1 - OBAMA SCARICA I FRATELLI E SPINGE LE FORZE ARMATE A UNA TRANSIZIONE RAPIDA
Maurizio Molinari per "la Stampa"
Barack Obama ha tentato invano di spingere Mohammed Morsi a fare concessioni all'opposizione per scongiurare il peggio ma quando Washington ha compreso che il tentativo era fallito la scelta è stata di affidare al capo del Pentagono Chuck Hagel la gestione dei rapporti con i militari egiziani, ora al comando, nel tentativo di favorire una transizione politica morbida.
Hagel ha telefonato al ministro della Difesa, Abdel Fattah al Sissi, poche ore prima dell'escalation che ha portato alla defenestrazione di Morsi, trasmettendo il messaggio che i portavoci del Dipartimento di Stato riassumono auspicando proprio una «soluzione politica per l'Egitto».
BARACK OBAMA SI TOGLIE LA GIACCAGià in occasione della caduta di Hosni Mubarak era stato il ministro della Difesa, allora Robert Gates, a tenere i rapporti con le gerarchie militari egiziane accompagnandole verso la scelta della transizione democratica e adesso Obama ricorre allo stesso canale, facendo leva sulla credibilità del Pentagono con Fattah al Sissi, dovuta agli aiuti militari per 1,3 miliardi di dollari annui che arrivano da Washington.
BARACK OBAMAGeorge Little, portavoce del Pentagono, definisce «sensibili» i contenuti del colloquio fra i due ministri della Difesa, ricordando che nel comunicato emesso dalla Casa Bianca nella giornata di lunedì l'amministrazione aveva sottolineato di «non essere schierata con nessuna delle parti in Egitto».
La scelta di Fattah al Sissi di non adoperare l'espressione «colpo di Stato» e di parlare di «roadmap» verso la transizione appare una concessione alle richieste americane, tese a scongiurare un momento di rottura della legalità anche perché in tal caso il Congresso potrebbe decidere di sospendere gli aiuti militari.
PROTESTE IN EGITTO MANIFESTI CONTRO MOHAMMED MORSIIl maggiore timore di Washington riguarda adesso il rischio di reazioni violente da parte dei Fratelli Musulmani alla defenestrazione di Morsi perché potrebbero inscenare lo «scenario peggiore», ovvero scontri militari fra diverse fazioni, nel timore del quale il personale diplomatico non indispensabile è stato ritirato dal Cairo. L'estrema cautela con cui l'amministrazione Obama sta affrontando la defenestrazione di Morsi spiega anche la scelta del governo di Israele di evitare alcun tipo di reazione a quanto sta avvenendo al Cairo, per scongiurare qualsiasi tipo di strumentalizzazioni politiche in Egitto.
L'accelerazione della crisi egiziana era stata colta nel fine settimana da Washington ed aveva portato lunedì Obama a chiamare Morsi dalla Tanzania, chiedendogli con forza di compiere «passi significativi urgenti» verso le opposizioni in ragione del fatto che «la democrazia non è rappresentata solo dalle elezioni» ma anche da ciò che ne consegue, a cominciare dal dialogo fra maggioranza ed opposizione.
PROTESTE AL CAIRO CONTRO MORSIIl tentativo in extremis dell'amministrazione Obama - spiegano fonti diplomatiche a Washington - è stato di far compiere a Morsi aperture politiche tali da essere accettabili dalle opposizioni e anche dai militari ma il tentativo è fallito. Obbligando la Casa Bianca a fare i conti con il fallimento del dialogo fra gerarchie militari e Fratelli Musulmani sul quale aveva scommesso il successo del dopo-Mubarak, seguendo i consigli dell'Emiro del Qatar e della Turchia di Recep Tayyp Erdogan, accomunati dalla convinzione di poter di veder nascere un governo islamico moderato al Cairo.
PROTESTE AL CAIRO CONTRO MORSI
2 - GOLPE IN EGITTO, L'IMBARAZZO DEGLI USA: A RISCHIO 1300 MILIARDI DI AIUTI MILITARI
Dal "Messaggero"
La Casa Bianca sta seguendo con profondo imbarazzo gli sviluppi drammatici del Cairo. Una crisi che impensierisce il primo 'Independence day' del secondo mandato di Obama. Non solo perchè appena un anno fa il presidente aveva di fatto 'sdoganato' Morsi, uscito vittorioso dalle elezioni, e ora lo vede deposto da un movimento guidato dall'esercito, l'alleato storico degli States. Ma soprattutto perché, in seguito a una legge federale, gli Usa rischiano paradossalmente di non poter agevolare economicamente un futuro governo che sia in grado di mettere fuori dai giochi i detestati 'Fratelli Musulmani'.
RECEP ERDOGAN OBAMA MUBARAK GEORGE BUSH1300 milioni di dollari in aiuti militari. In gioco ci sono 1300 milioni di dollari in aiuti militari, verso uno degli alleati cruciali degli States nel Medio Oriente. Infatti, dato che Morsi è stato fatto fuori da un 'golpe' militare la legge statunitense costringe il Pentagono a tagliare immediatamente ogni sovvenzione all'Egitto. La norma federale parla chiarissimo: «Ogni aiuto non umanitario americano deve essere tagliato se dovesse andare a un governo di qualsiasi paese il cui governo eletto sia stato deposto da un colpo di stato militare o un decreto in cui le forse armate abbiano avuto un ruolo decisivo».
MUBARAKObama. «Tenuto conto degli sviluppi ho dato direttive alle agenzie e i dipartimenti competenti per valutare le implicazioni di legge rispetto agli aiuti americani al governo egiziano», ha detto Obama. Questi famosi 1300 milioni di dollari rappresentano il 20% dei fondi a disposizione delle Forze Armate, considerata l'istituzione pubblica più stabile del Paese.
Inoltre, ci sarebbero a rischio altri 250 milioni di dollari, sempre l'anno, versati dagli Usa come aiuti economici. In serata, puntuale, anche il Senato ha lanciato il suo avvertimento al riguardo. Patrick Leahy, presidente democratico della commissione del Senato che si occupa di controllare la gestione degli aiuti americani internazionali annuncia che la sua commissione è pronta a rivedere gli aiuti all'Egitto, in attesa di capire le prossime mosse dei militari.