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    "MARCHIONNE NON TORNERÀ PIÙ, È STATO IL MIGLIORE", JOHN ELKANN SCRIVE AI DIPENDENTI FCA: "E' LA LETTERA PIÙ DIFFICILE CHE ABBIA MAI SCRITTO - GLI SCONTRI CON MONTI E RENZI, IL SI’ DI OBAMA PER CHRYSLER E IL NO DI MERKEL PER OPEL, LE BATTAGLIE COI SINDACATI E I REFERENDUM A MIRAFIORI E POMIGLIANO, LA STRATEGIA DEGLI SCORPORI, LA FERRARI E L'ALFA: I 14 ANNI AL LINGOTTO DI MARCHIONNE, “IL BORGHESE BUONO”


     
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    Da repubblica.it

    marchionne elkann marchionne elkann

     

    Ecco il testo della lettera che John Elkann ha scritto ai dipendenti di Fca dopo la nomina di Mike Manley come nuovo ad della società

     

    Care colleghe, cari colleghi,

    questa è senza dubbio la lettera più difficile che abbia mai scritto. È con profonda tristezza che vi devo dire che le condizioni del nostro Amministratore Delegato, Sergio Marchionne, che di recente si è sottoposto a un intervento chirurgico, sono purtroppo peggiorate nelle ultime ore e non gli permetteranno di rientrare in FCA. Negli ultimi 14 anni, prima in Fiat, poi in Chrysler e infine in FCA, Sergio è stato il miglior amministratore delegato che si potesse desiderare e, per me, un vero e proprio mentore, un collega e un caro amico. Ci siamo conosciuti in uno dei momenti più bui nella storia della Fiat ed è stato grazie al suo intelletto, alla sua perseveranza e alla sua leadership se siamo riusciti a salvare l’azienda.

     

    marchionne elkann marchionne elkann

     

    Sergio ha anche realizzato un incredibile turnaround in Chrysler e, grazie al suo coraggio nel lavorare all’integrazione culturale tra le due aziende, ha posto le basi per un futuro migliore e più sicuro per noi tutti. Saremo eternamente grati a Sergio per i risultati che è riuscito a raggiungere e per aver reso possibile ciò che pareva impossibile. Ma come lui stesso ha detto più volte: "Il vero valore di un leader non si misura da quello che ha ottenuto durante la carriera ma da quello che ha dato. Non si misura dai risultati che raggiunge, ma da ciò che è in grado di lasciare dopo di sé".

     

    marchionne elkann marchionne elkann

    Fin dal nostro primo incontro, quando parlammo della possibilità che prendesse le redini della Fiat, ciò che mi ha veramente colpito di lui, al di là delle capacità manageriali e di una intelligenza fuori dal comune, sono state le sue qualità umane. Qualità che gli ho visto negli occhi, nel modo di fare, nella capacità di capire le persone. Ci ha insegnato ad avere coraggio, a sfidare lo status quo, a rompere gli schemi e ad andare oltre a quello che già conosciamo.

     

    Ci ha sempre spinti ad imparare, a crescere e a puntare in alto – spesso andando oltre i nostri stessi limiti – ed è sempre stato il primo a mettersi in gioco. L’eredità che ci lascia parla di ciò che è stato davvero importante per lui: la ricerca dell’eccellenza, l’idea che esiste sempre la possibilità di migliorare. I suoi insegnamenti, l’esortazione a non accettare mai nulla passivamente, a non essere soddisfatto della mera sufficienza sono ormai parte integrante della nostra cultura in FCA: una cultura che ci spinge ad alzare sempre l’asticella e a non accontentarci mai della mediocrità.

