Alessandra Retico per “la Repubblica”
GROSJEAN 1
La fortuna forse esiste, i miracoli per chi ci crede, ma a strappare Romain Grosjean alla morte è stato, in ordine sparso: l'abitacolo della sua macchina, i soccorsi immediati, l' aureola in titanio sopra la testa e la sua, di testa. Mezzo secolo fa, la Formula 1 avrebbe pianto un altro François Cevert, un Helmut Koinigg, un Lorenzo Bandini, un Ronnie Peterson, ragazzi uccisi in incidenti diversi o simili a quello del francese, morti per l' amore della velocità ma non altrettanto amati dal motorsport allora privo della tecnologia e delle norme di sicurezza oggi in pista.
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Romain, 34 anni, nato a Ginevra, una moglie e un figlio, alla sua terzultima gara in F1 e dopo uno strano messaggio come d' addio durante le qualifiche, si schianta frontalmente a 221 km/h contro il guard rail al primo giro del Gp del Bahrain dopo un contatto con l' Alpha Tauri di Daniil Kvyat. La sua Haas è piena di carburante (110 kg), sfonda le barriere di curva 3 e si spezza in due tra le fiamme, forse accese da una scintilla della parte elettrica del motore: un rogo che non si vedeva da tempo e che a lungo la tv non inquadra, ma che ha riportato all' improvviso indietro a Niki Lauda sul Nürburgring nel '76 o a Gerhard Berger a Imola nell' 89.
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Invece: il posteriore dell' auto si accascia ai bordi della pista, il muso trapassa le lamiere, ma la cellula di sopravvivenza della scocca made in Italy (Dallara) e l' Halo, l' aureola montata sull' abitacolo delle auto dal 2018 dopo tante polemiche perché ritenuta antiestetica ("infradito" era il miglior complimento), proteggono il pilota dall' impatto. Rimane cosciente, Romain, ha la prontezza di districarsi tra le lamiere, slacciare le cinture di sicurezza e uscire dall' incendio in cui abita per circa 10 secondi.
I piloti si allenano con procedure specifiche per questo, sperando che rimangano solo teoria. Trentasei secondi dopo il crash, la gara è sospesa, i marshall aprono gli estintori: la medical car guidata dal pilota sudafricano Van der Merwe e il dottore della Fia, Ian Roberts, soccorrono immediatamente Grosjean che scavalca con le proprie gambe il guard-rail con l' apparente conseguenza del solo piede sinistro privo della scarpa. Gli applausi rimbombano forti dalla pit lane piombata nel terrore del passato.
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Charles Leclerc, prima di rientrare ai box, chiede col cuore in gola informazioni e forse rivede qualcosa: il suo amico Jules Bianchi morto per le conseguenze dell' incidente in Giappone nel 2014? Romain è invece il sopravvissuto: lo sorreggono, poi lo distendono sulla barella verso il centro medico del circuito dove arriva anche il presidente della Fia, Jean Todt, paladino della sicurezza e fervente promotore dell' Halo. Da lì, in elicottero, verso l' ospedale militare di Manama dove rimane per la notte. I raggi X escludono fratture: ha solo delle bruciature alle mani. "Sto bene. Grazie alla Fia e ai medici. E pensare che qualche anno fa ero contro l' Halo: è la cosa migliore introdotta in F1" dirà in un videomessaggio.
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Un' ora e 20 di interruzione. Alla ripartenza, altro schianto: la Racing Point di Lance Stroll si capovolge sollevata sempre da Kvyat (il russo prende 10'' di penalità). Safety car.
Dopo la quale Sebastian Vettel (poi 13°) si sente aggredito in un sorpasso da Charles Leclerc (10°). Lewis Hamilton, che twitta complimenti alla Fia («ci si dimentica dei rischi che prendiamo»), naviga verso il suo 95° trionfo in regime di safety davanti alle Red Bull di Max Verstappen e Alex Albon. Terzo sarebbe stato Sergio Perez, se il retro della sua Racing Point non fosse finita in fiamme all' ultimo. Fuoco spento nel deserto.
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