Marco Giusti per Dagospia
Amori che non sanno stare al mondo di Francesca Comencini
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Torino Film Festival. “Mi hai detto cose incredibili in situazioni improbabili…!”. “Fai una cazzo di valigia, è umiliante essere lasciati da un uomo con lo zainetto!”. “L’uomo con la tisana non scopa”. Per non parlare dell’estenuante caccia al pelo singolo in posti improbabile del corpo. No. Vabbé. Sono assolutamente pazzo di Amori che non sanno stare al mondo di Francesca Comencini, presentato ieri a Torino e in sala da mercoledì, che lo ha scritto con Francesca Manieri e Laura Paolucci, e lo ha diretto tra un episodio di Gomorra e l’altro. E sono pazzo della sua protagonista, Lucia Mascino.
Non solo è uno dei migliori film della stagione fino a oggi, ma è assolutamente imperdibile per le ragazze sopra i trent’anni. Perché ci mostra con una generosità e una libertà sconosciute nel nostro cinema un ritratto di una donna sopra i 40 ultra radical-chic, interpretata appunto da Lucia Mascino, che passa dal nevrotico al romantico, dal delirante al femminismo militante, dalla dipendenza assoluta dal maschio (“sarei morta senza di te”), rappresentato da Thomas Trabacchi, al lesbismo, con l’esplosiva Valentina Bellé, in mezzo a discussioni di ore con le amiche, soprattutto con una notevolissima Carlotta Natoli, che usa per sfogarsi in continuazione.
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Ma per la sua strada incontriamo anche una simil-Mara Venier interpretata da Iaia Forte in grande spolvero, che capisce subito la situazione e dice la sua (“in cinque anni di matrimonio nemmeno un orgasmo”). E’ evidente che siamo in mezzo a una vera e propria guerra tra i sessi, dove il maschio, e il poro Trabacchi deve proprio rappresentare tutta una categoria di stronzi, infami, impauriti, ha poche possibilità per salvarsi. Visto che non vuole cedere a un rapporto adulto con figli e matrimonio, o accetta lo scontro continuo col genere femminile della sua età o scappa, rifugiandosi in una vita più facile con qualche ventenne che ci casca. Quanti ne abbiamo visti in fuga con la ventenne…
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Ma per la donna non più giovane, che non vuole soccombere alla prepotenza maschile, si apre uno scenario diverso. Perché, come spiega nel film una sequenza assolutamente di culto, i 44 anni femminili, magari con figli, senza rifacimenti, sul mercato etero, vengono percipiti dal maschio come ben più alti. Salvo passare all’”economia lesbica parallela”, come ci viene spiegato. Lì, ma solo lì, i tuoi 44 anni sono solo 44 anni. E’ quello che fa anche la protagonista, che ha una sbandata per una ragazza più giovane, appunto la Bellé, in una serie di scene di sesso costruite con grazia ma piuttosto ardite.
L’importante, è evidente, è recuperare se stessi, il proprio corpo, una identità azzerata dallo scontro fra i sessi dove l’idea dell’amore nasconde in realtà la coscienza della perdita della giovinezza. “Perché piangete tutte dalle 3 alle 5?”, si chiede estenuato Trabacchi di fronte a una scenata della protagonista. Gli uomini non vogliono capire, hanno paura e si chiudono dietro le barbe hipster da professori della Sapienza. Cazzi loro. Le donne affrontano la realtà, si scottano di più, ma ne possono uscire fortificate. Passano dal dramma alla commedia alla caccia al pelo singolo senza smettere di parlare. E parlano, parlano… Imperdibile. Al Festival di Torino e in sala dal 29 novembre.
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