    MARCHIONNE RENZI ELKANN MARCHIONNE RENZI ELKANN

     

    La definizione che Sergio ci ha dato della parola leader è valida oggi più che mai. Quello che conta davvero è il tipo di cultura che un leader lascia a chi viene dopo di lui. Il miglior modo per giudicarlo è attraverso ciò che l’organizzazione fa dopo di lui. Questo è solo uno dei tanti esempi di quanto Sergio fosse un leader vero e molto raro. Già anni fa, abbiamo iniziato a lavorare ad un piano di successione che avrebbe garantito continuità e preservato quella cultura unica che vive in FCA.

     

    MARCHIONNE ED ELKANN ALLA QUOTAZIONE FERRARI MARCHIONNE ED ELKANN ALLA QUOTAZIONE FERRARI

    Potendo contare su un piano già definito, stiamo ora anticipando il processo e oggi il Consiglio di Amministrazione ha nominato Mike Manley nuovo Amministratore Delegato di FCA. Mike è stato uno dei principali protagonisti del successo di FCA e ha già al suo attivo una lunga lista di successi e obiettivi raggiunti. Sotto la sua guida, il marchio Jeep ha vissuto un periodo di profonda trasformazione che ha portato a una crescita senza precedenti, da poche centinaia di migliaia di unità all’anno a diversi anni di vendite record, gli ultimi quattro dei quali superando il milione di veicoli venduti. Jeep è così diventato non solo uno dei marchi con il più alto tasso di crescita al mondo ma anche il più redditizio del Gruppo. Negli anni, Mike ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità e ha maturato una vasta esperienza gestionale in tutte le nostre regioni, raggiungendo risultati importanti in ognuna delle posizioni ricoperte e dimostrando sempre una grande determinazione nel conseguimento dei suoi obiettivi.

     

    marchionne grande stevens john elkann marchionne grande stevens john elkann

    Sono certo che tutti voi fornirete il massimo supporto a Mike, lavorando con lui e con il team di leadership al raggiungimento degli obiettivi del piano industriale 2018-2022 con lo stesso impegno e la stessa integrità che ci hanno guidato fino ad ora.

     

    2. L’UOMO CHE CAMBIO’ LA FIAT

    Raffaella Polato per il Corriere della Sera

     

    L' uomo che ha spostato i confini sempre un po' più in là. Che aveva un fuso orario tutto suo: zero. Che un giorno di pochi mesi fa, a Maranello, nella sala in cui era da poco finito un board Ferrari, confessò «sono stanco» e noi gli avevamo creduto sì e no. Sì, perché parlava di Fca ed era impossibile che 14 anni passati più in aereo che nei tanti uffici, notti e giorni assorbiti dalla trasformazione di un' azienda fallita in un player globale ad alta redditività, non l' avessero logorato: è stato entusiasmante, ma «chi comanda è solo» e il prezzo per lui «è stato altissimo anche in termini di vita privata».

     

    Agnelli Marchionne Agnelli Marchionne

    Eppure no, quel giorno a Sergio Marchionne non abbiamo creduto fino in fondo.

    Perché poi si era messo a raccontare di Ferrari, dove avrebbe voluto «traslocare» già a inizio 2019, e stanchezza fisica e intellettuale erano sembrate come esorcizzate. «Ho appena parlato con Seb», leggi Sebastian Vettel: se impara a controllare le emozioni che ogni tanto gli scappano, come non fosse tedesco ma «un uomo del Sud, quest' anno abbiamo le carte per battere Lewis», ovvero Hamilton, e l' antipatica Mercedes. E vogliamo parlare della Rossa in quanto azienda? «Mi davano del matto, quando dicevo che andava confrontata con i gruppi del lusso e che per me valeva almeno 10 miliardi».

     

    Oggi la Borsa la valuta a 24.

    Due miliardi meno dell' infinitamente più grande Fca.

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    «Il matto» ancora una volta aveva avuto ragione. Non è che non abbia mai fatto errori (che ammetteva). Ma detestava l' ovvio, i «non si può fare»: e li sfidava. Delle tante chiavi dietro i suoi successi una, forse, può riassumere le altre: rompere gli schemi. Lo ha fatto dall' inizio, in azienda. E poiché Fiat non è mai stata un' azienda qualsiasi, ma il primo gruppo industriale del Paese, spesso le «rivoluzioni Fca» si sono trasformate in rivoluzioni di sistema.

