Enrico Currò e Luca De Vito per repubblica.it
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Oggi l’assemblea dei soci dell’Inter approverà il bilancio al 30 giugno 2022 con un rosso di 140 milioni di euro, in miglioramento di 105 grazie alle cessioni di Lukaku (poi tornato in prestito) e Hakimi. E il presidente Steven Zhang, dopo la qualificazione agli ottavi di Champions, ribadirà che la società non è in vendita. Ma non si spengono le voci sulla cessione a una cordata Usa nei primi mesi del 2023. Arriva in queste ore la conferma delle potenziali conseguenze della causa intentata da un gruppo di banche cinesi, capeggiate da China Construction Bank, presso il tribunale di Milano.
Zhang, un’udienza scivolosa
La scivolosa udienza è slittata dal 14 novembre prossimo all’8 marzo 2023. Ma il rinvio non sposta i termini della vicenda. In caso di accoglimento dell’istanza delle banche della Repubblica popolare cinese - che reclamano da Zhang junior 257 milioni di dollari (poco più di 250 milioni di euro, quando venne presentata la richiesta) per prestiti e obbligazioni non onorati entro i termini pattuiti - si allungherebbe la lista dei creditori (l’attuale stima dei debiti sfiora i 700 milioni), lasciando alla famiglia proprietaria del gruppo Suning e del club pochi margini di ricavo, anche se riuscisse a vendere per l’alta cifra di 1,2 miliardi, la stessa dell’operazione Elliott-Red Bird al Milan.
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L’accusa è pesante: si chiede l’annullamento della delibera del Cda del 18 febbraio 2019, in cui Steven Zhang rinunciava “preordinatamente” agli emolumenti da presidente (914 mila euro, secondo il perito di parte): “per mantenere lo status quo di nullatenente al fine di pregiudicare il soddisfacimento dei creditori, sebbene conduca una vita più che agiata, guidando veicoli lussuosissimi, indossando orologi di grande valore e festeggiando in locali esclusivi”.
Zhang e la causa con China Construction Bank
La causa “cinese” è decisamente articolata. L’istanza è stata presentata al tribunale di Milano, sezione Imprese, il 5 luglio 2022. L’udienza davanti al giudice Alima Zana è stata spostata dal 14 novembre 2022 all’8 marzo 2023, però non si spostano le posizioni delle parti coinvolte.
La ragione del contenzioso giudiziario è che China Construction Bank, tra le maggiori banche della Repubblica Popolare di Cina, chiede appunto al giudice di invalidare la delibera del consiglio di amministrazione dell’Inter, datata 18 febbraio 2019, in cui venne nominato il Cda del club e approvò la richiesta del suo presidente Zhang Kangyang noto come Steven Zhang - allora ventottenne rampollo di Jindong, fondatore del gruppo Suning leader nel settore degli elettrodomestici in Cina – “che aveva manifestato preventivamente il consenso a non ricevere compenso in relazione alla carica”. Zhang junior rinunciava volontariamente allo stipendio, anche se la crisi economica dovuta alla pandemia non si era ancora manifestata.
Inter, il prestito da 165 milioni di dollari
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La cronistoria dei fatti successivi parte dal 20 agosto 2020, quando viene stipulato il contratto di finanziamento tra Great Matrix Limited (amministratore unico Steven Zhang, sede nelle Isole Vergini Britanniche) e un pool di finanziatori: Tai Fung Bank per 70 milioni di dollari, China Sichuan International Investment per 10, stessa cifra per Cmbc Capital Finance, Cmb International Finance per 47, Mega Prime Development e Spd Silicon Valley per 10, e Poly Legend International per 8: totale 165 milioni di dollari.
Il prestito, argomenta l’istanza, ha lo scopo “di rifinanziare l’indebitamento derivante da un precedente finanziamento e da un accordo di obbligazioni del 19 luglio 2019”. Great Matrix, si ricorda, non è una società qualsiasi: “fa parte del gruppo Suning (Suning Holding Group), terza per dimensioni tra le società cinesi non statali, che ha acquisito tramite la partecipata lussemburghese Great Horizon Sarl la maggioranza delle azioni dell’Fc Internazionale Milano”.
Gli Zhang fanno da garanti
I garanti del finanziamento sono la società Suning Appliance Group, azionista di Suning.com, e in via personale i due Zhang, Steven e Jindong. Si stabilisce che Great Matrix dovrà rimborsare “tutti gli interessi maturati e non pagati per intero entro la scadenza del rimborso finale (il 10 settembre 2021), perché CCB (China Construction Bank) li possa ridistribuire ai finanziatori”. Il tasso di interesse è del 7% annuo, quello di mora del 6%.
Zhang e le obbligazioni da 85 milioni di dollari
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Sempre il 20 agosto 2020 viene sottoscritto un accordo tra Great Matrix e CCB per obbligazioni garantite, come il prestito suddetto, dalla società Suning Appliance e personalmente dagli Zhang padre e figlio. La cifra è di 85 milioni di dollari, ripartiti tra Cmb (30), Vandi Investment (30) ed Excel Merchant (25). Il tasso è del 7%. Viene pattuito che CCB, in qualità di mandataria, abbia facoltà “senza preavviso di avviare i procedimenti per dichiarare le obbligazioni scadute e pagabili”. La data di scadenza fissata è il 10 settembre 2021 e la somma tra prestito e obbligazioni è facile. Steven Zhang “rilascia garanzia personale per un totale di 250 milioni di dollari”.
