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    HI WEIWEI...BYE WEIWEI! - L'INGHILTERRA DÀ IL VISTO ALL'ARTISTA CINESE, MA SOLO PER 20 GIORNI: 'HA MENTITO NELLA DOMANDA: È STATO IN PRIGIONE IN CINA E NON LO HA DETTO' - PER I SUOI FAN, È UN MODO PER EVITARE LA SUA PRESENZA IN REGNO UNITO DURANTE LA VISITA DI XI JINPING


     
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    1. UN VISTO “LIMITATO”PER AI WEIWEI BUFERA A LONDRA PER IL DISSIDENTE

    Vincenzo Nigro per "La Repubblica

     

    ai weiwei passaporto ai weiwei passaporto

    I “mandarini” del Foreign Office, gli ambasciatori che governano gli interessi della politica estera britannica, l’hanno studiata per bene. Ai Weiwei, l’artista che è diventato il simbolo (controverso) del dissenso politico cinese, non appena riottenuto il passaporto dal suo governo aveva programmato una serie di viaggi in Europa. La Germania gli ha concesso un visto Schengen di 6 mesi con cui potrà entrare e uscire da 25 paesi europei in tutta libertà. Il 9 settembre la Royal Academy of Arts di Londra aprirà una mostra personale delle sue opere, e lui avrebbe voluto esserci, arrivando in anticipo per aiutare ad allestirla.

     

    Non sarà possibile. Il Foreign Office gli ha garantito un visto per soli 20 giorni, lo stretto indispensabile. E soprattutto un periodo di tempo che non gli permetterà di essere in Gran Bretagna quando in ottobre a Londra arriverà il presidente cinese Xi Jinping. Per ora l’artista ha iniziato il viaggio in Germania, ieri sera è arrivato a Monaco: «Qui è dove vive mio figlio, volevamo stare insieme, non lo vedo da anni, ancora non ho fatto piani per il mio viaggio ».

     

    ai weiwei lettera dall inghilterra ai weiwei lettera dall inghilterra

    La scusa con cui i burocrati britannici hanno presentato la loro manovra è che nella sua domanda di visto Ai Weiwei, 57 anni, ha dimenticato di precisare di aver subito «condanne criminali». Ma Ai è stato incarcerato nel 2011 per 81 giorni senza nessun capo d’accusa, senza essere ascoltato o giudicato e tantomeno condannato da nessun giudice. Solo un’azione di polizia per intimidirlo, per ricordargli le regole che deve rispettare, ovvero che il sistema non si può criticare. Aveva preso di mira i funzionari del regime e la loro corruzione anche nell’emergenza del terremoto nel Sichuan.

     

    L’artista ieri ha diffuso su Instagram la lettera con cui il consolato di Pechino gli spiega perché gli viene concesso un visto di soli 20 giorni. La lettera è da perfetto burocrate: «È un fatto di pubblico dominio che lei ha ricevuto in passato una condanna per attività criminali in Cina, e lei non l’ha dichiarato». L’artista spiega di aver «più volte» cercato di chiarire l’equivoco con l’ambasciata, senza essere ascoltato.

     

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    La verità è che in ottobre arriverà a Londra in visita di Stato il presidente Xi: secondo il Financial Times «un visto di sei mesi avrebbe potuto rendere possibile la presenza nel paese dell’artista durante il soggiorno del presidente. Motivo di imbarazzo per il governo britannico, che negli ultimi anni ha lavorato duramente per migliorare le sue relazioni con Pechino».

     

    Nel frattempo dal mondo del dissenso e della difesa dei diritti umani cinesi è partita una compagna contro la candidatura di Pechino per le Olimpiadi invernali del 2022. Un gruppo di attivisti ha scritto al Comitato Olimpico Internazionale, che si riunisce oggi in Malesia. Tra i promotori c’è anche l’avvocato per i diritti umani cieco Chen Guancheng e il legale Teng Biao. I promotori spiegano che sotto il governo di Xi Jinping la Cina sta vivendo «una vera e propria crisi dei diritti umani con un’escalation di violenza mai vista prima del 2008».

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    È dal 2013 — anno in cui Xi è salito al potere — «che la situazione è peggiorata nettamente. La lotta alla corruzione contro le “tigri” e le “mosche”, nomi piccoli e grandi della scena cinese, ha portato a un giro di vite senza precedenti in cui sono finiti in manette anche giornalisti, intellettuali, funzionari e attivisti contrari al partito ». Secondo Chinese Human Rights Defenders, «almeno 1800 attivisti per i diritti umani sono stati arbitrariamente arrestati da quando il presidente cinese è salito al potere, di cui 260 solo nelle ultime settimane ». Tutti vogliono fare affari con la Cina, ogni tanto qualcuno ci ricorda l’altra faccia di quel continente.

