Enrico Franceschini per il Venerdì – la Repubblica
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I diritti umani dovrebbero essere uguali per tutti. Nel calcio inglese, tuttavia, per alcuni sono più uguali che per altri. A mettere il dito nella piaga è Pep Guardiola, l' allenatore catalano che ha vinto tutto quello che poteva con il Barcellona, ha continuato a vincere con il Bayern Monaco e sta per vincere la Premier League con il Manchester City.
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Dopo la repressione degli indipendentisti in Catalogna da parte delle autorità spagnole, il Pep ha cominciato a indossare durante le partite un nastrino giallo di solidarietà con la terra in cui è nato e che gli ha dato gloria calcistica. Il regolamento della Football Association, la federazione calcio inglese, proibisce però a giocatori e allenatori di indossare simboli politici in campo. Dapprima la FA ha chiesto a Guardiola di smetterla. Al suo rifiuto, l' ha multato di 20 mila sterline (23 mila euro), un' inezia rispetto al suo contratto da 8 milioni di sterline l' anno, insieme a un monito per provvedimenti più severi in futuro.
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La risposta dell' allenatore, che non nasconde le simpatie per il movimento indipendentista, ha inizialmente guadagnato consensi. «In Catalogna ci sono delle persone, dei politici, in prigione per avere espresso un' opinione» ha detto. «Se può accadere a loro, può accadere a chiunque. Chiedevano soltanto un voto, un referendum. La soluzione giusta sarebbe stato concederglielo. Invece le autorità spagnole li hanno messi in carcere. È contro questo che io protesto».
Sennonché, nei giorni scorsi, a una conferenza stampa prima di un match, un giornalista inglese ha domandato a Guardiola cosa pensasse dei diritti umani di Ahmed Mansoor, un cittadino sbattuto in carcere negli Emirati Arabi (e forse torturato, secondo Amnesty International) perché si batte per la democrazia ad Abu Dhabi.
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«Ogni Paese decide come vuole vivere» ha risposto il Pep. «E se una persona decide di vivere in un certo Paese, è una sua decisione. Io vengo da un Paese che ha avuto una democrazia da molto tempo e cerco di proteggere questa situazione». A parte che la democrazia in Spagna non è poi così antica, risalendo alla caduta del franchismo nel 1975, a qualcuno le sue parole sono sembrate più che altro una scusa per non criticare lo sceicco Mansour, uno dei leader politici ed economici di Abu Dhabi oltre che proprietario del City, per il quale ha speso 1 miliardo e 200 milioni di sterline in sette anni vincendo due titoli e ora apprestandosi a vincerne un terzo. Insomma, Guardiola non si è messo contro il proprio datore di lavoro. I diritti umani in Catalogna e negli Emirati, per lui, non sono la stessa cosa.
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