helena bonham carter olivia colman tobias menzies the crown
Marco Giusti per Dagospia
E’ andata. Con la decima puntata abbiamo finito anche questa quarta stagione di “The Crown” e ovviamente tutte le signore appassionate delle amare vicende della Royal Family, adesso, non sapranno più cosa vedere. Saranno dolori. Non so perché il pubblico europeo sia così attaccato a “The Crown”. Certo, una serie sui Savoia non sarebbe stata la stessa cosa. Magari gli Agnelli…
gianni e susanna agnelli
Ma ricordo che il tentativo di fare un film o una serie tratta da “Vestivamo alla marinara” di Susanna Agnelli venne bloccato sul nascere dalla stessa famiglia Agnelli che si ricomprò immediatamente i diritti cinematografici (è così o sbaglio?). Non lamentarsi, non spiegare. Ogni famiglia ha i suoi segreti. Vedo che sia i critici che il pubblico di twitter sta seguendo la serie con grande passione.
emma corrin lady d in the crown
Tutti adorano la Lady Di di Emma Corrin, che, anche se non la vediamo ballare con John Travolta alla Casa Bianca, ha ovviamente grande spazio in questa quarta stagione e si prepara al calvario nella quinta stagione che speriamo presto di vedere per la quiete serale nelle nostre famiglie. Non arriviamo, con la decima puntata, neanche alla celebre intervista televisiva del 1995 che il Principe William cerca di combattere perché ottenuta con l’inganna.
susanna agnelli vestivamo alla marinara
Ma da quella intervista, dobbiamo ammetterlo, vengono fuori le tante verità, o presunti tali, che costruiscono il suo personaggio anche nella serie. Pensiamo solo ai disturbi alimentari, ai conati di vomito continui, che vengono ben evidenziati già nei titoli di testa di ogni puntata come fossero sequenze hard.
gillian anderson thatcher the crown
Vedo che il pubblico di Twitter ha un sincero odio per il Principe Carlo, ben reso nella sua mediocrità da snob annoiato senza palle da Josh O’Connor, e per Camilla, annientata dall’immagine prima di star poi di martire di Diana. La stella di Diana oscura un po’ anche la complessa costruzione della Margareth Thatcher di Gillian Anderson e i suoi rapporti stretti con la Regina di Olivia Colman che sono forse la parte più solida della quarta stagione.
helena bonham carter olivia colman tobias menzies the crown
Da vecchia volpe che sa come trattare la politica e il potere, Peter Morgan ha riscritto gli incontri/scontri tra le due donne come dei veri duelli alla “Frost/Nixon”. Anche se Gillian Anderson seguita a non piacermi, e non piace nemmeno ai critici inglesi, ma molto a quelli americani, ammetto che la sua recitazione eccessiva dà al personaggio una dimensione innaturale che ne esalta invece proprio le strategie politiche e la pone come una outsider che punta decisamente al potere e quindi allo scontro con la Regina.
olivia colman josh o'connor the crown
Questo, alla fine, funziona proprio perché permette a Olivia Colman di giocare in difesa nel rilevare dietro la facciata impassibile da The Queen le sue reazioni umane e politiche alle mosse della Thatcher. E il grande ultimo dialogo tra le due donne nella decima puntata si espande a un interessante dialogo proprio sul potere e sul rapporto col mondo maschile che è forse un filo a effetto, ma permette alla Colman di sciogliersi.
giovannona coscialunga disonorata con onore
Alla fine, come “Game of Thrones”, anche “The Crown” si rivela, ma lo sapevamo già, un gioco sul trono e sul potere che vede protagoniste solo le donne e i maschi sono per lo più fastidiose appendici, vedi Filippo e, soprattutto, Carlo. Ma ricordiamo il notevole inizio della quarta stagione con la sadica caccia al cervo reale che permette a Peter Morgan di stabilire da subito la posizione di chi scrive rispetto all’umanità della Famiglia Reale.
Confesso che ieri notte ho visto anche la quarta puntata della GucciFest firmata da Gus Van Sant e da Alessandro Michele, “The Theatre”. Devo dire che, soprattutto rispetto a quella precedente con Achille Bonito Oliva alle poste (ma come si fa?...), questa è notevolmente più riuscita. Grazie anche alla presenza del drammaturgo Jeremy O.
ouverture of something that never ended the theatre
Harris, ma soprattutto a Sasha Waltz, alle sue coreografie e ai suoi ballerini che danno modo alla regia di Gus Van Sant e alla fotografia bellissima di Christopher Doyle di sviluppare un qualcosa di più cinematografico e di visivamente interessante. Silvia Calderoni, eroina della serie. tutta inguainata negli abiti Gucci, come gli altri personaggi certo, incontra prima Jeremy O. Harris e poi si ritrova a fare un'audizione da ballerina con Sasha Waltz per il Bolero di Ravel.
