DAGOREPORT
VIRGINIA RAGGI GIOVANNI MALAGO
Nello sport, si sa, l'importante non è vincere ma partecipare.
E in questo momento, sulla legge delega che dovrebbe dare attuazione alla riforma dello Sport nel nostro Paese, vogliono partecipare, dicendo la loro, un po' tutti.
Controversia innescata dopo l'invio alle forze politiche della bozza di Testo Unico, che - 11 mesi dopo - dà attuazione alla legge n.86 dell'agosto 2019, anche se l'iter per l'approvazione definitiva potrebbe concludersi addirittura a novembre (invio con modalità da spy story: bozza recapitata in copia non editabile e con il nome del partito destinatario in filigrana su ogni pagina, manco quelle 124 pagine custodissero il quarto segreto di Fatima).
spadafora malagò
Lasciamo stare la minaccia di dimissioni del ministro Vincenzo Spadafora, "congelate" (ma che vuol dire?) dal presidente del Consiglio Giuseppi Conte. Il punto è che il testo per come è stato redatto e presentato ha fatto infuriare più di uno nel variegato mondo pentastellato, a cominciare dai duri e puri che, in sintonia con Alessandro Di Battista, che vedono il presidente del Coni Giovanni Malagò come la reincarnazione del Maligno, amico e sodale di Gianni Letta (grazie al quale acchiappò la prima presidenza del Coni nel 2013) e di Luca Lotti, il gran visir renziano, ministro dello sport nel governo di Paolo Gentiloni.
malagò gianni letta
Perchè, gira che ti rigira, i mal di pancia grillini sono concentrati tutti lì: sulla riconferma di Malagò alla presidenza del Coni, con un terzo mandato che porterebbe a 12 gli anni in quel ruolo (senza contare i due mandati come membro della giunta nazionale del Coni: nel biennio 2001-2003, quindi dal 2009 al 2013, un cumulo che peraltro secondo alcuni cozzerebbe con la giurisprudenza della Cassazione, dando vita al "ventennio malagoliano"), con la possibilità di gestire non solo le prossime Olimpiadi di Tokyo ma anche e soprattutto le Olimpiadi invernali in programma tra Milano e Cortina nel 2026, con le ovvie ricadute in termini di contratti, sponsorizzazioni e appalti.
Lotti Malago
In molti nel Movimento si chiedono: "Ma proprio noi dovremmo essere i portatori d'acqua di Malagò, quando a Roma abbiamo stoppato il suo disegno di portare le Olimpiadi nella Capitale? Lui, l'emblema di quella palude dove nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto è trasformismo nel segno della continuità e del giannilettismo, la filosofia per cui si è tutti amici, e non ci sono né destra né sinistra ma solo il centro tavola, per dirla con Dagospia?".
E allora cerchiamo di fare un po' di chiarezza, facendo anche nomi e cognomi, anzi: CONIomi, della lobby che si è mossa per far avere un nuovo mandato a Malagò. Partendo dall'inizio.
renzi malago
Con il governo gialloverde M5S-Lega, fu avviata una rivoluzione grazie al sottosegretario leghista a palazzo Chigi, Giancarlo Giorgetti. Che aveva ideato un'architettura del sistema di governance dello sport con al centro un nuovo soggetto, la società Sport e Salute, e il ridimensionamento del Coni al suo perimetro naturale: "governare l'attività olimpica", valorizzare ai più alti livelli la preparazione e la partecipazione italiana ai Giochi a cinque cerchi.
Lotti Malago
Giorgetti non si sognava minimamente di intervenire sull'autonomia dello sport per decidere, a mo' di esempio, sul numero delle squadre che devono giocare in serie A, o per scegliere quale disciplina privilegiare tra il nuoto sincronizzato e il tiro al piattello.
L'obiettivo era la gestione e l'allocazione delle risorse.
Con la nascita di Sport e Salute (dove come presidente e amministratore delegato viene nominato un manager indipendente, Rocco Sabelli) e la scomparsa di Coni Servizi, niente più soldi da amministrare per sport di base o progetti e progettini con cui ingraziarsi le diverse federazioni, azzerando il possibile conflitto d'interessi per cui a finanziarle non sarebbe più stato chi in cambio poteva chiedere appoggi per altre finalità (leggi: la propria rielezione).
