Marco Giusti per Dagospia
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Stanchi della Ferragni? Niente paura. Torna Gong Li, superstar del cinema cinese ormai cinquantenne, per questo Saturday Fiction diretto da Lou Ye, tratto da ben due romanzi, The Death of Shanghai di Hong Ying e Shanghai di Riichi Yokomitsu, polpettone in concorso in bianco e nero ambientato nella Shanghai del 1941, a pochi giorni dall’attacco giapponese a Pearl Harbour.
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E’ la stessa Shanghai misteriosa protettorato francese piena di spie e di pericola descritta dal genio di Josef von Sternberg nel capolavoro con Victor Mature e Gene Tiernney Shanghai Gesture, datato proprio 1941, solo che Lou Ye non è Sternberg, anche se prova a ricostruire un po’ diq uel fascino e di quell’ambientazione per una storia di spie e di doppie tripli giochi.
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La bella Jean Yu, Gong Li, è una star del cinema e del teatro cinese che torna a Shanghai per interpretare una piece teatrale. Ma è anche una donna seguita e inseguita da spie e agenti segreti di ogni tipo che girano attorno ai movimenti dell’esercito giapponese. Protettorato francese, Shanghai vive un periodo se non di calma, almeno di apparente neutralità, mentre Jean Yu si trova presto al centro dell’interesse di ogni maschio e non solo maschio della città, un po’ per la sua avvenenza, un po’ perché è controllata da molte orecchie.
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Tutto il film è costruito sul gioco di specchi che è costretta a fare Gong Li col suo personaggio, sia per la commedia che interpreta sia per le molte facce che deve assumere nel corso dell’azione. Attorno a lei ci sono commediografi, ex-mariti, amanti, un amico francese, Pascal Greggory, perfino una fan particolarmente scatenata per una scena moderatamente lesbo. Ma cosa sa davvero lei? Lungo e un filo noioso offre comunque a Gong Li un buon personaggio e una serie di primi piani da star. Meglio Sternberg. Ovvio.