ouverture of something that never ended the theatre 1
Detto questo, stasera, si ritorna alla normalità fin dalle 21 su Cine 34 con “Giovannona Coscialunga disonorata con onore” di Sergio Martino con Edwige Fenech e Pippo Franco, capolavoro del genere presentissimo già nella nostra precedente quarantena (ma quante volte dobbiamo vederlo?).
histoire d’o 3
Come se non bastasse Cielo lancia alla stessa ora “Histoire d’O” di Just Jaeckin con la stupenda Corinne Cléry. Ma sono scelte classiche anche quelle di Iris, che si presenta alle 21 con “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino con Toni Servillo, Carlo Verdone e la mitica Sabrina Ferilli, e prosegue alle 23, 50 con “Amarcord” di Federico Fellini con Bruno Zanin, Pupella Maggio, Magali Noel e Ciccio Ingrassia come lo zio matto, quello di “Voglio una donna” che, per inciso, venne doppiato in romagnolo da Enzo Robutti.
edwige fenech giovannona coscialunga disonorata con onore
Ricordo, ma lo sapete già, temo, che proprio da “Amarcord” e dal suo strepitoso successo nacque proprio il filone scolastico di Edwige e Alvaro Vitali, anche perché Alvaro era già lì, scoperto e bollato da Fellini come lo scolaro monello con la faccia da Pierino che fa gli scherzi, e i professori sono più o meno quelli che presto vedremo nei film prodotti da Luciano Martino e diretti da Nando Cicero e Mariano Laurenti.
histoire d’o 2
Non se ne esce, eh? Rai Movie presenta invece alle 21 un tardo film di Claude Lelouch un po’ fuori luogo in anni di #metoo, “Parliamo delle mie donne”, con Johnny Halliday, Eddy Mitchell, Sandrine Bonnaire e Irene Jacob, poi alle 00, 50 l’ottimo “Hungry Hearts” girato in America da Saverio Costanzo con Alba Rohrwacher e Adam Driver, mélo amoroso difficile che non venne completamente capito quando uscì.
hungry hearts 2
Anche perché i due giovani protagonisti, alle prese con un figlio da far crescere in città, se la vedono con un caso se non proprio di follia, almeno di rapporto “inusuale” col cibo e con la digestione che la protagonista applica a se stessa e al loro bambino che non riesce così a crescere di peso.
amarcord 3
La Mina di Alba Rohrwacher è vegana, quasi anoressica, odia la carne, qualsiasi tipo di violenza fatta sugli animali considerati da mangiare, è fissata col cibo naturale, al punto che si è costruita un piccolo orto sul terrazzino newyorkese, pensa al suo piccolo come a un “bambino indaco”, cioè a un bambino purissimo, non contaminato da carne e violenza. Sta di fori. Completamente. Come tante ragazze anoressiche o considerate “inusuali” dalla nostra società, che crescono a loro modo i figli, spesso escludendo padri e compagni e chiunque non le assecondi totalmente.
edwige fenech pippo franco giovannona coscialunga disonorata con onore
Vi segnalo anche, Rai Due all’1, il curioso horror prodotto un paio d’anni fa dai Manetti bros “The End? L’inferno fuori” diretto da Danilo Misischia con Alessandro Roja, Carolina Crescentini, Euridice Axen, tutto girato dentro un ascensore romano mentre la città è invasa dagli zombi. Non malaccio, anche se avremmo voluto vedere più zombi liberi per Roma e meno Alessandro Roja chiuso in ascensore che lotta contro i mostri.
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Ma il budget è evidentemente limitato. Per i cinefili segnalo un’altra nottata dedicata al regista Gianni Amico da Rai Tre. Si vedrà all’1,35 il bellissimo film per la tv “Le cinque stagioni” diretto da Amico con grandi vecchi, amati attori come Tino Scotti, Elsa Merlini, Gianni Santuccio, Alberto Sorrentino, Carletto Romano. Alle 2, 40 su Rai Due, diventata finalmente un quasi cineclub, inizia il notevole “Riflessi sulla pelle” violento pulp movie scritto e diretto da Philip Ridley con Viggo Mortensen che anticipò il cinema di Quentin Tarantino, ma non ebbe altrettanta fortuna.
the end? l’inferno fuori
Ridley, scrittore per bambini, per anni si legò al dito il fatto di non essere mai stato riconosciuto come primo regista pulp dell’ondata tarantiniana. “Riflessi sulla pelle”, ricordo, colpì tutti molto a Cannes e a oggi è un film da vedere e rivedere. Chiuso con una stravaganza. “La notte rossa del falco” di Juan Bosch su Rai Movie alle 5 di mattina.
la grande bellezza
Si tratta di una curiosa, rarissima, versione western di “Red Harvest” di Dashiell Hammett, il romanzo che aveva dato vita sia a “Yojimbo” di Kurosawa che a “Per un pugno di dollari” di Leone, che combina un po’ lo spaghetto col thriller e si svolge quasi interamente di notte. Il mio amico Alex Cox, il regista di “Sid e Nancy”, fan di spaghetti western, lo aveva cercato per anni.
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