Giovanni Malagò e Gabriele Gravina Foto Mezzelani GMT43
Quindi: trasparenza nell'uso del denaro pubblico, eliminazione delle possibili zone di opacità dove tutto si confonde, avvicinando la "cassa" agli sportivi tutti, e al territorio. I fondi vengono suddivisi con un minimo garantito di 288 milioni agli organismi sportivi e alle federazioni, 88 a Sport e Salute, 40 al Coni, togliendo a quest'ultimo anche la gestione del patrimonio impiantistico, a partire dallo stadio Olimpico: con una macroscopica sforbiciata alla dotazione di biglietti omaggio da distribuire, da 500 a partita - quasi 17 mila a stagione, valore: alcuni milioni di euro - a 20. Cosa che fa naturalmente imbufalire Malagò, che gestiva quel pacco di biglietti coltivando le sue numerose amicizie trasversali.
VINCENZO SPADAFORA GIOVANNI MALAGO'
Davanti al nuovo assetto, il partito trasversale pro Coni e pro Malagò spara ad alzo zero.
Un tourbillon che ha coinvolto (su impulso italiano, proprio ad opera di Malagò, che quindi si è mosso in un'ottica di rotta di collisione con il governo del Paese) addirittura il Cio, il Comitato olimpico internazionale, per presunte violazioni dei principi della carta olimpica.
lettera cio malagò
Il bello è che a pensarla come il leghista Giorgetti era nel 2013 il Pd di Pier Luigi Bersani, che nel suo programma per le elezioni politiche scriveva: "Il Coni è stato per moltissimi anni un Ministero dello sport, una vera e propria anomalia nel contesto internazionale. Negli altri paesi infatti i Comitati Olimpici si occupano esclusivamente dello sport olimpico. E' impellente e doveroso per la politica e per il Parlamento ripensare sia il sistema di finanziamento che la governance dello sport nazionale”.
sabelli giorgetti malagò
Ma il Conte 1 cade e con il Conte 2 diventa ministro Vincenzo Spadafora, che comincia a boicottare Sabelli, che per un po' incassa, poi - quando Spadafora vuole "dimezzarlo" scorporando le due cariche - si dimette (da notare: dimessosi lui, l'ipotesi dello scorporo rientra, e infatti Vito Cozzoli adesso è presidente e ad proprio come il suo predecessore).
Il siluramento di Sabelli, e quindi l'affondamento della riforma Giorgetti, manda in brodo di giuggiole il Grande Gatsby di Roma Nord, che infatti alla fine di gennaio scorso, in un convegno a Montecitorio, prende la parola per esternare la sua soddisfazione.
malagò giorgetti valente
Le "cinque righe della legge" hanno solo creato confusione, "questo è sicuro: oggi finalmente si parla di dialogo e ne sono felice”, ripeterà più volte. “Quando è arrivata la legge, è successo dalla mattina alla sera, penso che la storia del Coni non meritasse questo”. Non solo. In quella sede Malagò, tronfio per la vittoria, danzò sulla carcassa di Sabelli definendo un “errore madornale” le funzioni attribuite a Sport e Salute, “una società in house del Coni che non è e non può essere lo strumento giusto, è un veicolo sbagliato. Siamo completamente in effrazione della legge internazionale”, naturalmente secondo la sua visione, facendosi lui controllato e controllore.
GIUSEPPE PIERRO
In ogni caso, sul terreno della legge delega, Spadafora ha battuto su un punto: con il suo testo, si introduce una visione più equilibrata della gestione dello sport, in un quadro armonico tra il costituendo Dipartimento per lo Sport presso il ministero (prenderebbe il posto dell'Ufficio per lo sport), Sport e Salute e il Coni.
