Rossana Campisi per il “Corriere della Sera”
maleducati
Qualcuno dovrà dirle grazie, alla maleducazione. Ci ha permesso di sopravvivere, come darle torto. In città, sarebbe stato impossibile soffermarsi su ogni viso incontrato: la follia rumorosa ci sovrasta e noi dobbiamo per forza andar di fretta indifferenti, serve a proteggerci, tanto ci sono gli altri se qualcuno avesse bisogno d' aiuto (vivessimo in un villaggio, rischieremmo la nostra reputazione, ma in contesti così grandi, non abbiamo nulla da perdere). In ufficio, con i «per favore» la busta paga sarebbe rimasta immobile per una vita: è bastato alzare la voce e il capo ci ha ascoltato.
Alcuni ricercatori della Ohio State Univeristy hanno dimostrato che avere un piglio aggressivo e poco gentile ci rende più affidabili dal punto di visto creditizio (chi è educato sottoscrive magari una carta di credito solo per far contento il venditore). Siamo gente perbene ma cosa volete farci. Funziona ormai così, oggi più di ieri. Abbiamo imparato a convivere con chi salta la coda, con chi fa il precisino burocrate e tratta male qualcuno solo per sentirsi importante quando ha il potere ma non lo status per farlo (ricordate quante storie per non aver esibito all' aeroporto la giusta pagina del passaporto?).
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royal ascot cafonissimo
Abbiamo visto che se una volta siamo stati maleducati alla fine tutto è filato liscio, le regole del comportamento sociale del resto sono leggi non scritte e qualcuno fa finta di dimenticarle. Abbiamo ceduto al marketing che ci rende più ricchi ma meno collaborativi, quindi più egoisti: quindi disposti a tutto, anche a tradire la buona educazione. Abbiamo inneggiato alla libertà di dire la nostra, dalla tv ai media, con chiacchiere al limite dell'indecenza mostrandoci sprezzanti del politically correct. Abbiamo visto persino vincere politici che denigrano invece di fare politica: sapete perché, no? Perché ai nostri occhi tutto ciò è aria fresca. Pura novità. Che fa rima con sincerità. E poco male se on line poi la gente offende senza ritegno, si vendica su TripAdvisor e si firma con l'hashtag #scusasesonosincero.
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Stiamo campando felici a pane e maleducazione insomma ma, udite udite, così facendo camperemo poco. L' inciviltà è tossica. Peggio: contagiosa, si diffonde come un raffreddore, si legge in uno studio condotto da Trevor Foulk della University of Florida. Basta esserne testimoni e la parte del nostro cervello che elabora la maleducazione si risveglia. Qualcuno la chiama neurotossina, si diffonde nell' ambiente con effetti che durano una settimana seminando ostilità e abbassando il tasso di produttività. Lo dice la scienza. È logorante, ci lascia esausti, ci spinge a procurare dispiacere attorno a noi e, senza accorgercene, compromette la nostra salute: il cuore, il carattere, alcune capacità psichiche. Diventare contribuitor di maleducazione nel mondo, in sostanza, ci rende vittime e carnefici di una bella epidemia.
DANNY WALLACE
E pensare che a questa conclusione superdocumentata scientificamente ci è arrivato Danny Wallace, presentatore e giornalista pluripremiato che per trovare pace dopo la lite con una commessa (maleducata!) che ha servito a lui e famiglia un hot dog (pessimo) dopo un'ora e dieci minuti (facendolo pagare prima di servirlo!), si è messo a studiare. Ha commissionato a un'agenzia un sondaggio e ha pubblicato tutto in La legge del cafone (Feltrinelli), un saggio brillante e provocatorio, che non parla di bon ton ma di buon senso. Secondo il Report Wallace, si legge alla fine del libro, in Gran Bretagna le persone ritengono che qualcuno sia stato maleducato senza motivo nei loro confronti almeno due volte alla settimana. Ovvero 104 volte all' anno. E in media tra le 15:00 e le 15:59. E ogni volta che questo accade, anche loro ne escono più maleducati.
Forza, quando è successo a voi? Non ricordate l'ultima volta che avete incontrato un maleducato perché non ci facciamo più caso. Peccato, eppure quella telefonata in treno del tipo che parlava ad alta voce come avete potuto dimenticarla: la scienza ha dimostrato che sentire mezza conservazione stressa di più che sentirla intera.
DANNY WALLACE
Cioè il nostro cervello è costretto a fare attenzione a ciò che si dice per indovinare ciò che non sente. Parlare ad alta voce al telefono invade la privacy altrui, interrompe i nostri pensieri: è da maleducati, perché significa schiacciare pesantemente la vita altrui.
E lo fanno di più gli uomini che le donne, si legge nel testo di Wallace, non foss'altro che alle donne si attribuiscono ingiustamente standard più elevati: se una donna è maleducata il mondo la giudica «inappropriata», se lo è un uomo, vabbè è fatto così. Ma anche qui, la cosa sembra conveniente: tre università americane hanno esaminato i guadagni di diecimila lavoratori per un periodo di vent' anni e le donne maleducate, hanno scoperto, guadagnano il 5% in più di quelle educate. Bisogna vedere chi diventa più maleducato (e ricco) di chi. Ma non è questo il punto. La maleducazione, ci avverte Wallace, è l'ultima arma di ribellione del nostro tempo. Rassegniamoci però, tocca ribellarci noi a lei. E non perché ci rende deboli, è solo che l'educazione ci rende più forti e compatti. Davanti all'insulto a mezza bocca rivolto a un anziano, abbiamo l'obbligo morale di farci sentire. Davanti al collega che si proclama sincero e schietto un attimo prima di offendere gli altri come incapaci, abbiamo il dovere di condannarlo per proteggere i sentimenti altrui. Che valgono, eccome se valgono.
Alla «nuova maleducazione», abbiamo infine la responsabilità di insegnare due cosine: le buone maniere.