I debiti scaduti nel luglio 2020
Secondo l’istanza, però, nel luglio 2021 si verificano “eventi di insolvenza”. Il primo è “il superamento, da parte di Suning.com Co, società quotata definita quale filiale rilevante di Suning Appliance, della soglia massima di debiti scaduti di 50 milioni di dollari, avendo Suning.com totalizzato, in base ai bilanci pubblicati in data 12 maggio 2021 per l’anno 2020, una soglia di debiti scaduti di 1 millione 738 mila dollari”.
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Il secondo evento è “il superamento, da parte di Great Matrix, della soglia massima di debiti scaduti di 50 milioni di dollari, avendo totalizzato debiti scaduti per circa 737, 7 milioni di dollari, in base al database gestito dalla banca dati della Banca Popolare cinese in materia di crediti”.
Il processo in Cina
Il 2 agosto 2021, CCB presenta dunque ricorso all’Alta Corte della Regione amministrativa di Hong Kong “per chiedere la condanna di Steven Zhang al pagamento di 257, 5 milioni di dollari più interessi”. Ma il 10 settembre 2021 né Great Matrix né gli Zhang restituiscono il debito, che in Cina diventa esecutivo, anche se Steven si era difesi parlando anche di documenti contraffatti a sua insaputa.
Un presidente nullatenente
La vicenda giudiziaria lo ha inseguito anche in Italia. Asserisce l’istanza che anche in Europa, dove Steven risiede ormai abitualmente, spunti l’inghippo. Perché il presidente dell’Inter “non risulta intestatario di alcun bene registrato o di immobili, nella Repubblica Popolare cinese o in Italia, né titolare di imprese individuali e percettore di redditi da lavoro dipendente e socio di società di persone o capitali in Italia”. In sostanza, ufficialmente non possiede nulla e non può dunque pagare i creditori.
L’azione legale
A quel punto le banche cinesi si muovono anche in Italia. E chiedono, in base all’articolo 2901 primo comma del codice civile, “la declaratoria di inefficacia della delibera del Cda dell’Inter del 18 febbraio 2019”. La tesi è che la rinuncia al compenso di presidente da parte di Steven Zhang vada annullata perché “arreca pregiudizio alle ragioni creditorie di tutti i suoi creditori”. Zhang sarebbe un garante fittizio proprio perché ha deciso di rinunciare allo stipendio, mentre “per la presunzione di onerosità del mandato” la carica di amministratore va assolutamente pagata. Il ruolo determina infatti “l’insorgere del diritto al compenso: lo stesso statuto della società Fc Internazionale, all’articolo 10.8, non prevede l’incarico a titolo gratuito”.
tifosi interisti contro la famiglia zhang
La perizia: un presidente di Serie A vale un milione l’anno
A supporto dell’argomentazione che fare gratis il presidente di un club di serie A sia una forzatura e che nel caso specifico abbia reso “impossibile o comunque significativamente problematica e certamente più difficoltosa” la riscossione del credito delle banche cinesi, si fa leva sulla perizia affidata a un commercialista e revisore contabile. Il quale stima in 914 mila euro l’anno lo stipendio plausibile per un presidente di serie A, sulla base delle analogie con i presidenti dei Cda di Milan, Juventus e Lazio.
L’atto di rinuncia a una cifra del genere da parte di Zhang junior sarebbe stato perciò “dolosamente preordinato”. Obiettivo: fare sì che, dopo avere ottenuto i prestiti e le obbligazioni suddette dalle banche cinesi, alla data di scadenza gli fosse impossibile rimborsare i creditori. Invece, “sulle testate dei principali quotidiani e su altri media, viene riferito che conduce una vita più che agiata”.
L’attacco finale
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L’accusa delle banche cinesi diventa durissima nella parte finale dell’istanza. Dove si asserisce che Steven abbia voluto “mantenere il suo status quo di nullatenente, contraendo un finanziamento di oltre 257 milioni di dollari che mai avrebbe potuto garantire e che infatti non ha mai rimborsato”. La sua volontà di nuocere, “l’animus nocendi”, sarebbe dimostrato dalla circostanza che, “pur privo di beni e redditi assolutamente necessari per vivere, soprattutto con altissimo tenore, abbia rinunciato in maniera inopinata e ingiustificata a un compenso pari a 914 mila euro l’anno”. Adesso la palla passa al giudice, che deciderà a marzo.
Nel frattempo si saprà se le indiscrezioni sulla cessione dell’Inter si saranno concretizzate. Oppure se Steven Zhang, come ha dichiarato con ostentata sicurezza nelle ore in cui festeggiava il quarto anniversario da presidente (fu eletto il 26 ottobre 2018), sarà ancora in sella, nel suo ufficio di viale della Liberazione.
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