     

    Ricordiamo tutti come è andata. Fine maggio 2004, il Lingotto annuncia che a guidare il gruppo dopo la morte di Umberto Agnelli saranno Luca Montezemolo e Sergio Marchionne. Il primo lo conoscono ovunque. Del secondo pochi sapevano persino che fosse già in consiglio, voluto proprio da Umberto, e anche quei pochi reagiscono così: «Marchionne chi?». Non parliamo dei big dell' auto. Fiat è di fatto fallita e John Elkann e gli Agnelli, consigliati da Gianluigi Gabetti, cosa fanno, mettono un marziano a fare il quinto amministratore delegato in due anni? Auguri.

     

    obama marchionne obama marchionne

    I colossi che già si preparavano a spartirsi il concorrente non si ricredono neppure quando - tra una visita e l' altra agli stabilimenti, perché «ho visto fabbriche che neanche in un romanzo di Dickens: come puoi chiedere agli operai di fare prodotti di qualità se li fai lavorare in quelle condizioni?» - Marchionne rinegozia il debito con le banche e l' accordo con General Motors. Il miracolo gli riesce, ottiene l' ossigeno per rilanciare la produzione: e farsi pagare da Detroit 1,55 miliardi di dollari per la rinuncia (loro, degli americani) a prendersi Fiat. Un capolavoro degno del contratto messo a punto da Paolo Fresco.

     

    Anche qui, però. I concorrenti non si spaventano. «Va bene, è un eccellente negoziatore, un ottimo uomo di finanza. Ma fare auto è un' altra cosa». Verissimo. Però Torino comincia col tirar fuori la Punto. Investe nelle fabbriche. «Umanizza gli stabilimenti», come promesso. La qualità risale, le vendite idem.

     

    E Marchionne dagli operai, dal sindacato, persino da Rifondazione viene osannato: di lui, Fausto Bertinotti dirà che è l' emblema del «borghese buono».

    MERKEL MARCHIONNE RENZI MARANELLO MERKEL MARCHIONNE RENZI MARANELLO

     

    È il potente ceo del gruppo simbolo del capitalismo italiano. Ha una laurea in Economia, una in Legge, un dottorato e svariati honorem.

     

    Ma è anche l' orgoglioso figlio di un maresciallo dei Carabinieri (perciò, nonostante già non stesse bene, il 25 giugno non ha rinunciato a consegnare di persona le nuove Jeep all' Arma). È il bambino emigrato in Canada che non lo dimentica, quanto sia dura integrarsi, è il ragazzo che per la prima delle sue lauree scelse Filosofia: «Papà mi disse: vuoi finire a vendere gelati?».

     

    MERKEL MARCHIONNE DIESELGATE MERKEL MARCHIONNE DIESELGATE

    Chiaramente non durerà, l' idillio con i sindacati e la sinistra. Si avvicina il 2008, la Grande Crisi Globale. Il Lingotto ha appena fatto in tempo a festeggiare il rilancio con la nuova 500, e già deve ricominciare da capo. Parte la ristrutturazione hard, che porterà anche alla chiusura di Termini. Marchionne studia due strade, per trasformare la crisi in opportunità. La prima: mentre tutti si chiudono a riccio aspettando che passi lo tsunami, lui tratta con Barack Obama e conquista Chrysler (a costo zero per Fiat). La seconda: i contratti di lavoro.