     

     

    2. DA “ICONA ROSSA” A OPPOSITORE LO STRANO DESTINO DI UNA STAR GLOBALE

    Giampaolo Visetti per “la Repubblica

     

    ai weiwei lapo elkann ai weiwei lapo elkann

    Da archi-star del potere cinese a simbolo occidentale del dissenso contro la dittatura del partito comunista, da ambasciatore dell’espansione culturale di Pechino nel mondo a oppositore (forse) graziato proprio per non frenarne l’influenza politica globale. La parabola pubblica di Ai Weiwei si compie a sorpresa tra il 2008, il 2011 e il 2015, mentre l’artista cinese più amato all’estero è all’apice del successo e due scadenze olimpiche promettono di cambiare il volto e il peso dell’ex capitale imperiale.

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    La svolta, da protetto della leadership dell’ex presidente Hu Jintao a suo primo oppositore, ben più prudente nei confronti dell’attuale leader Xi Jinping, si è compiuta sette anni fa. Per le Olimpiadi estive di Pechino, Ai Weiwei aveva collaborato al progetto del “Nido d’uccello”, stadio- icona dei Giochi e dell’irresistibile ascesa della nuova super- potenza economica. L’appalto era andato ad uno studio di architetti di Amburgo, ma era stata proprio la leadership rossa a imporre anche la firma di una «mano patriottica».

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    Sembrava il trampolino definitivo per la gloria nazionale, si è rivelato l’anticamera della caduta in disgrazia. Poche settimane prima, il terremoto nel Sichuan aveva infatti svelato la corruzione dei funzionari cinesi, causa di migliaia di studenti sepolti sotto le scuole «di tofu». Ai Weiwei si era mobilitato contro l’insabbiamento dello scandalo: è stata quella scelta coraggiosa a decidere la sua vita. Da allora il dissidente- star è entrato nel mirino del potere, inaugurando l’era della nuova web-opposizione, che tanto allarma i regimi dell’Asia.

     

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    Provocatore abile nel mutare la Rete in corazza protettiva, autore di opere-denuncia esposte nei più importanti musei del pianeta e maestro nel trasformare anche il proprio corpo in una rappresentazione di libertà, Ai Weiwei era del resto un predestinato. Suo padre, il famoso poeta Ai Qing, era stato perseguitato da Mao, deportato, incarcerato e riabilitato solo dopo la morte del Grande Timoniere.

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    Scelta la strada dell’opposizione, anche il figlio è divenuto oggetto di aggressioni, arresti e persecuzioni pubbliche. A Chengdu la polizia gli ha spaccato il cranio mentre si apprestava a testimoniare ad un processo. Un ordine di demolizione ha distrutto il suo nuovo atelier di Shanghai, che le stesse autorità gli avevano chiesto di realizzare in vista dell’Expo 2009.

     

    La situazione è poi precipitata a partire dalla fine del 2010. L’8 ottobre Ai Weiwei fu tra i primi a ricorrere al suo blog per esprimere felicità dopo l’assegnazione a Liu Xiaobo del Nobel per la pace. Mai, però, un appello per la sua liberazione. La sua voce è tornata a farsi sentire quando le rivoluzioni nell’Africa mediterranea sembravano poter contagiare anche la Cina. Per il potere in allarme, alla viglia del passaggio delle consegne presidenziale del 2012, è stato l’ultimo affronto.

     

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    Arrestato nell’aprile 2011 e rilasciato dopo 81 giorni di carcere in un luogo segreto, accusato di evasione fiscale e di reati sessuali, Ai Weiwei è vissuto fino alla settimana scorsa sotto sorveglianza e di fatto ai domiciliari. Privato del passaporto, non poteva lasciare Pechino e su di lui pendevano una multa da 2,4 milioni di euro e la spada di Damocle di una condanna a 14 anni.

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    L’isolamento in un’invisibile prigione senza sbarre, da cui è evaso con il famoso au-toscatto che lo ritrae in manette e in pigiama, è durato fino al contrordine del “riformista” Xi Jinping, sensibilissimo a immagine e agenda. A metà giugno l’improvviso sì alla “mostra della riabilitazione”, nell’ex fabbrica 798 di Pechino, oggi quartiere delle gallerie d’arte. Sette giorni fa la restituzione dei documenti e della libertà di viaggiare.

     

    Ancora una volta, guarda caso, sotto l’incombere di inedite Olimpiadi-bis nella capitale, inverno 2022, ma pure nel ciclone della pericolosa crisi finanziaria gialla e alla vigilia della prima mega-parata militare del “nuovo Mao”, con cui Pechino vuole celebrare non i 70 anni dalla fine della seconda guerra, ma dalla vittoria della Cina comunista sul Giappone fascista.

    LARTISTA E DISSIDENTE CINESE AI WEIWEI LARTISTA E DISSIDENTE CINESE AI WEIWEI

     

    Tempismo del partito e silenzi di Ai Weiwei, forse obbligati, spingono i dissidenti storici, in carcere o in esilio, a parlare di «oppositore pentito nel nome della fama e degli affari». Un altro mistero cinese, rese dei conti tra reduci, forse solo un’altra vita scandita dai rovesci del potere.

     

    AI WEIWEI BALLA GANGNAM STYLE AI WEIWEI BALLA GANGNAM STYLE

     

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