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Stefano Mancini per “la Stampa”
Gioco, partita, incontro: Lewis Hamilton chiude i conti alla seconda curva «accompagnando» fuori pista Nico Rosberg. È la fine della gara, che vincerà un’ora e mezzo dopo in solitudine. E del campionato. Troppo ampio il vantaggio, 48 punti sul compagno di squadra, troppo grande il divario tecnico per pensare a una rimonta.
I fuoriclasse sono così, un gesto, un’azione e decidono il risultato. Anche Sebastian Vettel si arrende: ci ha provato con tutti i mezzi e alla fine, felice del terzo posto, prenota la sfida per il prossimo anno.
Primo match ball ad Austin
La cosa importante, per Hamilton, è immedesimarsi sempre più con Ayrton Senna. Ieri ha compiuto un grande passo avanti firmando il successo numero 41°: «Ho raggiunto il mio mito, non mi sembra neanche vero». Inoltre ha messo le mani sul terzo titolo mondiale.
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È solo questione di tempo: il primo match ball potrebbe essere tra due Gp, ovvero ad Austin, o più facilmente a Città del Messico. Addio fantasmi di Singapore, la macchina che si rompe, le gomme che non vanno, la sindrome del complotto. In Giappone Lewis ritrova la Mercedes che piace a lui e il risultato gli viene naturale per l’ottava volta quest’anno.
È persino noiosa la facilità con cui rimane davanti: Suzuka per una volta non regala emozioni, se si escludono la partenza e i duelli a centro e fondo gruppo, protagonista soprattutto Verstappen, per l’ultima volta in pista da minorenne: ieri è risalito dalla sedicesima alla nona posizione, da dopodomani potrà dare l’esame per la patente. Alla fine, il leader della classifica si riconcilia con la Pirelli («pneumatici straordinari soprattutto nell’ultimo stint») e fa a pacche sulle spalle con Vettel, che gli promette vita dura il prossimo anno.
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L’unico con cui non riesce a riconciliarsi è Rosberg, che si lamenta di essere stato maltrattato alla partenza («ho evitato una collisione, non ho altro da dire»), ma deve solo fare un mea culpa per essere partito male. Niki Lauda interviene: «L’unico incidente tra i due rimane quello di Spa nel 2014. Lewis e Nico sono due professionisti, è normale che siano aggressivi al via». Secondo il presidente onorario di Mercedes, l’importante è aver ristabilito le distanze dopo il Gp di Singapore dominato una settimana fa dalla Ferrari. E’ questione di circuiti.
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Maranello guarda avanti
Nel box vicino, Maurizio Arrivabene sfoglia l’elenco dei Gp rimasti: «Sochi, difficile come Suzuka, Austin anche. Poi il Messico che è un’incognita per tutti, il Brasile 50 e 50, dipende dal meteo. E alla fine Abu Dhabi, nostra pista preferita».
Il team principal ha tracciato la strada: vincere il quarto Gp all’ultimo appuntamento del 2015, approfittando delle condizioni favorevoli della pista e della pancia piena della Mercedes, che nel frattempo avrà brindato sia al titolo piloti sia a quello dei costruttori.
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In questi due mesi che mancano alla fine saranno spesi gli ultimi quattro gettoni per migliorare il motore. Non sarà una scelta indolore, perché imporrà una penalizzazione di dieci posti (la Ferrari sta già usando il quarto e ultimo motore consentito), ma servirà a collaudare componenti per il progetto 2016. Nell’attesa, Vettel fa una promessa: «Quest’anno il titolo è quasi impossibile, ma io ci provo. Altrimenti che pilota sarei?».
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