Manuela Pivato per La Nuova Venezia
Allora? Allora non ci sarà nessun 18 maggio, né primo giugno; i fuochi resteranno spenti, i rotolini delle tovaglie di lino nell’armadio; mancheranno il mormorio delle stoviglie, il bisbiglio degli ospiti, perché l’Harry’s Bar resta chiuso.
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Inconciliabili, quasi offensive, le misure di distanziamento imposte dal coronavirus con l’anima del locale, fatta di sedie basse, tavoli piccoli, gomito a gomito. Arrigo Cipriani ha fatto due conti e ha proiettato “il Bar” direttamente nel dopo pandemia.
Impossibile riaprire, dunque?
«E’ semplice. Il piano terra ha una superficie di circa quaranta metri quadrati. Calcolando che ci devono essere quattro metri quadrati per ogni cliente, togliendo l’ingombro del banco e il sentiero dei camerieri, potrei avere al massimo sei o sette clienti per volta. Una follia».
Ha in mente un’altra data possibile per riprendere?
«Fino a quando dura il distanziamento tra le gente, noi restiamo chiusi. La nostra bandiera è l’ospitalità, l’arredamento sono i clienti. Siamo sempre stati improntati alla libertà, alla mancanza di imposizione. Impossibile immaginare camerieri con la mascherina e i guanti che raccolgono lo sporco dappertutto».
Potrebbe essere ancora lunga.
«Purtroppo ormai il virus è entrato anche nella testa. Ormai siamo in mano agli esperti».
Avete pensato al take away?
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«Per l’asporto ci vogliono almeno cinque persone, e comunque non andrebbe. Persino nel nostro locale di New York non funziona granché, mentre a Londra ha un discreto successo».
E l’Harry’s Dolci alla Giudecca?
«Lì è diverso, perché è all’aperto e comunque il Dolci non riaprirà prima di luglio. Stiamo cercando la quadratura del cerchio per il lavoro presunto, calcolando che il 60 per cento della nostra clientela è straniero. Ora ci chiediamo per chi riapriamo».
Come vede il futuro?
«Non credo che tutti si rendano conto di quello che è realmente successo. Qui il turismo è azzerato. Tra un mese ci sarà solo gente che piange e la cassa integrazione sarà finita».
E per Venezia?
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«La città ha una grande occasione per ripartire, e la base di partenza è la popolazione. Abbiamo già 6 mila studenti, che sono ipoteticamente 6 mila nuove famiglie. Bene. Ora bisogna andare dai b&b e convincerli a dare gli appartamenti ai giovani a prezzi calmierati. Se un ragazzo ha la fortuna di studiare a Venezia per qualche anno, state sicuri che non se ne va più».
E poi?
«E poi l’artigianato non deve pagare le tasse. Se ci sarà ancora l’Europa, qualche istituzione potrebbe aprire la sua sede in laguna. La cultura è l’altro pilastro. E poi via le bancherelle, i negozi di paccottiglia. Via anche il ticket. Al suo posto, una tassa sulla città. Come compensazione, ad esempio, i veneziani potrebbero non pagare l’immondizia».
Come ha passato la quarantena?
«Ho fatto qualche passeggiata e sono andato in barca a Torcello per vedere come stanno i miei carciofi».
E come stanno?
«Benissimo. Li stiamo raccogliendo e li mettiamo via con un metodo che ne conserva la freschezza».
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Si è tenuto in forma?
«Ogni mattina sollevo venticinque chili per novanta volte. Mi sto allenando a dare pugni mortali». —
arrigo cipriani harry's bar 4 ARRIGO CIPRIANI arrigo cipriani e elena bonelli