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    "HO VINTO PER I TRANS" - LA LOTTA DELLA 31ENNE ALEXANDRA PER VEDERSI RICONOSCERE IL DIRITTO A SCEGLIERE IL PROPRIO NOME: "I MIEI GENITORI MI HANNO CHIAMATO ALESSANDRO. MA IO SONO ALEXANDRA DA QUANDO HO 14 ANNI" - LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE: "FINORA POTEVI CAMBIARE SOLO LA DESINENZA. RICORDO CHE UN PARRUCCHIERE MI CACCIO’ QUANDO SCOPRI’ LA MIA IDENTITA’, OGGI INVECE…”


     
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    I.Fam. per “la Stampa”

     

    ALEXANDRA ALEXANDRA

     «Cambiare nome è iniziare una nuova vita. Per la mia, io ho scelto una "x"». Alexandra, 31 anni compiuti da pochissimo, residente a Torino dal 2007 e nata a Cagliari, è raggiante. La Cassazione ha sancito il diritto, per chi cambia sesso, di scegliere un nuovo nome. Non ci si dovrà più accontentare di modificare solo una vocale, per lo più la desinenza, del nome con cui si è stati registrati alla nascita. «I miei genitori mi hanno chiamato Alessandro. Ma io sono Alexandra da quando ho 14 anni», spiega.

     

    Senza questa sentenza che lei definisce «storica», si sarebbe potuta chiamare Alessandra. «Non capivo che problema potesse creare la "x" nel nome che desideravo e che avevo chiesto di poter usare. Un nome che si significa "difensore degli uomini" e che si addice al mio animo buono e disponibile», racconta. La Corte di Appello di Torino nel 2018 aveva respinto la sua istanza. Per i giudici piemontesi non esistono i presupposti per un «voluttuario desiderio di mutamento del nome» e occorre accontentarsi di «quello derivante dalla mera femminilizzazione del precedente».

     

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    Ma Alexandra non si è data per vinta. Con il suo legale, l' avvocato Alexander Schuster del foro di Trento, paladino delle lotte arcobaleno, si è rivolta alla Corte di Cassazione. «Ero fiduciosa», dice. E gli Ermellini le hanno dato ragione. La Cassazione ha affermato che il nome è «uno dei diritti inviolabili della persona», un «diritto insopprimibile. Così Alexandra ha potuto fare la sua scelta. Da parte di chi chiede una nuova identità anagrafica per registrare il mutamento di sesso, scrivono i giudici, deve poi «essere assicurato anche un diritto all' oblio, inteso quale diritto a una netta cesura con la precedente identità». Il nome non è cosa da nulla.

     

    E non è di certo un capriccio.

    «Te lo porti dietro tutta la vita - spiega Alexandra -. È ciò con cui le persone ti identificano.

     

    Quando, per strada, sentivo qualcuno chiamarmi Alessandra, io capivo Alessandro. E avevo come un colpo al cuore.

    Sentivo l' ombra del mio passato che mi perseguitava». Le difficoltà, gli sfottò, le discriminazioni tornavano alla mente.

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    «Non ho avuto una vita semplice. Anzi. Ho sempre dovuto superare ostacoli e ostilità», racconta. Parla dei suoi genitori, con cui ha riallacciato i rapporti solo nel 2010. «C' è voluto del tempo perché riuscissero ad accettarmi. Poi sono venuti anche alla mia laurea in psicologia comportamentale».

     

    Alexandra è abituata a lottare. «Nel 2007, appena arrivata a Torino, ho portato un curriculum ad un parrucchiere. Mi ha riempita di complimenti, fin quando non si è accorto che ero trans. Quando ha visto il mio documento, mi ha cacciata dicendo che non avrebbe mai assunto persone come me. Anche quella volta, però, sono andata avanti. Oggi sono una make-up artist free lance e ho truccato diversi personaggi dello spettacolo. Un esempio? Paris Hilton e Richard Gere». La sua vita è scandita da traguardi. A cui ora si è aggiunta la sentenza della Cassazione.

    cassazione cassazione

     

    Un verdetto con cui la Corte suprema ha anche ricordato che il nuovo documento di identità deve essere rilasciato anche in caso di non «compiutezza del percorso di transizione» da un genere all' altro, perché quel che conta sono le caratteristiche sessuali che si «maturano» nel corso della vita e l' aspetto che si assume. Non è richiesto un mutamento irreversibile nato in sala operatoria. «È una sentenza che ha fatto chiarezza e che andrà a vantaggio anche di altre persone - commenta l' avvocato Alexander Schuster -. Era importante porre fine a tesi isolate che pretendevano di applicare automatismi. Anche se la piena dignità delle persone trans è ancora un traguardo lontano, questo è un passo importante».

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