Marco Giusti per Dagospia
BUSSANO ALLA PORTA
Ci crediamo o non ci crediamo che da una nostra scelta, per quanto orrenda, quella di sacrificare un membro della nostra famiglia, dipenda la fine di una prospettata apocalisse e la salvezza o la fine dell’umanità? E’ quello che si chiedono sia i due padri della famiglia interessata con figlioletta adottiva asiatica, in vacanza nella loro casetta nei boschi al riparo, ma non troppo, dagli orrori del mondo, sia gli spettatori che vedono il film, “Bussano alla porte”, grande ritorno di M. Night Shyamalan al cinema fatto tutto di intelligenza di costruzione e di inquadrature perfette, di meccanismi del terrore mai banali e mai fini a se stessi.
Ovvio che Shyamalan e i suoi due nuovi cosceneggiatori, Steve Desmond e Michael Sherman, giochino su questi due anni di pandemia, di chiusura e di paura che hanno vissuto tutte le famiglie del mondo, collegate con l’esterno solo grazie ai bollettini della tv. Al punto che quando i quattro cavalieri dell’Apocalisse, Dave Bautista nel ruolo inedito di Leo, educatore di bambini, Nikki Amuka.Birb, dottoressa afro-americana, Abby Quinn, la cameriera in una taverna Adrien, e Rupert Grint, il più fuori di testa Rdmond, si presentano alla coppia di padri, civilissimi, Eric e Andrew, cioè Jonathan Groff e Ben Aldridge, e alla loro bambina Wen, Kristen Cui, gran parte del pubblico, diciamo metà, crede a quello che dicono.
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La fine del mondo… E ci crede anche metà della coppia, cioè uno dei due padri, Eric, mentre Andrew, e con lui metà del pubblico pensa che sia tutto un trucco. Come in un film, dove i colpi di scena portano a piani assurdi dei cattivi. Ma chi sono davvero i cattivi? Quelli che vogliono salvare l’umanità o quelli che si oppongono alla salvezza di tutti per salvare la loro famiglia? Uffa…
Quando nella casetta di legno di Eric e Andrew, così piena di libri, i quattro cavalieri dell’Apocalisse iniziano a giocare pesante per spiegare ai due padri come stanno le cose, lo spettatore incredulo vacilla, ma l’idea che esista una chat mondiale di svitati, sul modello no-vax o negazionisti di tutti, ci riporta a quello che abbiamo vissuto proprio durante la pandemia. Credo-non-credo. Il sacrificio di Isacco. Ma tutta la storia, e il suo sviluppo, perfino l’idea dell’Apocalisse, sarebbero impossibili senza il clamoroso inizio che Shyamalan mette in scena con il Leo di Dave Bautista che si avvicina alla piccola bellissima Wen, con un labbro leporino operato che la fragilizza ma la rende più simpatica e stringe con lei amicizia mentre acchiappano insieme grilli da mettere dentro un vaso di vetro. Saremo per sempre amici, le dice Leo. Tutto quello che segue è comunque legato a questo inizio che pone Leo e Wen in un modo diverso da quello che potrebbe essere il percorso di un normale film del terrore.
BUSSANO ALLA PORTA
Quando i quattro bussano alla porta e inizia il terrore dello straniero, per poi entrare in casa, grande modello letterario americano, come insegna Leslie Fiedler, non c’è ahimé, con due padri maschi, il personaggio fondamentale della donna col tomahawk pronta a difendere la famiglia. Ma il dentro e il fuori, il male e il bene, sappiamo da subito, grazie al rapporto Leo-Wen, che non è così chiaro.
E i quattro cavalieri, che portano ognuno un suo carattere, una sua umanità, non sono in fondo che noi stessi. Come nel più complesso e più spettacolare “Nope” di Jordan Peele, sono le minoranze a dover risolvere, anche culturalmente, i problemi anche culturali della società americana e le sue contraddizioni. Senza arrivare alla società dello spettacolo all’occhio che ti uccide, anche “Bussano alla porta” tenta di rileggere in termini di società dello spettacolo, di linguaggio televisivo o di social un racconto biblico di sacrificio. Con un’America sempre più chiusa dentro se stessa dove la prima cosa da scardinare sono i meccanismi del racconto o del cinema. In sala.
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