1. LA PREMIER NEGLI STATI UNITI PRONTA A LASCIARE LA VIA DELLA SETA
Estratto dell’articolo di Alberto Simoni per “La Stampa”
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«Tony, devi coinvolgere di più l'Italia». È un diplomatico Usa di lungo corso, assai vicino al segretario di Stato americano Antony Blinken a confidare a La Stampa di come negli ultimi mesi si siano intensificate le pressioni affinché nelle relazioni fra Washington e gli europei Roma giocasse un ruolo maggiore.
La convinzione […] è che «non possiamo legarci a francesi e tedeschi come unici partner europei». Con l'uscita di Londra, Roma deve acquisire più spazi anche nelle «dinamiche intra-europee», è l'aspettativa che arriva dai diplomatici Usa.
Giovedì la premier Giorgia Meloni vedrà Biden nello Studio Ovale. La premier è riuscita a scavarsi un ruolo di «alleata preziosa e solida» su tutti i dossier più importanti, dall'Ucraina alla Cina sino al Mediterraneo dove Washington non intende giocare più un ruolo di prim'attore […] ma ascolterà con attenzione quello che Meloni riferirà su due temi: la Tunisia e la Libia. Difficile […] che gli Usa cambino approccio sulla Tunisia, gli aiuti del Fondo monetario a Saied sono legati a un pacchetto di riforme e il Dipartimento di Stato ha ribadito che la palla è in mano ai tunisini.
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Washington attende invece un passo del governo sull'uscita del memorandum sulla Via della Seta, i tempi sono maturi, ma dal consiglio per la Sicurezza nazionale si osserva da tempo «che non ci saranno pressioni, che il timing lo deciderà l'Italia». Quel che fonti confermano a La Stampa è che gli Usa sono consapevoli che «un'uscita brusca metterebbe a repentaglio gli interessi economici italiani». Ed è uno scenario che nessun vuole immaginare.
L'agenda di Meloni è quasi definita. Attorno al bilaterale con Biden […] ci sono anche incontri al Congresso. […] Ci sarà un meeting con Kevin McCarthy, Speaker repubblicano della Camera, un saluto ai leader del Senato e un incontro con gli esponenti italo-americani […]. Possibile che Meloni si informi sulla ratifica della nomina ad ambasciatore in Italia di Jack Markell […]. […]possibile un intervento all'Atlantic Council venerdì mattina.
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2. CINA, L’ITALIA CAMBIA ROTTA: ABBANDONA LA VIA DELLA SETA E CHIEDE AIUTO AGLI USA
Estratto dell’articolo di Paolo Mastrolilli per www.repubblica.it
La decisione è presa, nella sostanza. L’Italia non rinnoverà il Memorandum of understanding (MOU) che la lega alla nuova Via della Seta cinese, quando scadrà alla fine dell’anno. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ne discuterà con il presidente John Biden durante la visita di giovedì alla Casa Bianca, e gli addetti ai lavori avvertono che «nulla è deciso fino a quando non è deciso».
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Così però non fanno altro che confermare come l’uscita sia ormai una strada segnata. La premier sta già ricevendo importanti garanzie da parte dell’Unione Europea, per completare questo percorso senza troppi danni per il nostro paese, e dal leader americano cercherà soprattutto di capire quali sono i margini per lavorare alle alternative, oltre naturalmente alla speranza di ricevere qualche forma di supporto.
La riflessione era in corso da tempo, e già durante l’ultimo vertice del Fondo monetario internazionale, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti aveva chiarito di non aver condiviso il passo dell’allora premier Giuseppe Conte, adoperandosi per svuotarlo di qualsiasi contenuto, anche durante il governo Draghi.
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La pratica però ha subito un’accelerazione al vertice Nato di Vilnius, quando Meloni ha confermato a Biden la sua determinata scelta atlantista, dall’Ucraina alla Cina. Il presidente allora ha confermato l’invito alla Casa Bianca, che era noto da giorni ai collaboratori più stretti, con l’intesa che la premier lo avrebbe annunciato durante la sua conferenza stampa.
Nel frattempo a Bruxelles erano avvenuti sviluppi che hanno aiutato la scelta di Roma, offrendo un’importante copertura. All’inizio di giugno le autorità dell’Unione Europea hanno raggiunto l’accordo politico sull’Anti-Coercion Instrument (ACI), che secondo il vice presidente esecutivo Dombrovskis «lancia un chiaro segnale […] che rigettiamo ogni forma di coercizione economica da parte di paesi terzi». I diplomatici lo vedono quasi come l’equivalente economico dell’Articolo V della Nato, che obbliga i paesi a difendere un altro membro aggredito militarmente.
XI JINPING E JOE BIDEN GIOCANO A SCACCHI - IMMAGINE CREATA CON MIDJOURNEY
Basta sostituire la parola paese aggredito con Italia, e paese aggressore con Cina, per capire cosa significhi. […] Dunque se la Cina decidesse di punire l’Italia per l’uscita dalla Via della Seta, l’intera Unione dovrebbe difenderla con ritorsioni potenzialmente molto pesanti. In più Roma avrebbe ottenuto la garanzia che se Pechino cacciasse le nostre imprese, gli alleati europei non cercherebbero di rimpiazzarle, e quindi non ci sarebbero concorrenti tedeschi, francesi o spagnoli pronti ad approfittare delle nostre disgrazie.
Forte di questi impegni che dovrebbero essere ratificati in autunno, […] Meloni andrà giovedì alla Casa Bianca più forte e protetta. Dagli Usa si attende garanzie simili, e magari qualche supporto economico, ma vuole soprattutto capire alla fonte quali sono i margini per tenere aperte le relazioni commerciali con la Repubblica popolare, pur non rinnovando la Via della Seta.
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Nei giorni scorsi l’ambasciatore all’Osce Mike Carpenter, da anni molto vicino a Biden, ha detto a Repubblica che «la posizione del mio governo non è “decoupling”, ma guardare in modo strategico a come de-risk le relazioni economiche con Pechino, in particolare la catena di approvvigionamento». […]
[…] Roma, come Washington, può continuare i commerci con Pechino, a patto di sceglierli in maniera più strategica. I diplomatici cinesi in Italia già si lamentano e reagiranno senza dubbio in maniera negativa, ma gli esperti del settore notano che in realtà anche sul piano puramente economico, gli scambi con gli Usa valgono per il nostro paese più di quelli con la Repubblica popolare. Quindi non avremmo neanche una convenienza pratica, a rifiutarci di appoggiare il nostro alleato storico nella risposta alla sfida epocale lanciata dalle autocrazie contro le democrazie.