Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia
asia argento giovanni veronesi
Marco Giusti per Dagospia
Tornano i moschettieri nel cinema italiano. Con qualche parolaccia di troppo. Cor cazzo! Ma non storciamo troppo il naso perché c’è una lunga tradizione italiana nel trattare i celebri moschettieri di Alexandre Dumas, penso sia alla versione radiofonica col concorso delle figurine Perugine, che dette vita anche a un lontanissimo film a pupazzi diretto da Carlo Campogalliani, sia a quella televisiva della “Biblioteca di Studio Uno” con il Quartetto Cetra e Alberto Lupo come D’Artagnant.
Ma non era affatto male neanche quella toscana un po’ maschile un po’ femminile formata da Paolo e Lucia Poli, Marco Messeri e Milena Vukotich. Ora, senza sapere perché Giovanni Veronesi abbia voluto riportare sullo schermo, dopo tanti anni di assenza, i quattro spadaccini in questo divertente, ma velato di una certa malinconia, Moschettieri del re – La penultima missione, con Valerio Mastandrea come Porthos, Sergio Rubini come Aramis, Rocco Papaleo come Athos e Pierfrancesco Favino come D’Artagnant, possiamo dire che ci piace parecchio l’idea, perché ritornare al cappa e spada fa sempre bene al cinema, con tutta la mostra tradizione di stuntman storici e dei loro figli e nipoti. Non siamo certo a livello delle versioni capolavoro di George Sidney con Gene Kelly-D’Artagnant o di Richard Lester con Oliver Reed-Porthos. Ma ci piace ritrovare i nostri eroi invecchiati anche con questo tipo di cast, dove Porthos è magro e parla romano, Aramis parla barese e Favino parla col suo improbabile accento brancaleonesco già sentito a Sanremo, e i quattro, malgrado qualche stocazzo! di troppo, ci strappano sempre qualche risata. Magari, con una storia così precisa come quella offerta da Dumas, avremmo potuto avere una maggiore costruzione di racconto, specialmente nella parte finale.
Ma siamo in un film di Natale, cosa possiamo volere? E non che l’ultimo film sui moschettieri americano, quello di Stephen Sommers, fosse perfetto, anzi, è più divertente e riuscito questo. Ci piace anche Lele Vannoli come servo muto e gigantesco, Alessandro Haber è un Mazzarino cattivo quanto basta. Per non parlare di Margherita Buy come Regina, di Matilde Gioli come dama di compagnia, di Giulia Bevilacqua come Milady. Direi, anzi, che è tra i migliori film di Veronesi di questi ultimi anni, anche perché affronta giocando in amicizia coi suoi attori un tema così vicino agli anni della infanzia di tutta una generazione, quando i moschettieri suscitavano nei piccoli spettatori il ricordo di un cinema ben più ricco e fantasioso di quel che abbiamo ora.
Non possiamo chiedere troppo a un cinema, il nostro, che da tanti anni non affronta più questo tipo di genere, come non ci facemo troppe domande di fronte a Il mio West, dove Veronesi riuscì a cucinare un western toscano con Pieraccioni, Harvey Keitel e David Bowie. Un film che molti trovarono un’occasione mancata, ma che io trovai allora più che divertente con un cast pazzesco. Lunga vita, quindi, anche a questi Moschettieri del Re. Quanto alle tombe del cimitero tutte dedicate a Marco Giusti, che dire? Magari Veronesi non mi ama particolarmente o non sono stato un critico tenero in altri anni. Ma è una guasconata toscana e la posso accettare. In sala dal 27 dicembre.
rocco papaleo marco d amore valerio mastandrea
il cast del film i moschettieri del re
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