Estratto dell'articolo di Simona Musco per www.ildubbio.news
NICOLA GRATTERI
Perché scegliere Nicola Gratteri alla guida della procura di Napoli? A dare la risposta è il corposo parere a suo favore, stilato dal consigliere Maria Luisa Mazzola, alla quale il 13 settembre toccherà il compito di illustrare la posizione del candidato. L’attuale procuratore di Catanzaro, secondo la relazione, sarebbe il nome migliore per l’ufficio requirente più grande d’Italia, in quanto «magistrato di eccezionale esperienza e di eccellente capacità investigativa oltre che di elevatissima preparazione giuridica, in ogni settore e, più specificatamente, nel settore della criminalità organizzata di tipo ‘ndranghetistico e del traffico internazionale di sostanze stupefacenti».
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A sostenere la sua nomina, stando ai rumors di Palazzo dei Marescialli, dovrebbero essere i laici di centrodestra, quello di Italia Viva, Ernesto Carbone, e quello indicato dal M5S, Michele Papa, assieme ai togati di Magistratura Indipendente, al consigliere di Unicost Antonino Laganà e l’indipendente Andrea Mirenda.
I dubbi riguardano una possibile frammentazione di MI, da concretizzarsi con l’astensione, e in relazione alla posizione del laico di FI Enrico Aimi. Le carte, dunque, sarebbero al momento «abbastanza coperte», fanno sapere alcuni consiglieri del Csm. Ma la vittoria dovrebbe essere quasi certa per il magistrato calabrese, che andrebbe a sostituire Giovanni Melillo, passato - proprio a sue “spese” - alla Direzione nazionale antimafia.
GRATTERI NORDIO
«Ampia e profonda è l’esperienza maturata dal dottor Gratteri nel contrasto ai fenomeni di criminalità organizzata - continua la relazione -, nella sua dimensione nazionale e transnazionale». E «particolarmente elevato» risulta il parametro relativo alle esperienze di vertice, prima in veste di aggiunto a Reggio Calabria e poi come capo della procura a Catanzaro, esperienze che «hanno occupato una porzione significativa del percorso professionale del dottor Gratteri, rendendo palese e incontestabile l’attitudine direttiva del medesimo candidato». Attitudine completata dalle capacità direttive, che hanno reso più efficienti i gruppi di lavori specializzati, e dalle capacità relazionali, dimostrate valorizzando tutte le figure presenti in ufficio.
ernesto carbone
A contendere il posto a Gratteri sono il procuratore di Bologna Giuseppe Amato e la reggente della procura di Napoli Rosa Volpe. Nomi che, in V Commissione, hanno raccolto un voto a testa e che dunque vedono la strada in salita. Ed è forse per questo che nella relazione a favore di Amato il togato Roberto D’Auria mette in fila le dichiarazioni di Gratteri davanti alla V Commissione, sottolineandone i difetti. In primis «la tendenza ad attribuire una minore considerazione ai gruppi di lavoro diversi dalla Direzione distrettuale antimafia», particolare che emerge dal suo commento su coloro che, conclusa l’esperienza antimafia, sono tornati a svolgere materie ordinarie.
«La Procura di Napoli è la più grande d’Italia e ovviamente c’è tanto lavoro - ha sottolineato Gratteri in Commissione -. Ci sono tendenzialmente dei magistrati anziani, sostituti di 50-60 anni, ci sono molti che hanno finito la Dda e sono tornati all’ordinaria, quindi sono tendenzialmente depressi». Insomma, Gratteri tenderebbe a «a sminuire la rilevanza di settori specializzati», come quello del contrasto all’abusivismo edilizio, «fenomeno particolarmente significativo nell’ambito del circondario di Napoli», sottolinea D’Auria, che ricorda la presenza di un apposito gruppo di lavoro competente in materia di ambiente, edilizia ed urbanistica.
michele papa
«Se io tengo il sostituto per cinque anni a occuparsi di balconi abusivi - ha però dichiarato Gratteri -, quello non si affeziona all’ufficio, pensa che il pomeriggio alle tre deve andare in palestra, pensa che alle due deve andare a fare canottaggio. Invece io gli do qualcosa, gli faccio capire che è importante, che tutti sono importanti, faccio fare le contestazioni in dibattimento anche a ragazzi che hanno due anni di servizio e ci sono ragazzi che hanno due-tre anni di servizio e hanno anche dieci cointestazioni di Dda».
