DAGOREPORT
GIORGIA MELONI A LONDRA
Estratto dell'articolo di Tommaso Ciriaco per la Repubblica
meloni draghi
Selfie e sorrisi, tartine e un premio di un think tank conservatore, spritz e messaggi per rassicurare le aziende e gli investitori.
L’ultima tappa pubblica di Giorgia Meloni a Londra è nell’elegante cornice dell’ambasciata italiana.
(...) L’incidente sul Def sembra superato, non senza scorie: «Non deve più ricapitare». Non chiederà comunque ai sottosegretari che sono anche parlamentari di lasciare il governo. Ma è la pressione continentale sui dossier economici a incombere, come un nuvolone che oscura l’esecutivo. Non è un caso che Meloni, in via informale, abbia chiesto e ottenuto da Sunak un endorsement sulla solidità delle sue politiche.
Il problema è semmai per la leader, che deve dire senza poter dire fino in fondo. Rivendicare, senza poter pronunciare il nome del convitato di pietra: Mario Draghi. È il paragone che la insegue ovunque, nonostante dati macroeconomici migliori delle attese. La premier prova comunque a tracciare alcuni paragoni con il passato. «Quello che vedete è uno spread sotto la media dello scorso anno. La Borsa sale. Abbiamo una previsione del Pil più alta di Francia e Germania. Cresciamo oltre le stime. Ai mercati interessano i fatti. E i fatti dicono che l’economia italiana sta andando molto bene».
DRAGHI MELONI
Ma il vero banco di prova del suo esecutivo, l’opportunità che rischia di trasformarsi in dannazione, si chiama Pnrr. È il nodo su cui dibattono gli imprenditori e i finanzieri in fila per entrare in ambasciata, considerandolo l’ennesima dimostrazione di un’Italia incapace di mantenere gli impegni e di spendere risorse che gli spettano. Meloni prova comunque a spargere ottimismo: «Rassicuro pienamente, la nostra volontà indiscussa e indiscutibile è spendere i soldi».
(...) È a questo punto che torna Draghi, senza essere nominato. «Signori, lo stadio di Firenze non ce l’ho messo io nel Pnrr. E potrei anche essere d’accordo con quanto detto dalla Commissione, che l’ha voluto fuori dal Piano insieme a quello di Venezia». Il resto è esaltazione del rapporto con Sunak, a partire dalla totale adesione di politiche migratorie – quelle inglesi – che nel Regno Unito e nel resto d’Europa hanno sollevato polemiche asprissime.
meloni sunak
Meloni sposa in piena l’idea britannica di spostare forzosamente i migranti in Ruanda, senza considerarla una deportazione. E non trova scandalosa la possibilità che chi entra illegalmente nel Paese rischi fino a quattro settimane di detenzione preventiva. «Io non la vedo come una deportazione, ma come un accordo tra Stati liberi. Lo spostamento di migranti in Ruanda non è una iniziativa che stiamo prevedendo noi. Però sicuramente aiuterebbe trovare soluzioni - anche nei Paesi africani o in altri Paesi - per evitare che la congestione avvenga tutta negli stessi luoghi. E comunque, non è questione di considerarli criminali, ma sono responsabili di qualcosa di illegale». Anche stavolta, Bruxelles non gradirà.
MELONI VISTA DA ALTAN
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