Sebastiano Messina per “la Repubblica”
walter verini
Viene confermata l’abolizione del carcere. Scompare la possibilità di chiedere la cancellazione da Internet degli articoli ritenuti diffamatori. Vengono inasprite le sanzioni per le querele e le azioni civili “temerarie”. E viene finalmente prevista una norma per i giornalisti che devono affrontare processi civili e penali dopo il fallimento dell’editore. Sono queste le novità principali della riforma della diffamazione a mezzo stampa, che torna oggi a Montecitorio.
«Abbiamo fatto un lavoro serio – dice Walter Verini, Pd, relatore del provvedimento – confermando la cancellazione del carcere per il reato di diffamazione. E la clausola di non punibilità, se il giornale pubblica la rettifica richiesta, tutela il diritto dei cittadini a non essere diffamati e la libertà dei giornali».
enzo IACOPINO
Ma proprio sulle multe e sulla rettifica obbligatoria si concentrano le critiche: le sanzioni penali potranno arrivare fino a 50 mila euro, mentre le rettifiche potranno essere chieste al giornale da chiunque ritenga leso «il proprio onore o la propria reputazione » da un articolo, e dovranno essere pubblicate «gratuitamente, senza commento, senza risposta e senza titolo».
Secondo Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine dei giornalisti «queste multe non tengono conto della potenzialità economica del condannato, e le rettifiche senza limiti rischiano di trasformare i giornali in buche delle lettere». Sulla stessa linea il segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, che contesta l’assegnazione dei processi per diffamazione contro i siti internet al giudice della città del querelante («Costringere una piccola testata a difendersi in cento tribunali diversi diventa una forma indiretta di intimidazione») e avverte: «L’abolizione del carcere non può diventare un paravento per una resa dei conti contro i giornalisti ».
RAFFAELE LORUSSO
La commissione Giustizia ha introdotto una novità importante: «Si è pensato – dice Verini - ai casi di fallimento delle proprietà dei giornali, nei quali direttori e giornalisti vengono lasciati soli a risarcire il danneggiato per diffamazione». E’ quel che è successo a molti giornalisti e cominciare dagli ex direttori dell’Unità (De Gregorio, Sardo e Landò) chiamati ad affrontare oltre 50 processi, pagando di tasca loro anche centinaia di migliaia di euro, e dagli ex direttori di E-Polis, Enzo Cirillo e i fratelli Antonio e Gianni Cipriani, coinvolti in 92 processi penali e in 44 cause civili.
CONCHITA DE GREGORIO
La nuova norma – che non riguarderà i processi già arrivati a sentenza – consentirà ai giornalisti che pagheranno i risarcimenti di essere inseriti tra i creditori privilegiati dell’editore fallito (o della società in liquidazione). In pratica, dovranno continuare a pagare di tasca loro, ma poi potranno chiedere all’editore “sparito” di versare la sua parte. Per la prima volta, passa un principio: l’editore non può abbandonare i giornalisti al loro destino giudiziario.