Luca Fazzo per “il Giornale”
GIULIA LIGRESTI
Rimedio eccezionale per una ingiustizia plateale. Ieri Giulia Ligresti, figlia di Salvatore, ha lasciato il carcere dove era stata rinchiusa diciassette giorni fa, dopo che il tribunale di Sorveglianza di Torino aveva respinto la sua richiesta di scontare in affidamento ai servizi sociali la condanna a due anni e otto mesi di carcere per la vicenda Fonsai.
Una decisione resa ancora più sconcertante dal fatto che la condanna definitiva della Ligresti junior è stata inflitta dai giudici di Torino per un reato che secondo i giudici di Milano non è mai esistito: e infatti nel capoluogo lombardo il fratello di Giulia, Paolo, accusato per le stesse vicende, è stato assolto con formula piena.
GIULIA LIGRESTI ALLA MENSA DEI POVERI
Proprio a questo scontro insanabile tra verità processuali si è appigliato Gianluigi Tizzoni, difensore della donna, per portarla fuori da San Vittore. Una richiesta di revisione del processo è stata presentata alla Corte d' appello di Milano, competente per territorio sugli «sbagli» di Torino, proprio alla luce della assoluzione di Paolo Ligresti. E i giudici milanesi, in attesa di decidere se rifare il processo, hanno deciso che non c' era nessun buon motivo per tenere in cella la figlia dell' Ingegnere.
LO SHOPPING DI GIULIA LIGRESTI
É l'ultimo atto di una vicenda giudiziaria che ha visto fin dall'inizio le magistrature di Torino e Milano ricostruire in modo radicalmente diverso la dinamica e le colpe del dissesto del gruppo Ligresti. A Torino (dove sua sorella Jonella è stata condannata a cinque anni e otto mesi, ed è in attesa dell' appello) Giulia Ligresti aveva patteggiato la condanna contando di poter ottenere l' affidamento. E aveva poi presentato la domanda, chiedendo di poter svolgere lavori socialmente utili presso «La Strada», una onlus che si occupa di minori in difficoltà, e spiegando di potersi mantenere lavorando nello stesso bar dove lavora la sorella.
LO SHOPPING DI GIULIA LIGRESTI
La sua condanna rientrava ampiamente sotto il tetto dei quattro anni, sotto il quale è possibile l' affidamento. Ma i giudici di Torino avevano detto di no: Giulia non ha risarcito - avevano detto per motivare il diniego - le parti civili del processo, ed in particolare il gruppo Unipol.
Invano i difensori avevano fatto presente ai giudici che l'intero patrimonio della donna è stato messo sotto sequestro sia in Italia che in Svizzera, e che la Ligresti si è già detta disponibile a lasciare l' intero ammontare nelle mani della compagnia assicuratrice, per chiudere la causa civile tutt' ora in corso. Niente da fare: secondo il tribunale di sorveglianza torinese, è possibile che ci siano ancora in giro soldi nascosti: anche se anni di indagine della Guardia di finanza non ne hanno trovato traccia.
giulia ligresti e ginevra ligresti rossini