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    IL CINEMA DEI GIUSTI - VISTO COSÌ, IN PANTOFOLE DAVANTI ALLA TV A TARDA NOTTE, QUESTO “APPUNTI DI VITA DI UN VENDITORE DI DONNE”, UN PO’ CI SONO CASCATO - TEMO CHE IL PROBLEMA VERO SIA LA STORIA SCRITTA DA FALETTI, CHE NON SI RIESCE IN DUE ORE A RENDERE CREDIBILE, CON UN INTRIGO DI SISDE, SERVIZI DEVIATI, CASINI VARI. MA FINCHÉ TUTTO SI SVOLGE NELLA MILANO DEI PAPPA DAL BUON CUORE, DELLE RAGAZZE CHE FANNO LA VITA, QUALCOSA FUNZIONA - VIDEO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

    appunti di vita di un venditore di donne 1 appunti di vita di un venditore di donne 1

     

    Arieccoli gli anni ’70 della Milano dei duri alla Fernando Di Leo, prima della Milano da bere e della Milano berlusconiana poi formigoniana poi fontaniana.

     

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    Visto così, in pantofole davanti alla tv a  tarda notte, questo “Appunti di vita di un venditore di donne”, scritto e diretto dal Fabio Resinaro di “Mine” e dello stracultissimo “Dolceroma”, tratto dall’omonimo romanzo di Giorgio Faletti, che deve essere ancora più incasinato come trama del film, prodotto ancora da Luca Barbareschi (e Rai Cinema) e interpretato dal cupo ma credibile Mario Squeglia, il Maurizio di “Summertime” e l’Ezio Quirino di “Suburra”, dall’affascinante Miriam Dalmazio, da Francesco Montanari in versione barista cieco e cantante (è così…), da Libero De Rienzo come poliziotto con la barba mal fatto, dai sempre notevoli Paolo Rossi, Michele Placido e Antonio Gerardi, un po’ ci sono cascato.

     

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    Insomma, una Milano vuota e notturna di raro splendore (girato durante la quarantena?), le ragazze che fanno la vita e i ruccheté, come cantava Jannacci, i locali, le BR, il rapimento Moro, i senatori corrotti, gli inseguimenti alla simil Stelvio Massi (magari eh?), gli uomini della mala meridionali, i duri romantici alla Gastone Moschin, un po’ di tarantinate qua e là, fino a quando la trama non si incasina con una serie di colpi di scena e di ribaltamenti di campo assurdi, ci credi. E ti fa anche piacere.

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    Certo gli inseguimenti alla Stelvio Massi sono modesti, Mario Sgueglia, che fa il protagonista pappone di nome Bravo non è né Gastione Moschin né Mario Adorf, dominano gli effetti in digitali per rifare i cartelloni del tempo, Francesco Montanari non canta come Demetrio Stratos, però il tutto è così gradevole che va giù.

     

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    Il film ci offre anche una grande scena con le pistole in pugno tra Michele Placido e Antonio Gerardi degna davvero di un Di Leo. Temo che il problema vero sia la storia scritta da Faletti, che non si riesce in due ore a rendere credibile, con un intrigo di Sisde, servizi deviati, casini vari.

     

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    Ma, ripeto, finché tutto si svolge nella Milano dei pappa dal buon cuore, delle ragazze che fanno la vita, dei locali, qualcosa funziona, anche il faccione di Mario Sgueglia come nuovo Fabio Testi romantico e tormentato. Lo trovate su Sky. 

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