Marco Giusti per Dagospia
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“Sono 18 mesi che mio marito non mi lecca la figa”, si lamenta la appena sposata Billie, la bombastica texana Shari Shashi, nella nuova bollente serie di Netflix “Sex/Life”, ideata da Stacy Rukyeser e diretta dalla canadese Patricia Rozema, che ha fatto subito esplodere ciò che è stata descritta come la “Pornificazione di Netflix”. Infatti da lì in poi partono i flash back in quel di New York City della sua bollente storia col bel discografico scopatore Brad, Adam Demos. Quello sì che la capiva, altro che questo marito bono ma mollissimo, tal Cooper, Mike Vogel, che l’ha portata a vivere coi marmocchi a Greenwich, Connecticut, in mezzo a una noia abissale e neanche la lecca.
O la scopa vedendo la partita. Ma non ce la fa poraccio, allora la tocca, sempre vedendo la partita. Ma è distratto. A questo punto lei, invece di spegnere il televisore mandandolo affanculo, lo manda a prendere un vibratore per il fai-da-te. Meglio di scoparsi questo rincoglionito. E poi sogna Brad e il suo loft da miliardario a New York. Chiamala scema. Ora, di fronte a questa buffa serie che, malgrado sia diretta da una regista di tutto rispetto, ricordo i suoi primi film in qualche festival, si rivela davvero una modesta soap opera al femminile su un triangolo amoroso con tanto, tanto sesso, bisogna notare che è vero che Netflix sta spingendo pesantemente sul porno. Ma già lo sapevamo.
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Perché abbiamo visto tutti il terribile film erotico polacco girato a Polignano a Mare e fatta passare per Sicilia, “365 Days”, quello col mafioso italiano bono, Massimo Torricelli che rapisce la ragazza, tal Anna Maria Sieklucka (“Ti sei persa bambolina?”) e scommette che lei si innamorerà di lui in 365 giorni. Ricordate? Alla fine lei, assillata dalla pesantezza di lui che la attizza in ogni modo col corpaccione nudo, cederà sullo yacht di lui, gli sbottonerà i pantaloni e farà uscire l’arnese. Insomma, Anni di #metoo e di lotte per i diritti femminili non sono serviti a niente, scrissi allora. E il film fu per tutte le spettatrici, soprattutto americane, una sorta di liberazione dalla quarantena.
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Terzo film più visto su Netflix USA, quarto su Netflix UK, alla faccia del simpatico voto “0” su Rotten Tomatoes, con tutti i critici contro sbeffeggianti (“La cosa più brutta che abbia mai visto”, “Dumber than hair”/”Proprio de coccio”), ha scatenato le fan di mezzo mondo che lanciano su Twitter simpatici appelli a Michele/Massimo, “Rapisci me!”, “Portami via da questa città di merda!”.
Come i lettori di Dagospia sanno bene, abbiamo visto tutti, maschi e femmine, anche l’esplicito, e ben più interessante e esplicito, “Love” di Gaspar Noé, vero hard d’autore, che in 3D fece la sua porca figura a Cannes in Sala Grande, ma poi ha trovato il suo perché solo nella programmazione di Netflix, visto che è stato il film più visto della piattaforma di sempre. Wow! Leggo nell’articolo di Kevin Fallon sul “Daily Beast” anche grazie a un evento Tik Tok dove gli spettatori si autofilmavano mentre vedevano l’inizio del film con pisellone e sesso esplicito e reagivano nei modi più assurdi. Per rispettare i desideri dei telespettatori, diciamo, Netflix ha quindi prodotto questa buffa serie per pornocasalinghe americane giocando, come spiega bene il titolo, Sex/Life, sul sesso, vissuto o sognato da una parte, e sulla Vita, più o meno di merda, che si sta facendo nel Connecticut, ma non solo lì mi sa, con mariti che parlano solo di lavoro o guardano la partita.
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Tutto dalla parte delle donne, girato e ideato da donne, dove i boni sono un po’ dei bistecconi americani che devono leccare e scopare, e la protagonista è questa sexy star, Shari Shasi, nata e cresciuta dentro le serie americane d’ogni tipo, da “The L-Word” a “The Sopranos”, divetta nuda delle riviste patinate come Maxim, con una serie di apparizioni al cinema senza sostanza, il film migliore è “A Bullet in the Head” con Stallone, che ha però la spregiudicatezza perfetta per incarnare questa Billie, nuova Barbie con desideri, che alterna le poppate al figlioletto alle voglie sessuali di ogni tipo. E non si capisce come faccia contemporaneamente a scopare e a pensare al pupetto. Da vedere? Beh, sì. E’ terribile, ma fra una partita e l’altra, è anche molto divertente. E Shari Shashi, come diceva Manuel Fantoni/Angelo Infanti a proposito di Raquel Welch, ha proprio “du’ chiodi”…
sarah shahi
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