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    SESSO, TRADIMENTI, OSSESSIONI: ALESSANDRO HABER SI RACCONTA IN UN LIBRO: “A 5 ANNI VOLEVO GIÀ RECITARE, AL DEBUTTO FECI LA PIPÌ IN SCENA. MIA MADRE HA FATTO FINTA, PER LA VERGOGNA, CHE NON FOSSI FIGLIO SUO - A PIAZZA NAVONA ORSON WELLES MI SCAMBIO’ PER UN POVERACCIO CHE CERCAVA LAVORO E MI ALLUNGO’ UN SIGARO” - LE TELEFONATE CON PASOLINI: "QUANDO APPRESI DELLA SUA MORTE RIMASI DI MERDA" -  E POI RIVELA IL MOTIVO DELLA CITAZIONE DI GIGI BAGGINI (L'ATTORE FALLITO NEL FILM "IO LA CONOSCEVO BENE") NEL TITOLO DEL LIBRO - VIDEO


     
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    Emilia Costantini per corriere.it

     

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    Quando da bambino viveva con la famiglia a Tel Aviv, gli piaceva andare allo zoo. «Mi incantavo davanti agli animali — racconta Alessandro Haber — e in particolare adoravo i gorilla: gli buttavo tante noccioline, loro mi sorridevano e me le ributtavano. Avrei voluto giocare con loro ed entrare nella gabbia, che era una specie di palcoscenico». 

     

    Volevo essere Marlon Brando (ma soprattutto Gigi Baggini) (Baldini+Castoldi) si intitola l’autobiografia dell’attore, dal 30 settembre nelle librerie, dove il racconto sincero, appassionato, creativo e anche nevrotico, straparlante, «haberrante» si dipana senza censure dall’infanzia all’attuale maturità, tra prime teatrali, provini andati bene e quelli andati male, avventure, invidie, occasioni perse, sesso e tradimenti.

     

    Ma Gigi Baggini che c’entra?

    «Vi ricordate il personaggio impersonato da Ugo Tognazzi nel film Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli? È un attore fallito, che viene continuamente preso in giro dagli altri, chiede lavoro e nessuno se lo fila. Ebbene io ho visto per la prima volta quel film a 18 anni e ho subito pensato, masochisticamente, di diventare come lui. L’ho portato con me per tutta la vita e continuo a tenermelo vicino per riscattarlo, anche come monito, per dare una possibilità a quelli che non ce la fanno a conquistare un posto al sole, il palcoscenico».

     

    A cominciare dal palcoscenico nella gabbia dei gorilla?

    scazzo tra paolo fox e alessandro haber a domenica in 3 scazzo tra paolo fox e alessandro haber a domenica in 3

    «Certamente! Volevo fare l’attore sin da quando avevo 5 o 6 anni. Una strana ossessione, una malattia... mi travestivo, inventavo spettacolini per i miei genitori, ero scatenato».

     

    Per questo è stato espulso dalla scuola?

    «Espulso? Sono proprio scappato! In Israele, dove ho vissuto fino ai 9 anni, in collegio i Frères mi picchiavano sulle mani con il caucciù perché in verità ero incontenibile, rispondevo male, avevo sempre la battuta impertinente: meglio le botte che studiare. E una volta mi sono rifugiato ai margini di un bosco, un’avventura decisamente molto trasgressiva, ma purtroppo calò la sera, si fece buio, faceva freddo... e cominciai ad avere paura.

    luca barbarossa haber panatta marcorè luca barbarossa haber panatta marcorè

     

    Per fortuna, vedevo da lontano le luci della città, che un po’ mi rassicuravano. Sono rimasto là fino all’alba, quando finalmente mi ha ritrovato mio padre: ero salvo! Però ancora oggi, quando vado a dormire, non riesco ad addormentarmi in una camera completamente buia, ho bisogno che la serranda lasci filtrare un po’ di luce, non riesco a sostenere le tenebre totali, con l’oscurità mi assale un senso di claustrofobia».

     

    Insomma, alla fine è riuscito a ottenere un diploma?

    «Quando siamo tornati in Italia, prima a Castiglione dei Pepoli poi a Verona, i professori mi picchiavano con il battipanni, ma non provavo grande dolore, perché evidentemente sentivo che le botte me le meritavo.

