Michela Allegri per “il Messaggero”
cane coronavirus hong kong
Due cani e un gatto a Hong Kong, un altro gatto in Belgio. E, ora, una tigre malese in uno zoo di New York, contagiata dal custode e risultata positiva al coronavirus. Il primo caso negli Usa, che riaccende i riflettori sul rapporto tra Covid-19 e animali, soprattutto domestici, e sui rischi di trasmissione dell'infezione.
Per il momento gli esperti sembrano d'accordo: si tratta di un virus che ha avuto un'origine animale - arriva da un pipistrello - e che, mutando, è arrivato all'uomo. Ma adesso sono proprio gli uomini ad essere untori: non ci sono prove che gli animali possano diventare veicoli di contagio. Ma, al contrario, rischiano di ammalarsi, anche se sembra sviluppino sintomi lievi. Come Nadia, appunto, la tigre di 4 anni che vive in uno degli zoo del Bronx.
TIGRE MALESE POSITIVA AL CORONAVIRUS
In tutti i casi registrati nel mondo - sono solo cinque - all'origine dell'infezione negli animali ci sarebbe la malattia dei proprietari, affetti da Covid-19. E, in quello di Nadia, il contagio sarebbe partito da un membro dello staff dello zoo, inizialmente sintomatico ma che negli ultimi giorni è risultato positivo al virus.
roberto burioni
Adesso nella stessa struttura sono sotto osservazione altre tre tigri e tre leoni africani: tutti hanno mostrato sintomi simili a quelli di Nadia, cioè tosse secca inappetenza. I casi a livello mondiale sono ancora troppo pochi per parlare di trend, o per trarre conclusioni certe. Il virologo Roberto Burioni sottolinea che «il fatto che gli animali possano essere contagiati non è solo un elemento negativo», perché «questo ci potrebbe permettere di avere un notevole vantaggio nella sperimentazione dei vaccini.
coronavirus cani abbandonati
Una delle cose che ha rallentato moltissimo la ricerca di un vaccino contro Hiv è stata la mancanza di modelli animali. Per questo virus, invece, potremmo averli. I nostri amici a quattro zampe potrebbero darci una mano fondamentale». Mentre Roberto Cauda, infettivologo del policlinico Gemelli di Roma, spiega che, analizzando i dati relativi ai contagi e vedendo che il numero di soggetti colpiti nel mondo supera il milione, mentre ci sono pochissimi casi di animali ammalati, «risulta evidente che il contagio avviene da uomo a animale, più che il contrario. Bisogna però tenere presente che il virus è venuto da un animale, non domestico, e che ha fatto salto di specie».
Il professor Cauda sottolinea quindi che «un contagio di ritorno da animale ad uomo potrebbe succedere, anche se, almeno in questo momento, gli animali non sono una sorgente di infezione. Ma questo virus impariamo a conoscerlo giorno dopo giorno. Ad oggi possiamo dire che gli animali domestici non sembrano essere coinvolti, quindi bisogna evitare di trattarli come nemici. Anzi, è necessario proteggerli e prendere precauzioni».
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E di precauzioni parla anche l'Istututo superiore di sanità, in una scheda realizzata da Umberto Agrimi, direttore del Dipartimento sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria. «Poiché la sorveglianza veterinaria e gli studi sperimentali suggeriscono che gli animali domestici siano, occasionalmente, suscettibili a Sars-CoV-2, è importante proteggere gli animali di pazienti infetti, limitando la loro esposizione». Secondo Agrimi, «non esiste alcuna evidenza che gli animali domestici giochino un ruolo nella diffusione di Sars-CoV-2 che riconosce, invece, nel contagio interumano la via principale di trasmissione».
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Ma visto che si tratta di una situazione in evoluzione, è necessario ridurre il più possibile l'esposizione degli animali al contagio, evitando contatti ravvicinati con pazienti infetti. Sono anche utili altre precauzioni di base: lavarsi bene le mani dopo avere accarezzato cani o gatti, o dopo avere toccato lettiere o ciotole, pulire le zampe degli animali dopo una passeggiata fuori, evitare di baciarli, di farsi leccare in faccia e di condividere cibo.
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Anche il ministero della Salute ha chiarito il rapporto tra diffusione del coronavirus e animali domestici: l'attuale livello di contagio in Italia «è il risultato della trasmissione da uomo a uomo - si legge nel vademecum - Ad oggi, non ci sono prove che gli animali da compagnia possano diffondere il virus».
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Tuttavia, specificano dal ministero, dal momento che gli animali e l'uomo possono condividere alcune malattie è necessario che vengano adottate sempre le normali misure raccomandate.
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