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    “HO VISTO UN INDIVIDUO CALCIARE VIOLENTEMENTE UNA SAGOMA CHE SI TROVAVA A TERRA” – LA TESTIMONIANZA DELL’OPERAIO CHE, DAL SUO BALCONE DI CASA, HA ASSISTITO ALLA PRIMA AGGRESSIONE DI GIULIA CECCHETTIN, PESTATA DA FILIPPO TURETTA: “HO SENTITO CHE URLAVA: "COSÌ MI FAI MALE! COSÌ MI FAI MALE!". ERA UN LITIGIO VIOLENTO. ALLE 23.18 HO UDITO UNA VOCE FEMMINILE CHIEDERE AIUTO, POI LUI L’HA PRESA A CALCI E INFINE HO VISTO ALLONTANARSI UNA FIAT PUNTO DI COLORE SCURO. HO CHIAMATO I CARABINIERI E…”


     
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    Estratto dell’articolo di Niccolò Zancan per “La Stampa”

     

    giulia cecchettin giulia cecchettin

    È un tempo eterno: 22 minuti. Dalle 23,18 alle 23,40 di sabato 11 novembre. Questo è il tempo in cui Giulia Cecchettin ha cercato di difendersi e di scappare dal suo assassino, per due volte. Questo è il tempo in cui la studentessa che stava per laurearsi in Ingegneria biomedica forse avrebbe potuto essere salvata. Leggere l'ordinanza, firmata dal gip del Tribunale di Venezia Benedetta Vitolo, fa male.

    filippo turetta filippo turetta

     

    Così adesso siamo tutti sotto una palazzina di mattoni a vista, tutti con gli occhi rivolti verso un balcone. Lì, al secondo piano, abita il testimone che fissa l'inizio di questa aggressione in due atti. È un giovane operaio, appena diventato papà. Abita anche lui a Vigonovo, il paese della famiglia Cecchettin. Era sul balcone a fumare una sigaretta sabato sera, quando ha visto la scena: «Una ragazza gridava aiuto. Ho sentito che urlava: "Così mi fai male! Così mi fai male!"».

     

    filippo turetta giulia cecchettin filippo turetta giulia cecchettin

    C'era un'auto nera ferma in un parcheggio, davanti alla scuola per l'infanzia San Giovanni Bosco. Quell'auto era una Fiat Grande Punto, l'auto che poi sarebbe diventata ricercata in tutta Europa. Ma in quel momento stava a duecento metri in linea d'aria dalla casa della famiglia Cecchettin, a centocinquanta metri dal balcone del testimone, stava in mezzo a tutti noi.

     

    La scena a cui assiste l'operaio, nell'ordinanza di custodia cautelare, è descritta così: «Un violento litigio tra due persone. Alle 23,18 ho udito una voce femminile urlare chiedendo ripetutamente aiuto. Aggiungo di avere visto un individuo calciare violentemente una sagoma che si trovava a terra, poi ho visto allontanarsi una Fiat Grande Punto di colore scuro, della quale non sono riuscito a leggere il numero di targa». Tutto questo dura pochi istanti. Il testimone corre in casa, prende il telefono e chiama i carabinieri. Qua c'è la domanda: quando sono arrivati? E dopo aver raccolto la segnalazione, hanno continuato le ricerche?

     

    la macchina di filippo turetta la macchina di filippo turetta

    La mattina successiva scatta la denuncia di scomparsa con l'inverosimile ipotesi di «fuga volontaria». Perché l'operaio che fumava sul balcone va dal padre di Giulia Cecchettin e racconta anche a lui quello che ha visto. «Io lo ringrazio molto per quello che ha fatto, perché non ha girato lo sguardo dall'altra parte», ha detto in quei giorni Gino Cecchettin. Ma da quel momento, ed era solo l'inizio di una lunghissima settimana d'attesa, lui aveva capito tutto. Era la mattina di domenica 12 novembre: «In cuor mio avevo capito cosa era successo e mi sono sentito morire».

    la ricostruzione dell aggressione di filippo turetta a giulia cecchettin la ricostruzione dell aggressione di filippo turetta a giulia cecchettin

     

    A un certo punto i carabinieri vanno nel parcheggio davanti all'asilo. Ecco cosa trovano sull'asfalto: «Numerose tracce ematiche, sia da gocciolamento che da sfregamento, e un coltello da cucina della lunghezza di 21 centimetri, privo del manico».

     

    Giulia Cecchettin era già stata colpita, ferita, presa a calci e caricata in auto. Ma era ancora viva. Come gli investigatori hanno potuto capire visionando i filmati delle telecamere di sicurezza dello stabilimento Dior di Fossò, che riprendono la seconda aggressione.

    auto di filippo turetta auto di filippo turetta

    Fossò è il primo centro abitato che si incontra dopo Vigonovo, in direzione Nord-Ovest. Meno di quattro chilometri di distanza. Alle 23,39 una telecamera rileva il passaggio dell'auto.

     

    giulia cecchettin 2 giulia cecchettin 2

    L'aggressione vista dal testimone è ancora in corso, non è mai finita. Giulia Cecchettin è ferita ma prova ancora a scappare, apre la portiera e corre. Così si legge. «Alle 23,40 una persona fugge lungo via Prima Strada della Zona Industriale di Fossò, con direzione Viale dell'Industria, inseguita da un'altra, più veloce, che la raggiunge e la scaraventa a terra», scrive il giudice per le indagini preliminari. «Si nota che a causa della forza della spinta, la persona inseguita cade violentemente a terra, all'altezza del marciapiede, e dopo pochi istanti non dà segno di muoversi.

     

    FILIPPO TURETTA FILIPPO TURETTA

    L'aggressore manipola il corpo della persona colpita, spostandolo a poca distanza dal punto d'urto. Il soggetto torna di corsa sui suoi passi, esce dall'inquadratura e poco dopo un'autovettura Fiat Grande Punto scura entra nel campo di ripresa della telecamera e si ferma in prossimità del luogo in cui l'altra persona è inerme per terra. Dal veicolo scende il soggetto che carica a bordo l'altra persona, forse sul sedile posteriore, e poi sale al posto di guida. L'autovettura Fiat Grande Punto esce dall'inquadratura». Sono le 23,40: sono passati ventidue minuti. Giulia Cecchettin sta morendo dissanguata accanto al suo assassino.

     

    Anche in quel secondo tratto di strada verranno ritrovate macchie di sangue, dei capelli e anche del nastro da pacchi argentato. Filippo Turetta lo ha usato per impedire a Giulia Cecchettin di urlare, lo ha usato per zittirla.

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