Peccato che a Sport e Salute non l'abbiano presa bene: il centro propulsore dello schema diventa il Dipartimento, in un perimetro ancora tutto da capire, e quanto ai mezzi ci dovrà essere una "rimodulazione".
malagò
In pratica, più denaro (e beni immobili) al Coni, che tornerà ad avere una sua "pianta organica": per le sue competenze farà da solo, con un piccolo "esercito" (così ‘’Repubblica’’) a disposizione, si dice 120 persone.
C'è da stupirsi di questo cambio di vision?
No.
E perchè mai, in effetti? Perchè la ragnatela di rapporti a favore di Malagò parte dal Coni e arriva fin dentro le stanze del Ministero, compreso il capo del costituendo Dipartimento, ex ufficio dello sport, Giuseppe Pierro.
giorgetti malagò zaia
Tra i consulenti -non remunerati- del ministero c'è Andrea Mancino, presidente della Federazione biliardo sportivo (quindi in una situazione oggettiva di conflitto d'interessi) che ha in curriculum la carica di coordinatore della commissione fiscale del Coni: in difesa del ruolo del Coni, e contro la sua deminutio voluta da Giorgetti, ha firmato un lungo articolo sul Sole24Ore del 18 dicembre 2019.
ALESSANDRO PAJNO
Spadafora ha potuto poi contare sulla comprovata esperienza di Dario Simeoli, capo dell'ufficio legislativo del suo ministero e giovane consigliere di Stato (figura nell'elenco dei magistrati addetti al segretariato generale).
Simeoli è impossibile non conosca Alessandro Pajno, già presidente del Consiglio di Stato (in passato capo di gabinetto di Sergio Mattarella quando il capo dello Stato era ministro della Pubblica Istruzione, poi suo consigliere giuridico quando era ministro per i rapporti con il Parlamento; quindi segretario generale a palazzo Chigi nel primo governo di Romano Prodi, e sottosegretario al ministero dell'Interno nel Prodi 2).
paola balducci
Pajno, che da presidente della "Commissione di garanzia degli organi di giustizia, di controllo e di tutela dell'etica sportiva" al Coni aveva al fianco Mario Luigi Torsello (segretario generale del Consiglio di Stato quando Pajno ne era presidente, ora presidente della prima sezione consultiva del Consiglio medesimo).
Giovanni Malagò Foto Mezzelani GMT05
Torsello nella Commissione è stato sostituito da Gabriella Palmieri Sandulli, prima donna a essere nominata avvocato generale dello Stato, un curriculum prestigioso e meritato, in cui spicca anche la carica di presidente aggiunto della seconda Sezione del Collegio di garanzia dello sport presso... il Coni!
malago e giorgetti foto mezzelani
Il cui presidente è Franco Frattini, Forza Italia, ministro della Funzione pubblica e autore di una legge sul "conflitto d'interessi", ruolo da non confondere con quello del Garante del Codice di comportamento sportivo, che è di Corrado Calabrò.
In tale Collegio tra i componenti della 1a Sezione troviamo Paola Balducci: sì, proprio lei, già componente del Csm, protagonista -tra tanti- delle chat con Luca Palamara, organizzatrice di cene nella sua casa in zona Botteghe Oscure cui ha partecipato, tra gli altri insieme a Malagò, l'ex ministro dello Sport, pro Coni, il già citato Luca Lotti (qualche settimana fa girava lo screenshot della pagina Facebook di Spadafora, durante una diretta su "Sport e Giovani", dove sotto la faccia del ministro compariva tra i like proprio la firma di...Paola Balducci).
Gabriella Sandulli Palmieri
Da ultimo, va segnalato Lorenzo Casini, attuale capo di gabinetto del ministro Dario Franceschini, che nell'agosto 2019 ha scritto un articolo tranchant contro la riforma Giorgetti: "Governo e Parlamento cancellano l'autonomia dello Sport" (Casini tra il 2014 e il 2019 è stato componente del Collegio di garanzia del Coni).
franco frattini
Da questo quadro, verificabile attraverso il sito del Coni, del ministero e del Consiglio di Stato, si capisce come avesse ragione da vendere Mario Missiroli quando sosteneva: "In Italia non si può fare la rivoluzione. Perché ci conosciamo tutti".
ANDREA MANCINO