DAGOREPORT: PD, PARTITO DISTOPICO – L’INTERVISTA DI FRANCESCHINI SU “REPUBBLICA” SI PUÒ…
Fausto Carioti per “Libero quotidiano”
Il gas liquefatto venduto dagli Stati Uniti e promesso da Joe Biden all'Europa? Rischia di finire alle aziende nazionali cinesi, che hanno stretto accordi con le compagnie a stelle e strisce prima della guerra in Ucraina.
La doccia fredda per i piani del governo italiano e della commissione di Bruxelles viene dalla rivista Energia, diretta dall'ex ministro Alberto Clò,la quale dedica uno studio all'accordo che, entro la fine del 2022, dovrebbe far arrivare nella Ue 15 miliardi di metri cubi di Gnl americano (pari, peraltro, ad appena un decimo del gas russo acquistato dall'Europa nel 2021).
I problemi non si fermano alla «limitata capacità di interconnessione fra l'hub di Gnl sulla penisola iberica», dove dovrebbero giungere le navi metaniere americane, «e il resto della rete gasifera europea». I due contraenti, infatti, appaiono in grado di garantirsi reciprocamente ben poco.
Da un lato c'è Biden, che paga «l'impossibilità per la Casa Bianca di indirizzare le vendite delle compagnie verso specifici mercati». A maggior ragione in un momento nel quale «le relazioni fra i produttori di shale oil & gas americani», peraltro vicini da sempre ai repubblicani, e il governo democratico di Washington, sono «ai minimi storici».
In una situazione simile si trova l'altra contraente, Ursula von der Leyen, poiché Bruxelles «non ha alcuna capacità decisionale in materia» di acquisti energetici, essendo tali scelte «influenzate da interessi nazionali e commerciali delle compagnie che operano in mercati, quelli europei, altamente liberalizzati».
La libertà delle imprese americane dalle scelte di Washington rende possibile l'inserimento del terzo protagonista che non ti aspetti: Pechino. Ancora prima del conflitto in Ucraina, spiega lo studio, «ad assicurarsi una corposa parte della nuova capacità dell'export americano sono state le compagnie asiatiche, e in particolare quelle cinesi. Saranno queste a divenire i nostri principali competitors durante la fuga in avanti per dissociarci dal gas russo».
Le compagnie cinesi hanno già siglato accordi per forniture di lungo periodo con i produttori statunitensi, complicando così gli acquisti da parte dell'Europa. E ancora peggio andrebbe se passasse la proposta, lanciata da Mario Draghi, di fissare un tetto al prezzo europeo del gas. Nei mesi estivi, infatti, la domanda cinese e giapponese di Gnl è destinata ad aumentare, facendo scattare una nuova corsa al rialzo dei prezzi. «In quel momento», spiega l'analisi, «qualsiasi price cap al gas europeo sostenuto oggi dall'Italia rischierebbe di divenire un boomerang. Ai compratori asiatici basterebbe offrire un prezzo di poco superiore per assicurarsi i volumi necessari di Gnl».
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