1 - IL BLITZ DI GRILLO SCONTENTA I 5 STELLE E I MINISTRI SONO DISTANTI DA DI MAIO
Alessandro Trocino per il “Corriere della sera”
LUIGI DI MAIO INCONTRA BEPPE GRILLO A ROMA 6
«E ora che se n'è andato?». La domanda serpeggia tra i parlamentari dei 5 Stelle, piuttosto frastornati dalla visita lampo di Beppe Grillo a Roma, che non pare abbia risolto i problemi aperti. L'insoddisfazione e il malessere di molti è palese, anche perché le questioni sul tappeto erano sostanzialmente tre: la leadership di Luigi Di Maio, la questione delle alleanze, a cominciare dall' Emilia-Romagna, e quella del capogruppo mancante alla Camera. Nessuna delle tre, per ora, pare sia avviata a soluzione e non sembra esserci alcun cambiamento nella linea che viaggia nella nebulosa tra Roma (Di Maio) e Milano (Casaleggio).
Grillo ha fatto il suo. Da quando ha smesso di essere un protagonista attivo nel Movimento, è intervenuto raramente. Ha preferito scaricare sul capo politico le cause e le questioni più scottanti. Ma quando il gioco si fa duro, viene, malvolentieri, a Roma. Così ha fatto sabato. Quando ha sancito una sorta di commissariamento del capo politico, che aveva fatto di testa sua sull'Emilia-Romagna, mettendo la decisione di presentarsi ai voti su Rousseau, contro il parere di tutti i big. Anche se Di Maio nega e spiega che c'è una perfetta sintonia.
LUIGI DI MAIO INCONTRA BEPPE GRILLO A ROMA 2
Dietro le quinte trapela la frustrazione di Grillo. Il fondatore ha in mano un solo strumento vero: il bottone rosso del defenestramento, extrema ratio inutilizzabile, pena guai seri per il governo. In alternativa può mettere in campo il suo prestigio e la moral suasion. Che però, il giorno dopo, pare non abbia funzionato granché. Di Maio, in un' intervista al Messaggero, rivendica che il Movimento è stato sovranista prima di Salvini e spiega che, in assenza di una lista in Emilia-Romagna, molti elettori 5 Stelle avrebbero votato i sovranisti.
Come a dire: siamo di destra. E del resto lo dice ai suoi privatamente: «Se continuiamo ad ammiccare a sinistra, Salvini ci ruberà qualche senatore». È interessante la sintesi che fa la deputata Dalida Nesci: «C'è un'assurda o voluta ambiguità che ci sta portando ad un suicidio politico. Ci sono due linee politiche dettate da due capi, Grillo e Di Maio. Uno parla di progetti alti con la sinistra, mentre l'altro cambia idea il giorno dopo il risultato dell'Umbria. Nel frattempo, continuano a dire di essere d' accordo su tutto».
luigi di maio beppe grillo
In mezzo ci sono i ministri, sempre più distanti dal capo politico (c'è anche chi fa il nome di Stefano Patuanelli come leader del futuro) e premono su di lui per convergere con il Pd. Di Maio ha sempre detto di no all' alleanza con i dem e ora rischia di doversi rimangiare tutto. L'unica opzione è tornare su Rousseau, a pochi giorni dal primo voto. Grillo sostiene questa ipotesi, ma non può o non vuole imporla. Stavolta non ha fatto il solito giro di big e dirigenti.
Meglio stare lontano dalle beghe interne. Meglio intrattenersi a cena con l' ambasciatore cinese e poi raggiungerlo in ambasciata. Cosa si sono detti in due ore di colloquio?
Avranno parlato di Hong Kong e dell' appello lanciato all' Italia dall' attivista Joshua Wong? Non pare, visto che Grillo posta una foto con Li Junhua e scrive: «Un piacevole incontro. Gli ho portato del pesto e gli ho detto che se gli piacerà dovrà avvisarmi in tempo perché sarei in grado di spedirne una tonnellata alla settimana, sia con aglio che senza, per incoraggiare gli scambi economici!».
2 - BEPPE DALL'AMBASCIATORE CINESE: "GLI HO PORTATO IL PESTO"
C.L. per “la Repubblica”
Beppe Grillo con l ambasciatore cinese Li Junhua
Considerano l' Elevato così influente sul suo Movimento e, di conseguenza, sui destini del governo giallo-rosso, che a Pechino hanno deciso di sondarlo direttamente. Per capire, sapere, prendere contatti. È stato l' ambasciatore cinese a Roma, Li Junhua, a chiedere a Beppe Grillo un incontro nella Capitale alla prima occasione utile. E quale migliore occasione del precipitoso ritorno nella Capitale del fondatore, risucchiato dalla tempesta scatenatasi dentro il suo M5S?
Le cronache raccontano di due ore e mezza di faccia a faccia nella sede diplomatica di via Bruxelles, nel tardo pomeriggio di sabato. Un altro era stato organizzato e poi era sfumato nei mesi precedenti. Insomma, c' è del feeling, non nuovo per la verità. I post ospitati sul blog di Grillo, sui quali si è scatenata la polemica per i tratti giustificazionisti nei confronti del regime di Pechino, sono storia di questi giorni.
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Se si guarda poco indietro, agli ultimi 18 mesi, ci si imbatte nei due viaggi del capo del Movimento Luigi Di Maio in Cina, prima da vicepremier e poi da ministro degli Esteri, al fine di consolidare un rapporto. Culminato infine nel patto sulla Via della Seta tra i due governi (assai poco gradito a Washington).
Ieri il "garante" su Facebook l' ha buttata sul vecchio copione comico, raccontando di «un piacevole incontro con l' ambasciatore della Cina Li Junhua: gli ho portato del pesto e gli ho detto che se gli piacerà dovrà avvisarmi in tempo perché sarei in grado di spedirne una tonnellata alla settimana, sia con aglio che senza, per incoraggiare gli scambi economici!».
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Un Paese che del resto è nel karma del leader del Vaffa. Sono passati 33 anni dalla battuta («Se in Cina sono tutti socialisti a chi rubano?») che gli valse l'espulsione dalla Rai nella quale Bettino Craxi contava qualcosa. Adesso è il Movimento ad avere il suo peso sulla tv pubblica e sono i socialisti cinesi a chiamare Grillo per garantirsi buoni auspici.