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    LA VENEZIA DEI GIUSTI – A LEGGERE LA CRITICA IMPORTANTE INGLESE AMERICANA QUESTA VENEZIA AI TEMPI DEL COVID SEMBREREBBE UN GRANDE SUCCESSO. E TANTI SI MORDONO LE MANI PER NON AVER MANDATO I LORO FILM QUI. SONO PIACIUTI ANCHE I PIÙ SPERIMENTALI E LONTANI DA HOLLYWOOD. PENSO A DUE FILM AFRICANI AFFASCINANTI E PIENI DI UMORI E DI MUSICA, “LA NUIT DES ROIS” DELL’IVORIANO PHILIPPE LACÔTE E “ZANKA CONTACT” DEL MAROCCHINO ISMAEL EL IRAKI – VIDEO


     
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    Venezia77/Zanka Contact di Ismael El Iraki e “La nuit des rois” di Philippe Lacote

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    Marco Giusti per Dagospia

     

    Come sta andando la Mostra? Al di là dei nostri maldipancia da mascherina obbligatoria, distanziamento in sala, scarsa comunciazione fra critici (chi fischia più in queste condizioni?…), continui sbagli di persona con figuracce imbarazzanti (“Che ti sei visto?” ho chiesto a un vecchio critico tedesco prendendolo per un altro), a leggere la critica importante inglese e americana, questa Venezia ai tempi del Covid sembrerebbe davvero  un grande successo. Sia per l’organizzazione magari un po’ sabauda ma efficiente, sia per il coraggio di aver riaperto la stagione dei festival, sia per la qualità dei film.

     

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    Già si parla di trampolino per l’Oscar per film come “One Night in Miami” di Regina King, primo film diretto da un’afro-americana a essere arrivata a Venezia e piaciuto moltissimo, ma anche per il lesbo-western romanticone “The World To Come” di Mona Fastvold, che assieme a “Pieces of a Woman” lancia alla corsa all’Oscar la bellissima Vanessa Kirby, ma anche per l’inglese “The Duke” di Roger Michell con la coppia Jim Broadbent-Helen Mirren. E ci si aspetta moltissimo da “Nomadland” di Chloé Zhao con Frances McDormand. E non sottovalutiamo il fatto che avere dei buoni film diretti da registe donne, Regina King, Mona Fastvold e Chloé Zhao, vale doppio nella nuova Hollywood del post #metoo.

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    E in tanti in America si mordono le mani, ho sentito dire, per non aver mandato i loro film qui, a cominciare da Sofia Coppola che lancerà il suo “On the Rocks” con Bill Murray in streaming.

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    Ma sono piaciuti anche film più sperimentali e lontani da Hollywood. Penso a due film africani affascinanti e pieni di umori e di musica presentati a Orizzonti che avrei visto bene anche in concorso, “La nuit des rois” dell’ivoriano Philippe Lacôte e “Zanka Contact” del marocchino Ismael El Iraki. Il primo è una sorta di musical griot violento ambientato nel carcere infernale di La Maca, dove un giovane prigioniero, Bakary Koné, è costretto, ribattezzato “Romanzo” dal Re in declino del posto, Barbanera, a raccontare una storia nella notte di Luna Rossa.

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    Ma sa che se finirà la sua storia prima dell’alba verrà ucciso. Si dilunga, quindi, come nelle Mille e e una notte, a raccontare le avventure, vere e fantasiose, come la tradizione griot da cantastorie vuole del suo capobanda Zama King, ragazzino bandito di grande fama morto violentemente nelle favele di Abidjan. E i suoi stessi spettatori entrano nel gioco del racconto con balletti e canzoni tradizionali ch mescolano la tecnica dei griot a modelli di film recente come “City of God”.

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    L’unico bianco del posto è Denis Lavant, savant-fou che gira per il carcere con una gallina. La storia di Zama King comprende così altre storie, molto più antiche di scontri tra re e regine. Il secondo film, “Zanka Contact” del marocchino Ismael El Iraki, si apre invece su una barzelletta che una mignotta professionista, Rajae detta Nisrine, la favolosa star musicale Khansa Batma, racconta al tassista in una meravigliosa, vitalissima Casablanca.

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    Su un taxi viaggiano un fratello musulmano e una mignotta. Hanno un incidente e muiono. Alle porte del Paradiso incrontrano l’arcangelo Azrael. Il tassista è sempre stato buono con tutti, ha portato tutti a destinazione e passa, il fratello musulmano, integerrimo, passa. Quando arriva la mignotta lei dice che ha fatto per i suoi clienti più di chiunque altro.

     

    Azrael la guarda, poi chiede al fratello musulmano cosa può fare con lei. “Beh, con me fa di tutto per 500 dinar”, gli dice il fratello musulmano. Subito dopo il taxi ha un incidente e la vita della ragazza cambierà per sempre, perché nell’altra auto viaggiava una vecchia rock star marocchina, Larsen Snake, Ahmed Hammoud, pazzo dei serpenti e della loro pelle, come dimostrano i suoi stivali, il giacchetto, i tatuaggi e la chitarra ultrapersonalizzata. Strafatto da anni, Larsen ha perso la voce quando ha dovuto scegliere se iniettarsi l’eroina in gola o sul cazzo.

     

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    I due si amano da subito, ma lei è legata a un violento pappone dal coltello facile, Said, Sais Dey, e ha qualche conto da regolare con un ricco cliente che ha maltrattato pisciandogli addosso. L’amore, insomma, è piuttosto contrastato, sia per colpa dei legani di lei che della dipendenza dall’eroina di lui, ma le cose vanno avani, anche perché lei ha una voce bellissima che a Larsen ricorda quella di una celebre star marocchina.

     

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    Mélo musicarello di grande intrattenimento, vagamente lynciano (“Cuore selvaggio”), anche se la pelle di serpente compare anche in altri film, ci offre una spaccato della musica rock marocchina davvero soprendente e non meno sorprendenti sono i due protagonisti, soprattutto la prosperosa Khansa Batma.

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