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    “FALCONE APPROVEREBBE. LA SCARCERAZIONE DI BRUSCA È FRUTTO DI UNA LEGGE PER CUI SI È BATTUTO” – GIUSEPPE AYALA: “QUANDO HO SENTITO LA NOTIZIA HO FATTO UN SALTO SULLA SEDIA E HO DETTO PORCA P…” – “MA L’APERTURA AI COLLABORATORI DI GIUSTIZIA CI HA DATO RISULTATI IMPENSABILI. È UNA QUESTIONE DI COSTI E RICAVI. PER LO STATO È UN COSTO RIDURRE LE PENE A CRIMINALI DI QUESTA PORTATA. È UN RICAVO ENORMEMENTE SUPERIORE ARRESTARE GRAZIE ALLE LORO CONFESSIONI CENTINAIA DI ASSASSINI…”


     
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    giuseppe ayala giuseppe ayala

    1 - «VEDERLO FUORI È IL COSTO, MA CI SONO STATI VANTAGGI LA LEGGE HA FUNZIONATO»

    Virginia Piccolillo per il “Corriere della Sera”

     

    Giuseppe Ayala, lei che con Giovanni Falcone condivise la stagione del pool antimafia di Palermo e fu pm al primo maxiprocesso, come ha accolto la notizia della scarcerazione di Giovanni Brusca?

    «Ho fatto un salto sulla sedia e ho detto: "Porca p...". Poi però...».

     

    Poi?

    ARRESTO GIOVANNI BRUSCA ARRESTO GIOVANNI BRUSCA

    «Mi sono messo a ragionare. Purtroppo bisogna essere pragmatici e quasi cinici. È una questione di costi e benefici».

     

    Il killer di mafia ha il beneficio di tornare a casa. E lo Stato ?

    «Vederlo uscire, dopo 25 anni di galera (che ha fatto) è il costo. Ma la legge ha portato vantaggi enormi. Prima della legge sui pentiti ce n' era stato solo uno. E non aveva fatto una bella fine».

     

    Cioè?

    GIOVANNI FALCONE GIUSEPPE AYALA GIOVANNI FALCONE GIUSEPPE AYALA

    «Si chiamava Leonardo Vitale. Ebbe una crisi mistica e parlò. Tutti assolti tranne lui che fu spedito in manicomio criminale. E quando uscì fu ammazzato».

     

    Il fratello di Nino di Matteo, sciolto nell' acido, dice che è «inaccettabile».

    «Ha ragione, come Rita Dalla Chiesa, o il figlio di Antonio Montinaro, caposcorta di Falcone. Anch' io fatico: Giovanni Falcone per me era il fratello maggiore che non ho avuto. Ma i benefici che ha portato la legge sono enormi. Pensiamo soltanto a Buscetta, a quanto fu importante per il maxiprocesso»

     

    Escludere personaggi come Brusca dai benefici?

    intervista di giovanni brusca a mosco levi boucault intervista di giovanni brusca a mosco levi boucault

    «Non si può sezionare la legge in sala chirurgica. E spesso è da lì che arrivano le collaborazioni più utili».

     

    C' è chi lamenta che le collaborazioni siano parziali.

    «Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia vengono passate al vaglio dei magistrati, cosa che in altri Paesi non accade. E viene separato il falso dal vero».

     

    La Fondazione Caponnetto avverte: se si abolirà l' ergastolo ostativo usciranno anche i boss che non hanno voluto collaborare. Che ne pensa?

    «Io stracondivido l' ergastolo ostativo che esclude dai benefici chi non contribuisce alle indagini . Certo dal punto di vista costituzionale è un po' una forzatura».

    intervista di giovanni brusca a mosco levi boucault intervista di giovanni brusca a mosco levi boucault

    Matteo Salvini chiede di cambiare la legge sui pentiti.

     

    Pensa sia pericoloso?

    «Se il Parlamento si vuole assumere la responsabilità di una legge alla base di un forte ridimensionamento della Mafia lo faccia. Io la lascerei. Anche perché quella legge non l' ha voluta uno che passava per strada, ma Giovanni Falcone».

