Marco Molendini per Dagospia
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Il nemico giurato di Billie Holiday era il figlio di un barbiere di origine svizzere, Harry Jacob Anslinger: da due anni era a capo del Federal bureau of narcotics, nato per combattere il traffico di alcol, ma il suo ufficio rischiava di chiudere.
Quando, nel '33, il proibizionismo viene abolito, per Anslinger è una pessima notizia e deve trovare un nuovo motivo al suo incarico. Fanatico ambizioso, razzista, senza scrupoli, alle spalle ha un suocero potente, Andrew Mellon, ministro del tesoro per tre governi, e James Hoffa il boss dell’Fbi tutto sommato è fatto della sua stessa pasta: sono figli di un’America intollerante e bieca.
A salvare il suo ufficio arriva la più intensa, la più infelice delle cantanti, distrutta dalla vita, dall'alcol, dalle dipendenze, Billie Holiday. E' la storia che racconta il film The United states versus Billie Holiday, diretto e prodotto da Lee Daniels (regista di The Butler), che ora è arrivato in sala (impigliato nella crisi del covid ha debuttato prima sulla piattaforma Hulu).
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Anslinger è l'altro protagonista della storia, nel film ha un ruolo secondario, in realtà è stato il vero antagonista feroce della vita di Lady Day. Un avversario senza scrupoli che, nella sua battaglia contro le droghe, era partito con un alleato potente come la neonata industria delle fibre sintetiche (di mezzo c'era Citizen Kane, l'editore Hearst) decisa a boicottare la concorrenza delle fibre naturali e, in particolare, della canapa.
Sono le fabbriche di tessuti in poliestere a finanziare una durissima campagna contro la marijuana associando il consumo di questa pianta ai più atroci fatti di cronaca nera di quel tempo. Il Federal bureau mette sotto controllo l'intero mondo dello spettacolo. In particolare l’ambiente della musica (negli archivi sono stati trovati files anche su Duke Ellington e Louis Armstrong).
Anslinger, nel 1937, durante un'audizione al Congresso degli Stati Uniti, dichiara: «Ci sono centomila fumatori di marijuana negli Stati Uniti, e la maggior parte sono negri, ispanici, filippini e gente dello spettacolo; la loro musica satanica, jazz e swing, è il risultato dell'uso di marijuana. Il suo uso causa nelle donne bianche un desiderio di ricerca di relazioni sessuali con loro».
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Quell’anno il presidente Roosevelt firma il Marijuana Tax Act che vieta la coltivazione di qualsiasi tipo di canapa, anche a scopo medicamentale e Anslinger si mette a capo della crociata, battezzando la marijuana the killer drug, la droga che porta al piacere di uccidere senza motivo.
E’ in quel momento che nella sua missione, animata da intolleranza e razzismo, appare Billie Holiday, perfetto simbolo da crocifiggere: ha successo, è nera, ha un lato debole che si presta al lavoro da fare. Ma, per questo incarico, ci vuole un agente che possa muoversi liberamente in quel mondo, così Anslinger chiama Jimmy Fletcher e gli ordina di metterla sotto controllo.
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Fletcher è nero, Anslinger detesta i neri, al bureau non può neppure salire in ufficio, deve fermarsi fuori dalla porta. La persecuzione viene innescata da una canzone che sa di sedizione e di droga: Strange fruit, composta da Abel Meeropol, scrittore ebreo e comunista, e adattata da Billie e dal suo pianista Sonny White: è il racconto cupo dell’America dei linciaggi, dei «Black bodies swingin' in the Southern breeze/ Strange fruit hangin' from the poplar trees («Corpi neri che oscillano nella brezza del sud/Strani frutti appesi ai pioppi»).
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Jimmy Fletcher, in un primo momento, si presenta a Lady Day nelle vesti del fan poi, su ordine di Anslinger, l'arresta (non per la canzone ma per la droga) e alla fine diventa suo amante: è il masochismo che ha incatenato Billie a uomini tremendi, e Fletcher era addirittura il meno peggio. Una vocazione al martirio confessata e cantata in tante canzoni come Fine and mellow: «Il mio uomo non mi ama, mi tratta in modo orribile, è l'uomo peggiore che abbia mai visto, ma quando comincia ad amarmi, è così bello e caldo».
Anslinger non mollerà mai Billie fino alla fine, non importa se con prove vere o costruite. Lo dichiara perfino nei documenti ufficiali dell’Fbi: “È politica di questo ufficio quella di creare discredito per i personaggi del calibro e della notorietà di Billie Holiday, perchè la loro notorietà diventa una scusa per i giovani consumatori”.
Il Federal bureau of narcitucs cercherà di incastrarla fino al letto di morte, al Metropolitan Hospital di New York City: l'accusano di avere tre grammi di eroina in una busta di alluminio. La minacciano, se non rivela il suo spacciatore, sarà portata direttamente in prigione.
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Le sequestrano fumetti, radio, giradischi, fiori, cioccolatini e riviste, l'ammanettano al letto, mentre due poliziotti si piazzano davanti alla porta. Sulla strada fuori dall'ospedale il reverendo Eugene Callender, un pastore di Harlem raduna un gruppo di manifestanti che agitano cartelli di protesta, “Let Lady Live": vorrebbe farla trasferire nella sua chiesa dove ha costruito una clinica per eroinomani. Ma Anslinger non molla. E Billie Holiday muore cosí a 44 anni, ammanettata al suo letto con quindici biglietti da cinquanta dollari legati alla gamba che aveva intenzione di dare alle infermiere che l'avevano accudita, per ringraziarle.
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Due anni dopo la morte di Lady Day Anslinger viene premiato dal presidente Kennedy e confermato a capo della sezione narcotici, anche se ha 70 anni e dovrebbe andare in pensione. Così la sua crociata va avanti in una sorta di delirio crescente. Arriva a sostenere che la dipendenza dalle droghe sia contagiosa. Malato, sofferente di cuore chiude la sua vita diventando a sua volta dipendente dalla morfina. Negli stessi anni della persecuzione verso Billie Holiday, si è scoperto poi, Anslinger forniva di morfina il senatore Joseph McCarthy a spese del bureau.
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