Lorenzo Fabiano per il “Corriere della Sera”
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«Qualche magagna ce l'ho, ma dentro sono rimasto giovane. Novant' anni sono un bel traguardo, difficile ripeterlo, cosa dice?». Se la ride al sole di Creta, Giuseppe Vicenzi, novant' anni lunedì scorso, 30 maggio, il re dei biscotti e dei savoiardi nominato un anno fa Cavaliere del Lavoro dal presidente Mattarella. L'hanno fatta Cavaliere: altro bel traguardo, Vicenzi... «Significa che qualcosa di buono nella vita devo aver fatto». Ha passato il compleanno a Creta. Ha festeggiato coi nipoti prima di partire?
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«Sì, ci siamo riuniti; di nipoti ne ho otto, una squadra di basket praticamente. Quando sono andato al Quirinale a ricevere l'onorificenza di Cavaliere dal presidente Mattarella, avevo un tutore al braccio. Ero caduto giocando a tennis con quello di 12 anni».
Intanto, un regalo lo ha fatto lei ai malati di Alzheimer.
«Portando a Verona le ultimissime tecnologie per la teleriabilitazione delle persone affette da demenza, un vero e proprio polo scientifico neurologico donato alla Fondazione Pia Opera Ciccarelli. L'Alzheimer è forse la peggiore patologia in circolazione, per questo ho deciso di dare il mio contributo personale, sperando che possa fare la differenza per chi è ancora agli stadi iniziali di questa malattia».
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Riavvolgiamo il nastro e torniamo indietro di un bel po': «Sito mato?» le dissero quando volle abbandonare i tradizionali frollini per produrre l'amaretto. Ci aveva visto giusto.
«Me lo disse mio fratello Mario. Un cliente di Bergamo pagava anticipato e aveva mandato un assegno da 300 mila lire, bei soldini allora... lo chiamai e gli dissi che glielo mandavo indietro perché non potevo spedirgli l'ordine: "Non faccio più frollini, ma solo amaretti" gli spiegai. Fu la svolta dell'azienda, ho sempre cercato le nicchie per diventarne leader. Specialità che riflettono gli insegnamenti di mio padre. Da piccolo mi metteva sul bancone a imparare quello che faceva lui».
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E nonna Matilde?
«Decisa e determinata. Mio padre andava a comperare lo zucchero e i soldi li teneva lei. Significava ordine e volontà di fare le cose per bene».
Oggi cos' è il Gruppo Vicenzi?
«Una realtà da 370 dipendenti, con tre unità produttive: la sede di San Giovanni dove produciamo la linea classica, lo stabilimento di Bovolone, dedicato ai ripieni, e quello di Nusco, in provincia di Avellino, dove facciamo le merendine Mr.Day».
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Mr.Day e Grisbì, i due marchi acquisiti nel 2005 dal crack della Parmalat.
«Il decreto Marzano imponeva a chi acquisiva aziende in fallimento o in chiusura il mantenimento per due anni del numero dei dipendenti. Ci trovammo con 200 persone in più del necessario e le stipendiammo per due anni. Non era poco, mi creda».
Andò invece a prendere fino in Giappone la macchina per stendere la pasta sfoglia.
«Sì, e quella per i savoiardi in Belgio. Ho sempre cercato il meglio della tecnologia per essere più competitivi su prodotti che gli altri ancora non facevano. Così sono diventato leader nelle nicchie».
Lei in azienda ci va ancora tutti i giorni, vero?
«Certo. Una volta andavo alle 8.30, magari ora me la prendo un po' più comoda. Vado anche il mattina, così mi prendo un caffè con i manager. La mia vita è sempre stata l'azienda e lo è ancora».
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Il futuro?
«C'è e ci sarà. Le mie figlie (Giuliana vicepresidente e direttrice commerciale export, Valeria e Beatrice nel cda, ndr ) sanno che quando ho le idee, decido di realizzarle».
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Da imprenditore non si è occupato solo di biscotti, ma anche di pallacanestro. Sotto la sua guida, negli anni Novanta, la Scaligera Basket vinse trofei in Italia e all'estero. Cosa ricorda di quell'esperienza?
«A Verona c'è ancora chi mi ferma per strada per chiedermi della pallacanestro: "Bei tempi presidente!", ricordano. Pensi che io di basket sapevo zero. Fu un importante notaio della città a chiedermi di dare una mano: "Sono bravi questi ragazzi, ma non hanno mezzi", mi spiegò. Avevano il marchio Vicenzi sulle maglie. "Mario, dobbiamo fare le cose per bene", dissi a mio fratello. Possiamo affermare che ci siamo riusciti, qualche soddisfazione ce la siamo tolta».
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Cavaliere, a Verona si vota il 12 giugno. Che città desidera per il futuro dei suoi nipoti?
«Una Verona con più ordine, pulita ed europea, come deve essere una città a forte vocazione turistica. Spero che chi sarà sindaco, ne terrà conto. Perché Verona si deve presentare nel modo migliore».
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