     

    2 - BRUSCA, L’ILVA E I PARADOSSI DELLA GIUSTIZIA. PARLA AYALA

    Francesco Bechis per www.formiche.net

     

    giuseppe ayala giuseppe ayala

    “Giovanni ha voluto così. E se fosse vivo sarebbe d’accordo”. Ci vuole un filo di “cinismo”, Giuseppe Ayala lo ammette. Quello che serve per ingoiare un boccone amaro, la scarcerazione di Giovanni Brusca, mafioso, criminale, assassino, mandante ed esecutore di decine, centinaia di omicidi per Cosa Nostra, fra gli altri Rocco Chinnici, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e la scorta, di Paolo Borsellino. Venticinque anni sembrano pochi, niente, per chi ancora non ha rimarginato quelle ferite. Figurarsi per chi, come Ayala, ha incriminato Brusca nel maxi-processo, quando era procuratore capo di Palermo e coordinava il pool anti-mafia.

     

    Venticinque anni per Brusca. Ventun anni per Girolamo Archinà, responsabile delle relazioni istituzionali di Ilva, dice la Corte d’Assise di Taranto. Come si può spiegare un paradosso del genere?

    Si spiega con un calcolo estremamente razionale. La scarcerazione di Brusca ha una contropartita. Senza le sue confessioni non avremmo mai messo in carcere decine di pericolosi criminali e mafiosi. A Taranto c’è una sentenza di primo grado, e ha una sola contropartita: il disastro ambientale e l’inquinamento che ha ucciso uomini, donne e bambini negli anni. Non si possono paragonare. E parla una persona che vive con un nodo alla gola i fatti di queste ore.

    Giuseppe Di Matteo Giuseppe Di Matteo

     

    Come ha reagito alla notizia?

    Emotivamente. Molti negli anni lo hanno definito “bestia”, io credo che gli animali non meritino un simile insulto. Ma sono anche consapevole che questa scarcerazione è permessa da una legge che Falcone ha fortemente voluto a suo tempo.

     

    Perché?

    Perché l’apertura ai collaboratori di giustizia ci ha dato risultati impensabili. È una questione di costi e ricavi. Per lo Stato è un costo ridurre le pene a criminali di questa portata. È un ricavo enormemente superiore arrestare grazie alle loro confessioni centinaia di assassini.

    giovanni brusca giovanni brusca

     

    Certo è difficile spiegarlo a chi ha perso un parente, un amico, un collega.

    Io sono fra questi. E se avessero ammazzato mio padre, avrei reagito proprio come la mia amica Rita Dalla Chiesa. Per non parlare del piccolo Di Matteo sciolto nell’acido, o della strage di Capaci, che ancora mi toglie il sonno.

     

    Falcone approverebbe?

    Io credo di sì. Perché questa scarcerazione è frutto di una legge per cui si è battuto. Peraltro non esiste solo in Italia. All’epoca guardammo all’esperienza americana, dove esistono continui rapporti di collaborazione fra Giustizia e criminali. Al punto di arrivare all’eccesso, talvolta, di sospendere i processi.

     

    Brusca non si è mai pentito.

    GIOVANNI BRUSCA GIOVANNI BRUSCA

    Questo vale per quasi tutti i collaboratori di giustizia. I pentiti si contano sulle dita di una mano. È una scelta opportunistica e tornacontista. Per questo i magistrati devono sempre fare le opportune verifiche sulle dichiarazioni rese. Con Brusca, le ripeto, ho un trascorso personale.

     

    Cioè?

    giuseppe ayala giuseppe ayala

    Al maxi-processo era imputato solo di associazione a delinquere di stampo mafioso. Io da Pm chiesi la condanna, la corte lo assolse. Impugnai la sentenza e in Cassazione fu condannato. Poi ha deciso di collaborare. Ha detto chi ha azionato quel telecomando nella strage di Capaci. Ne abbiamo arrestati tanti, lo Stato ne è uscito vincitore.

     

    Eppure tutte le forze politiche condannano il rilascio di Brusca. Anche se, all’epoca, la legge che lo ha permesso fu votata con il consenso unanime del Parlamento.

    Salvo rari casi, siamo alle solite sortite. L’opinione pubblica è scossa dalla notizia, e qualche politico parla di vergogna dello Stato per cavalcare i consensi. Un copione già visto. Ma la giustizia non può dare ascolto alla pancia.

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