Michela Allegri per “Il Messaggero”
villa casamonica
C'erano l'usura e le estorsioni, le minacce, le armi nascoste in casa, le intimidazioni. C'era la paura delle vittime, che non hanno trovato il coraggio di denunciare e che, per ripagare i debiti con il clan di origine sinti, hanno dovuto persino vendere casa. C'era il controllo del territorio: la Romanina e Porta Furba come quartier generale, con i residenti terrorizzati, ma silenziosi, con bocca tappata di fronte alle domande degli investigatori, per timore di ritorsioni. Tutto questo, per il Tribunale di Roma, si traduce in una sentenza: il clan Casamonica è un'associazione mafiosa.
casamonica versa champagne sull orologio d'oro
Ieri i giudici della X sezione penale, dopo 7 ore di camera di consiglio, nell'aula bunker di Rebibbia hanno disposto condanne per oltre 400 anni di carcere a carico di 43 tra capi e affiliati alla famiglia sinti. La pena più pesante - come chiesto dal pm della Dda Giovanni Musarò, titolare del fascicolo - è per il boss Domenico Casamonica: 30 anni di carcere. Pesanti anche le condanne per gli altri capi del clan: 20 anni e mezzo per Giuseppe Casamonica, 12 anni e 9 mesi per Luciano, 25 anni e 9 mesi per Salvatore, 23 anni e 8 mesi per Pasquale, 17 anni per Consiglio, 19 anni per Massimiliano Casamonica.
villa casamonica
Esulta la sindaca di Roma, Virginia Raggi, con il Campidoglio costituito parte civile nel maxi-processo, iniziato nell'ottobre 2019 e scaturito dalla mastodontica operazione Gramigna dei Carabinieri: «Io di fronte al clan non mi sono mai piegata. Vivo sotto scorta per questo. Il tribunale ha confermato l'associazione di stampo mafioso. È la conferma che a Roma il clima è cambiato».
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I COLLABORATORI Fondamentali per l'inchiesta, le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia: Debora Cerreoni e Massimiliano Fazzari. La prima, ex moglie di un rampollo del clan, aveva sostenuto di essere stata sequestrata: «Hanno minacciato di sciogliermi nell'acido». Aveva raccontato anche di montagne di denaro e delle minacce subite: «Uno di loro diceva di avere 10 milioni di euro nascosti nei muri». Del lusso ostentato nelle intercettazioni e sui social aveva parlato anche il pm Musarò nella requisitoria: Rolex e gioielli, per il clan, erano una forma di investimento non tracciabile, ma «l'esibizione del lusso rappresenta il modo con il quale i Casamonica dimostrano la loro potenza, i Rolex sono un segno distintivo».
ARRESTO ANGELO CASAMONICA
Nelle conversazioni captate si parlava di orologi che arrivavano a costare anche 200mila euro, ma anche di rubinetti d'oro che si trovavano nei bagni delle ville alla Romanina. «Stanno là tutti i soldi vostri - diceva intercettato un affiliato al clan - nei bagni nelle tubature, nei rubinetti dei bagni, alcuni anche nelle maniglie delle porte... c'avete il più grosso capitale d'oro che c'è a Roma». Il pm, prima di chiedere le condanne, aveva sottolineato anche un altro punto: «I Casamonica fanno paura alla popolazione romana». Un dato è emblematico: nel procedimento c'erano ben 25 vittime di usura ed estorsione, ma nessuna è costituita parte civile, nessuna ha denunciato.
villa dei casamonica
Anzi, «una persona aveva trovato il coraggio di farlo - ha detto il magistrato - ma la denuncia era stata fatta misteriosamente sparire. Nessuno presenta denunce, neanche quelli che, per pagare i debiti usurari, hanno dovuto vendere la casa, neanche quelli che hanno pagato per 16 anni, o quelli che erano così disperati da scappare all'estero». Tutte prove del potere di intimidazione esercitato dalla famiglia sinti e dai loro sodali.
LE REAZIONI Ieri il Tribunale ha disposto anche risarcimenti per le parti civili: 25mila euro a testa per Campidoglio e Regione Lazio, 10mila per le associazioni costituite. Il presidente della Regione, Nicola Zingaretti, ha parlato di «una sentenza storica che finalmente mette nero su bianco che Casamonica equivale a mafia». Mentre l'avvocato Giulio Vasaturo, legale dell'associazione antimafia Libera, sottolinea anche come il verdetto serva a «fare luce su una sequela di episodi di estorsione e violenza rimasti sino ad oggi impuniti, anche a causa della dilagante omertà imposta dal clan».
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Luigi Ciatti, presidente dell'Ambulatorio Antiusura ha invece commentato: «È una sentenza che aspettavamo da tempo. Registriamo però l'assenza delle vittime, nessuna si è costituita parte civile: un fatto grave che va analizzato». Di diverso avviso l'avvocato Giosuè Bruno Naso, difensore di diversi imputati, tra i quali i Giuseppe e Domenico Casamonica: «Sentenza sconcertante, ma non sorprendente considerando il conformismo colto fin dall'inizio del dibattimento. Affronteremo l'appello».
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