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    Le medie le ho fatte in sei anni, perché prendevo sempre 4 in condotta e non potevano mai promuovermi all’anno successivo. Mi era già cresciuta un po’ di barba quando raggiunsi il diploma, pagato da mio padre. A me quel pezzo di carta non è mai interessato, non era da incorniciare: l’unico mio obiettivo era fare l’attore. E il mio primissimo debutto avvenne proprio a Tel Aviv, nel teatro parrocchiale, facendomi la pipì sotto...».

     

    Per l’emozione di trovarsi di fronte al pubblico?

    «Macché! Avevo 7 anni e mi affidarono il ruolo di protagonista nella recita scolastica, ma a un certo punto con i compagni ci venne da ridere, non ricordo il motivo, forse perché qualcuno di noi aveva sbagliato una battuta o non si era ricordato una frase del testo da pronunciare. Insomma, rido talmente tanto che comincio a pisciare ed era talmente tanta, che il rigagnolo scende piano piano lungo il palcoscenico, cade giù in platea e finisce ai piedi del preside.

     

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    Mia madre, presente in sala, credo abbia fatto finta, per la vergogna, che non fossi figlio suo. Un debutto di m... D’altronde lei, quando poi ho iniziato il mio percorso, mi ripeteva sempre “cambia mestiere!” e io rispondevo testardo no, non cambio! Era preoccupata per il mio futuro, mi vedeva inquieto, piangevo, mi disperavo quando non venivo preso in qualche spettacolo o film e poi, quando finalmente ho cominciato a partire per le tournée, si raccomandava supplicandomi: “non farti subito riconoscere”».

     

    Risultati scolastici piuttosto scarsi. Come ha fatto a imparare a recitare?

    «Volevo andare a New York, all’Actors Studio, perché il mio mito, appunto, era Marlon Brando. Ma i miei erano spaventati dall’idea che partissi da solo per l’America. Così decisi di andare a Roma, per frequentare l’Accademia Silvio d’Amico. Purtroppo, però, quando arrivai le iscrizioni erano già chiuse, così mi informo e mi segnalano la scuola di Alessandro Fersen: usava il metodo Stanislavskij , perfetto per me che sognavo l’Actors Studio! Decisi di fare il provino».

     

    Lo superò?

    scazzo tra paolo fox e alessandro haber a domenica in 5 scazzo tra paolo fox e alessandro haber a domenica in 5

    «Andò benissimo tanto che, siccome avevo ancora 17 anni, quindi ero minorenne, Fersen pur di accogliermi nella sua scuola, avendo capito che ero dotato di un certo talento, camuffò la mia data di nascita sull’iscrizione, come se avessi già 18 anni».

     

    Marlon Brando però non l’ha conosciuto.

    «No, ma ho incontrato per strada Orson Welles... non a New York. Ero a piazza Navona con dei colleghi a fare progetti di lavoro e, a un certo punto, vedo un omone che si avvicinava procedendo a passo lento. Non potevo crederci, era proprio lui! Mi alzo di scatto e gli vado incontro, gli attacco bottone, manifestandogli tutta la mia ammirazione, lui non capiva niente di quello che stavo dicendo e, mentre stava per accomodarsi in una lussuosa limousine, mi allunga una mano, regalandomi un sigaro. Sicuramente mi aveva preso per un poveraccio che cercava lavoro».

     

    L’esordio nel cinema avviene con Marco Bellocchio nel film «La Cina è vicina».

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    «Già, la Cina... a ripensarci oggi con il Covid mi fa un po’ impressione. Quello fu un film direi profetico. I cinesi hanno grande potere di acquisto, di armamenti, la loro è un’invasione lenta, meditata, stanno facendo tabula rasa di tutto e vogliono assumere il potere mondiale che, finora, è sempre stato degli americani... li stanno scalzando. Non so cosa ci sia dietro al tristemente noto laboratorio da dove sarebbe sbucato fuori il virus, non so se dietro alla pandemia ci sia un business, se c’è una mente che sta facendo il buono e il cattivo tempo. Un fatto a mio avviso è certo: siamo marionette sotto a una lente di ingrandimento».

     

    Con «Orgia» di Pasolini ha riscosso uno dei suoi primi successi in palcoscenico. Ha conosciuto lo scrittore?

    «Pier Paolo venne a tenere un seminario proprio mentre frequentavo la scuola di Fersen. Il suo sguardo penetrante mi affascinava e la sua vocina sottile con l’accento del Nord era magnetica. Non so come, ero riuscito a trovare il numero del suo telefono di casa, all’epoca i cellulari non esistevano, ma tutte le volte che telefonavo per parlare con lui, mi rispondeva sempre la mamma carina, gentilissima, dicendomi che suo figlio in quel momento era impegnato e non poteva venire al telefono.

