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    “HO AVUTO TRE ARRESTI CARDIACI, MI SENTO UN MIRACOLATO" – FERDINANDO MEZZELANI, FOTOREPORTER DEL CONI E COLLABORATORE DI DAGOSPIA, TORNA A CASA 5 MESI DOPO L’INCIDENTE IN MOTO E L'AMPUTAZIONE DELLA GAMBA: “LO SPORT TI INSEGNA A LOTTARE. PENSO DI TORNARE AL LAVORO CHE FACEVO PRIMA CON LA MIA AGENZIA, MA CI VORRÀ TEMPO. L’ARTO FANTASMA È UN INCUBO" – “IL PRIMO OBIETTIVO? PRIMA DI ANDARE A SEGUIRE LE OLIMPIADI, VOGLIO TORNARE AGLI INTERNAZIONALI DI TENNIS AL FORO ITALICO...” - I RINGRAZIAMENTI A MALAGO'...


     
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    Estratto dell’articolo di Manuela Pelati per il “Corriere della Sera”

     

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    «Torno a casa a testa alta, sono stato miracolato e ho la possibilità di iniziare una nuova vita». Ferdinando Mezzelani, 59 anni, fotoreporter conosciuto nel mondo dello sport e del giornalismo non solo romano, la mattina del 10 luglio 2023 fu colpito mentre era in moto da un autobus su via Cristoforo Colombo. Trasportato al San Camillo, subì un'amputazione della gamba. E adesso, dopo cinque mesi di ospedale, tra operazione e riabilitazione, torna a casa con la sua nuova protesi.

     

    […] È stato un lungo periodo…

    «Dall’incidente sono passati 155 giorni, oltre 5 mesi. Sono stato ricoverato due volte all'ospedale San Camillo e due al San Raffaele. Devo sempre ringraziare prima di tutto il capitano dell'Esercito Francesca Antonini, medico ortopedico in servizio al Celio, che quel 10 luglio con la sua prontezza e tempestività mi strinse la cintura sulla coscia, salvandomi dalla morte per dissanguamento.

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    Poi al San Camillo il dottor Alessio Giai Via è stato fondamentale, con il suo intervento di amputazione della gamba. Anche se ho avuto tre arresti cardiaci, ora sono resuscitato e mi sento un miracolato. Al San Raffaele mi hanno rimesso in piedi dopo una lunga riabilitazione il professor Carlo Damiani e la sua equipe, fisiatri adatti a me individuati da un grande dello sport italiano, il presidente del Comitato Paralimpico Luca Pancalli».

     

    Quindi la nuova vita la devi tutta ai medici?

    «Non solo, prima di tutto devo ringraziare il presidente del Coni Giovanni Malagò che con la sua vicinanza discreta mi ha dato tanta serenità e forza. Poi io ci ho messo una volontà di ferro, non ho mai lasciato spazio al pessimismo. Ho avuto una pazienza infinta perché sapevo che il giorno dell’uscita dell’ospedale sarebbe arrivato».

     

    Momenti di sconforto? Dove hai trovato la forza?

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    «Ho avuto accanto la famiglia e gli amici della pallanuoto che non mi hanno mai lasciato, il sostegno di tutto lo sport italiano. Almeno duemila persone mi hanno fatto sentire il loro affetto, il mio telefono è stato bollente per mesi. Ho pensato che la mia vita sarebbe cambiata per sempre ma non mi sono mai perso d’animo, le mie depressioni sono durate non più di mezza giornata. I momenti bui sono inevitabili e sono stati tanti. Devo dire che mi hanno aiutato anche il mio dna, e  le esperienze professionali».

     

    Ti riferisci al lavoro?

    «Sì, da fotografo ho seguito 40 campionati di calcio e 10 olimpiadi, la mia foto di Fabio Cannavaro che alza la Coppa del Mondo nel 2006 ha avuto il record di tiratura italiana con due milioni e 380 mila copie. Con la mia agenzia Gmt ho coperto servizi per 20 anni in cronaca nera e sono abituato ai disagi e situazioni difficili». […]

     

    E quando parli di Dna a cosa ti riferisci?

    «La tenacia e il coraggio di tenere la testa alta sono una dote di famiglia, ho avuto una madre sindacalista e un padre pilota comandante di aerei».

     

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    Il ritorno al lavoro?

    «Penso di tornare al lavoro che facevo prima con la mia agenzia, ma ci vorrà tempo: dovrò camminare bene e avere la testa riposata. Ci vuole un ulteriore periodo di riabilitazione e liberare la mente dai momenti più duri e difficili degli ultimi 5 mesi»».

     

    Senti ancora dolori?

    «È inutile lagnarsi delle sofferenze patite perché sono sempre vivo. I dolori sono stati indescrivibili, l’arto fantasma è un incubo. Ma è inutile lamentarsi, perché l’importante è pensare di avere un’altra vita, ho avuto la fortuna di avere un’atra possibilità». […]

     

    Il primo obiettivo?

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    «Prima di andare a seguire le Olimpiadi, voglio tornare agli Internazionali di Tennis al Foro Italico. E poi andare alla partita, prima possibile, nel mio stadio preferito: l’Olimpico».

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