Ma non solo: per il togato di Unicost sponsor di Amato, Gratteri avrebbe anche una «idea pregiudiziale», ovvero «che vi sia fisiologicamente una quota di magistrati che tenda a sottrarsi ai propri doveri o comunque a non impegnarsi a sufficienza, tanto da reputare necessario un controllo fisico sugli orari di presenza in ufficio».
Gratteri avrebbe infatti sottolineato che «se tu fino adesso sei stato abituato o hai deciso di arrivare alle 10.30 di mattina, se vado io a Napoli tu non vieni alle 10.30 di mattina, tu devi arrivare alle 8.30 del mattino e poi ti riposi la domenica. Cioè se tu vuoi fare Procura devi venire la mattina e te ne esci la sera, a meno che non sei in udienza».
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Sul punto il giudizio è tranchant: se certamente «è dovere del procuratore vigilare affinché non si creino sacche di inefficienza», spiega il magistrato, «è piuttosto semplicistico ipotizzare che un controllo sugli orari di permanenza in ufficio possa risolvere una tematica ben più complessa che deve anche confrontarsi con la peculiarità del lavoro del magistrato dell’ufficio di Procura».
Ma non solo: ad essere criticata è anche una concezione del ruolo del procuratore «improntata all’accentramento, tanto da avere rinunciato a farsi affiancare, a Catanzaro, da un dirigente amministrativo nella gestione della segreteria e da non riconoscere il ruolo dei sindacati e l’importanza del confronto con questi ultimi nell’ambito della gestione partecipata delle articolazioni amministrative dell’ufficio».
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Nonostante le lamentele, da parte dei capi degli uffici, relative all’assenza dei dirigenti, secondo Gratteri ciò sarebbe un vantaggio, in quanto «si va più veloce senza dirigente, perché ci sono certi uffici e certi settori dove i sindacati sono molto presenti e i sindacati spesso rallentano la vita».
E «se c’è qualcosa che non funziona» è Gratteri ad intervenire «subito». Dichiarazioni che «suscitano delle perplessità anche in ordine alle modalità di gestione e alle valutazioni dei magistrati appartenenti all’ufficio che dirige», afferma D’Auria. È stato lo stesso magistrato, infatti, a riferire «di un caso in cui, piuttosto che avvalersi degli strumenti previsti dall’ordinamento giudiziario e di canalizzare in tale fisiologico ambito la situazione di conflitto, consentendo all’interessato di far valere in contraddittorio le sue eventuali ragioni, avrebbe indotto un magistrato assegnato alla Direzione distrettuale antimafia, ritenuto sostanzialmente inadeguato al suo ruolo, a non presentare domanda per la riconferma alla scadenza del biennio in corso, prospettandogli il suo intendimento, in caso contrario, di redigere un rapporto non favorevole, per poi presumibilmente astenersi dall’evidenziare le riscontrate carenze nell’ambito dei momenti valutativi della professionalità del magistrato», si legge nella relazione.
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«Appena mi sono insediato a Catanzaro - ha spiegato Gratteri - c’era un magistrato che era scostumato perché maltrattava la polizia giudiziaria, cioè era quel tipo di magistrato che voleva che gli si portasse la borsa. Questo magistrato chiamò un capitano della Finanza e lo fece stare un’ora e mezza dietro la porta. Io ho saputo questa cosa (...) Allora cosa ho fatto io? Siccome questo sostituto non era una cima, mi mandava le cose per i visti e gli dissi “Non ho tempo, mandami tutto via e-mail che le voglio leggere” e allora gli correggevo errori di grammatica, raccolgo quattro-cinque di questi provvedimenti e li metto di lato, lo chiamo, eravamo a luglio, e alla presenza di due aggiunti gli dico “a ottobre, quando scadono i due anni della Dda, non fare domanda perché ti scrivo un parere che ti resta a vita nel fascicolo personale. Fai domanda di trasferimento. Ormai hai capito come sono fatto io, poi non mi piacciono le persone scostumate, mi piacciono le persone educate, hai lasciato aspettare il capitano, gli hai fatto perdere una giornata per venire da Paola a qua”. Presidente, gli ho portato fortuna ed è diventato procuratore della Repubblica».
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Quanto basta, secondo D’Auria, «a colorare in termini recessivi il profilo del candidato rispetto a quello del dottor Amato che, di contro, si presenta del tutto scevro da simili criticità».