     

    IL FINTO FUNERALE DI ALESSANDRO HABER IL FINTO FUNERALE DI ALESSANDRO HABER

    Quando è morto mi trovavo a Londra, per un lavoro in tv. Tornato in hotel, accendo la televisione e apprendo la notizia: sono rimasto di m... attonito. E il fatto incredibile è che, dieci anni dopo, mi trovavo di nuovo nella capitale inglese, quando mi telefona il mio agente per propormi di interpretare Orgia con la regia di Mario Missiroli... mi venne la pelle d’oca. Pasolini era un grande poeta, scrittore a tutto tondo, fuori dal coro. Mi sono sempre piaciuti gli atipici».

     

    Per un tipo «atipico» come lei, cosa significa fare l’attore?

    «Essere vero. Se sei vero sei credibile, è una giostra dove la finzione diventa verità. Non so chi sono io, so di certo chi sto interpretando. Attraverso i personaggi che incarno, con i quali faccio l’amore, imparo a conoscermi un po’ di più e, andando avanti con l’età, il modo migliore è lavorare fino allo sfinimento, agli ultimi giorni di vita, ubriacarsi di impegni continui, perdersi in tanti ruoli per dimenticare la realtà, non pensare alla morte. L’importante è rispettare rigorosamente il pubblico che ci aiuta a esistere, bisogna essere sempre disponibili e non deluderlo mai fino al paradosso...».

     

    Quale paradosso?

    ALESSANDRO HABER IN UOMINI UOMINI UOMINI ALESSANDRO HABER IN UOMINI UOMINI UOMINI

    «Faccio un esempio. Quella volta ero in motorino, mi viene addosso una Vespa, cado, mi rompo tre costole, ma il giorno dopo dovevo debuttare al Quirino con Woyzeck di Georg Büchner! Stavo ancora per terra e vengono a soccorrermi dei ragazzi: mi riconoscono e mi chiedono un autografo. Non riuscivo nemmeno a respirare, eppure non ho potuto dirgli di no... e ho firmato gli autografi».

     

    Poi è riuscito a debuttare?

    «Come no? Prima che si alzasse il sipario, mi rivolsi alla platea, spiegando quel che mi era successo il giorno prima, mi scusai per la mia voce non eccezionale, ma non volevo deludere gli spettatori e sarei andato in scena lo stesso. Un lungo applauso e il sipario si alzò per celebrare il rito della messinscena».

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    Qual è il ruolo più difficile che ha dovuto affrontare?

    «Quello di padre, che la mia adorata figlia Celeste mi costringe a interpretare da quando è nata 17 anni fa. Mi sento inadeguato, comunque ci sto provando, lo sto vivendo per lei, che è stato un regalo di Antonella, la donna che ho sposato tre anni fa dopo che ci eravamo lasciati. Se non avessi Celeste sarei vuoto, arido, abbrutito. Di sicuro non sono un bravo genitore, non riesco a dirle mai di no, non sono capace a imporle delle regole... insomma il personaggio di padre mi riesce davvero male».

    gigi baggini 19 gigi baggini 19 alessandro haber vs. carlo verdone 4 alessandro haber vs. carlo verdone 4 haber maledetti amici miei haber maledetti amici miei alessandro haber alessandro haber

     

    alessandro haber foto di bacco alessandro haber foto di bacco alessandro haber alessandro haber Alessandro Haber e Simona Izzo Alessandro Haber e Simona Izzo Alessandro Haber e Simona Izzo Alessandro Haber e Simona Izzo ROCCO PAPALEO CON ALESSANDRO HABER FOTO ANDREA ARRIGA ROCCO PAPALEO CON ALESSANDRO HABER FOTO ANDREA ARRIGA Andrea Occhipinti e Alessandro Haber Andrea Occhipinti e Alessandro Haber haber in viaggio con adele haber in viaggio con adele Alessandro Haber Alessandro Haber haber ferrari in viaggio con adele haber ferrari in viaggio con adele alessandro haber alessandro haber rino barillari alessandro haber rino barillari alessandro haber Alessandro Haber e Antonella Bavaro Alessandro Haber e Antonella Bavaro haber de sio haber de sio papaleo haber papaleo haber alessandro haber alessandro haber

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