla a gennaio». «Vedrete che saremo gli unici ad essere compatti, anzi granitici», assicura Matteo Salvini ai suoi deputati, riuniti ieri sera. Ma su quale nome non lo dice.

     

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    Sa, come lo sa Letta, che a una candidatura Draghi sarebbe difficile dire no. E però, dice un dem molto «draghiano», «tutti i leader di partito vorrebbero, sotto sotto, evitare che Draghi vada al Quirinale: sarebbe un presidente troppo forte e troppo "politico" rispetto ad una classe politica debole e mediocre». Ma Letta, prosegue, «corre un rischio ulteriore: che se non si muove prima lui, a proporre Draghi sia proprio il centrodestra con il "centro" renziano, e a lui non resti che farselo imporre».

     

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