Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
la notte in cui hillary perse contro trump
Hillary Clinton pensa ancora di potersi prendere la rivincita presidenziale nel 2020, come peraltro Joe Biden e Bernie Sanders, che non hanno escluso di candidarsi alla Casa Bianca. Al di là del realismo di questi sogni, dietro c' è il profondo dilemma che sta tormentando la ricostruzione dei democratici: puntare sulla svolta a sinistra, sul modello di Corbyn in Gran Bretagna, sperando che la polarizzazione della società americana cavalcata da Trump premi loro al prossimo giro; oppure sul centrismo dei Clinton, sposato anche da Obama, per tornare a vincere già dalle elezioni Midterm dell' anno prossimo.
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Hillary ha parlato delle sue ambizioni con protagonisti autorevoli della scena politica di New York, spiegandole col diritto di vendicare la sconfitta del 2016. È convinta che l' inchiesta sulle collusioni tra la campagna di Trump e la Russia dimostrerà come ha perso per fattori esterni alla democrazia americana, e avendo ottenuto la maggioranza dei voti a livello nazionale rivendicherà il diritto di riprovarci.
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Nel frattempo ha creato un Pac, cioè i comitati che consentono di raccogliere fondi e organizzare campagne, chiamato «Onward Together», avanti insieme, sulla scia dello slogan elettorale «Stronger Together». Un operativo del partito a lei vicino tutta la vita dice che non ha chance: «Si è candidata due volte, il suo tempo è passato. Anche se lo facesse, nessuno le darebbe i soldi per finanziare la campagna, che ora vanno tutti a Obama e ai suoi amici. Servono volti nuovi».
terzo di battito tra hillary clinton e donald trump 10
Anche Sanders e Biden non escludono di candidarsi nel 2020, ma l'attenzione del partito ora è tutta puntata sulle elezioni Midterm del prossimo anno. In teoria l'obiettivo più facile era il Senato, dove i repubblicani hanno una maggioranza di soli due voti, ma due terzi dei seggi in palio nel 2018 sono democratici e quindi sono loro a rischiare di perdere terreno.
Alla Camera il Gop ha 24 voti di vantaggio, ma questa aula è diventata adesso la preda più ambita, perché è il luogo dove cominciano le procedure di impeachment. I democratici pensano di poterla conquistare, cavalcando il risentimento contro Trump.
hillary clinton
Un primo test importante lo avranno domani, quando nel sesto distretto della Georgia, alla periferia di Atlanta, si terrà l' elezione speciale per il seggio vacato da Tom Price quando è diventato ministro della Sanità. Il giovane Jon Ossoff ha basato la sua campagna sullo slogan «Make Trump Furious», e secondo i sondaggi potrebbe battere Karen Handel, candidata dei repubblicani che occupano questo seggio dal 1979.
Il problema è che Ossoff ha corso una campagna centrista, promettendo di non alzare le tasse, perché questa è la strategia che i moderati come Obama e Clinton considerano vincente: puntare sui distretti e gli elettori «purple», cioè incerti, convincendoli con idee equilibrate. Se funzionerà nel 2018, andrà ripetuta a livello nazionale nel 2020, con un candidato capace di riunificare il partito.
L'ala sanderista, però, sostiene l'esatto contrario. Pensa che Hillary ha perso perché non ha cavalcato i temi di sinistra tipo l'istruzione universitaria gratuita, e ritiene che la strada da seguire sia quella con cui Corbyn ha sorpreso May.
joe biden
Il partito ora lo guida l'obamiano Tom Perez e le elezioni Midterm forse risolveranno questa disputa, ma intanto dietro le quinte si muovono gli aspiranti candidati alle presidenziali. Oltre a Hillary, Biden e Sanders, a sinistra c' è la senatrice Warren, mentre tra i moderati si agitano il governatore di New York Cuomo, della Virginia McAuliffe, il senatore del New Jersey Booker, l' astro nascente della California Kamala Harris, e almeno un' altra dozzina di pretendenti. È presto per dire chi sia favorito, ma prima bisognerà superare il dilemma tra le due anime del partito.
BERNIE SANDERS elizabeth warren in senato