     

    Sono fermi al Novecento. Siamo nel Duemila, il mondo cambia «alla velocità della luce»: la flessibilità non è più un optional, nemmeno per gli operai. Tradotto in linguaggio sindacale significa superare le rigidità del contratto nazionale con contratti aziendali. Ne parla con Confindustria, e Confindustria lascia scadere il tempo: non avevano capito che Marchionne non scherzava, e davvero se ne andrà. I sindacati no, sanno che fa sul serio. Il problema, per loro, è: lo gestiamo, il cambiamento che tanto arriverà, o diciamo no? Cisl, Uil, i Quadri sono per la trattativa. La Fiom Cgil è convinta di poter costringere Marchionne alla marcia indietro. Inizia una lunga guerra. Parte la stagione dei referendum, durissima e sofferta soprattutto da chi nelle fabbriche ci lavora: sono i loro, i posti e gli stipendi in gioco.

    MARCHIONNE FORNERO PASSERA ELKANN A POMIGLIANO MARCHIONNE FORNERO PASSERA ELKANN A POMIGLIANO

     

    Le notti di Mirafiori e Pomigliano sono le più drammatiche. Le passa sveglio anche l' amministratore delegato, in attesa della telefonata che dirà se ha vinto il sì o il no. Vince il sì. È una rivoluzione, e va subito oltre il Lingotto: i contratti aziendali, che nessuno chiama più (spregiativamente) «modello Marchionne», sono ormai la normalità.

     

    Marchionne Marchionne

    Lui non è mai più tornato sull' argomento. In epoca di delocalizzazione spinte, aveva riportato la Panda dalla Polonia all' Italia, a Pomigliano, e portato la Jeep a Melfi. Eppure c' era chi continuava a rinfacciargli di non aver mantenuto le promesse di Fabbrica Italia.

    «Non ci sto a farmi impiccare alle parole», meglio altri confini da «spostare un po' più in là». Tentando, per esempio, di «bissare» Chrysler con Opel. Sapeva che Angela Merkel non l' avrebbe mai venduta agli italiani ma «allora giusto provarci anche se ora - confessò in quella sala di Maranello - «dico per fortuna è andata così, Chrysler più Opel sarebbe stato complicato». E Fca è diventata lo stesso uno dei big player. L' obiettivo «non per deboli di cuore» di spostarla sui segmenti premium è stato centrato, la strategia degli scorpori (ora tocca a Marelli) pure: Fiat, Ferrari e Cnh valgono 62 miliardi, oltre dieci volte quel che valevano insieme nel 2004.

    MARIO MONTI SERGIO MARCHIONNE JOHN ELKANN MARIO MONTI SERGIO MARCHIONNE JOHN ELKANN

     

    Poi no, non tutto gli è riuscito. Troppo ostico come negoziatore, perché qualcuno trattasse con lui la Grande Alleanza. Qualche mossa sbagliata nel rilancio Alfa. Qualche slalom in politica: gli applausi a Mario Monti e poi il «mi ha deluso» a fine corsa, gli scontri iniziali con Matteo Renzi e poi gli applausi anche a lui e anche a lui la sentenza-delusione. Rincorsa pro-Fca al potente di turno? Mai: «Un' azienda ha per definizione interesse a che il Paese funzioni, e perché questo accada servono governi stabili», ma ciò non cancella il diritto di critica.

     

    MARCHIONNE PRESENTA L ALFA GIULIA MARCHIONNE PRESENTA L ALFA GIULIA

    E poi: «Voi parlate di Marchionne, di Elkann, degli Agnelli. Dimenticate decine di migliaia di posti di lavoro e decine di migliaia di piccoli azionisti». E c' entreranno pure certe tensioni (sempre smentite) degli ultimi tempi con Elkann, magari sulla faticosa scelta (ieri diventata obbligata) del successore, ma forse anche quell' idea di azienda spiega l' ultima scelta: firmare il piano industriale al 2022, pur avendo già deciso di lasciare a fine anno, per poter chiudere il cerchio aperto il primo giugno 2004 tracciando ancora una volta un percorso. Balocco, primo giugno 2018, tra le auto di un gruppo senza debiti: il suo vero congedo sarebbe comunque stato quello. Nessuno poteva immaginare che non sarebbe stato solo da Fiat.

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