Estratto dell’articolo di Jacopo Iacoboni per “la Stampa”
arkady volozh con vladimir putin
Cancellare ogni riferimento alla Russia. Ripulire le biografie. Riscoprirsi kazaki, armeni, turchi, europei. O israeliani, per via di una qualche ascendenza ebraica. Emigrare, se si hanno doppi e tripli passaporti. I miliardari più legati al potere putiniano cercano, talora maldestramente, di rifarsi un'immagine. Non hanno il coraggio di parlare contro Putin, ma di far sparire la Russia dalla loro vita sì.
Roman Abramovich aveva aperto la strada, aveva cominciato anni fa ad attivarsi per non apparire più così russo, o non più soltanto russo. Dal 2018 ha acquisito anche la cittadinanza israeliana, in seguito quella portoghese. Ma Abramovich non è il solo a cercare di diluire la propria appartenenza alla Russia. Arkady Volozh è il caso più lampante ma solo l'ultimo in ordine di tempo, non è affatto il solo.
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L'ex capo di Yandex l'altro giorno ha definito – alla buon'ora: dopo diciotto mesi – la guerra della Russia «barbarica». È uno dei due "coraggiosi" che l'hanno fatto, tra i miliardari russi (l'altro è Oleg Tinkov). Ma Volozh si è preparato la strada da tempo in questo modo: «Ha iniziato a trasportare il team Yandex all'estero molto prima della guerra», ha dichiarato uno dei dipendenti.
I dipendenti di Yandex.Food lavorano in Israele dalla pandemia. In Israele Volozh possiede diverse proprietà immobiliari. I gruppi di lavoro Yandex.Lavki e Yandex.Taxi sono basati in buona parte in Israele. Soprattutto, Volozh ha rimosso dal suo sito web quasi tutti i riferimenti ai legami con la Russia e l'Urss.
Molti oligarchi sono critici di Putin e della guerra in privato, ma in pubblico restano prudenti, temono ritorsioni, e sanno che sono in gioco miliardi di dollari di beni in Russia, che appartengono a loro nominalmente ma restano comunque esigibili (o nei casi estremi espropriabili) da Putin. In qualunque momento.
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Catherine Belton, l'autrice di un grande libro sulla cerchia di Putin, ha scritto che Volozh ha fatto sorridere tanti osservatori quando la scorsa settimana, per prendere le distanze dalla guerra in Russia, ha pubblicato sul suo sito web una nuova biografia in cui si descrive come «imprenditore tecnologico israeliano nato in Kazakistan». Non russo. Non un russo che fino a qualche anno fa incontrava Putin al Cremlino.
Non è il solo che cerca di distanziarsi dalla Russia e dalle sue origini russe. Il comproprietario e presidente del consiglio di sorveglianza del consorzio Alfa Group, Mikhail Fridman, caduto sotto le sanzioni occidentali, si definisce da tempo «un uomo d'affari russo-israeliano nato in Ucraina». Eppure le sue critiche sono sempre solo sussurrate. […]
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L'appartenenza russa impaccia. Imbarazza. Agentsmedia ricorda il caso del banchiere d'affari Ruben Vardanyan, ex capo della "Troika Dialog", che adesso si presenta come un finanziere di «origine armena». Nel settembre 2022 ha rinunciato alla cittadinanza russa e si è trasferito in Nagorno-Karabakh. Un altro importante uomo d'affari, Viktor Vekselberg (nella lista delle sanzioni Usa dal 2018, Vekselberg ha avuto proficue relazioni trasversali con la politica in Italia) sottolinea ormai di essere nato in Ucraina e di essere cittadino di Cipro. […]
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