“AMO I LIBRI SUI RAVANELLI” TWAIN INTERVISTATO DA KIPLING
Stralci dell’intervista di Rudyard Kipling a Mark Twain (1890), contenuta nella raccolta di inediti “Parla Mark Twain” (ed. Lorenzo de’ Medici Press), pubblicati dal “Fatto quotidiano”
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La prima cosa che mi colpì fu che si trattava di un uomo anziano, ma, dopo aver riflettuto un minuto, mi accorsi che non era così, e in capo a cinque minuti, mentre i suoi occhi mi guardavano, capii che la capigliatura grigia non era che un dettaglio del tutto insignificante.
In realtà era molto giovane. Gli avevo stretto la mano. Stavo fumando il suo sigaro e lo sentivo parlare – quest’uomo che avevo imparato ad amare e ammirare da quattordicimila miglia di distanza. Leggendo i suoi libri mi ero sforzato di farmi un’idea della sua personalità e tutte le mie opinioni precostituite erano errate e al di sotto della realtà.
È fortunato colui che non resta deluso quando viene faccia a faccia con un ammirato scrittore. Era un momento da non dimenticare, la cattura di un salmone di dodici libbre non era nulla in confronto.
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Avevo preso all’amo Mark Twain e lui mi stava trattando come se, in certe circostanze, potessi stargli alla pari... La conversazione passò dai libri in generale ai suoi in particolare. Facendomi coraggio e con la sicurezza di rappresentare alcune centinaia di migliaia di persone, gli chiesi se Tom Sawyer sposò la figlia del giudice Thatcher e se avremmo mai avuto notizia di Tom Sawyer da adulto.
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“Non ho ancora deciso”, disse Mark Twain alzandosi, riempiendosi la pipa e camminando su e giù per la stanza in ciabatte. “Ho avuto l’idea di scrivere il seguito di Tom Sawyer in due maniere diverse. Nel primo caso l’avrei fatto ascendere ai più alti onori e fatto arrivare al Congresso, nel secondo l’avrei fatto finire sulla forca. Allora tanto gli amici come i nemici del libro avrebbero potuto scegliere”.
A questo punto perdetti ogni riguardo e protestai contro qualsiasi teoria di quel tipo, perché, per me almeno, Tom Sawyer era una persona reale. “Oh, lo è”, disse Mark Twain. “È tutti i ragazzi che ho incontrato o che ricordo; ma quello sarebbe un buon modo di concludere il libro”...“Sì, ma non dategli due scosse e non mostratecene il risultato, perché Tom non è più vostra proprietà. Appartiene a tutti noi”.
A questo punto rise – una forte, franca risata...“Avete intenzione di scrivere un’autobiografia prima o poi?”.“ Sì; sarà come quelle scritte da altri – col più sincero desiderio di presentarmi come un uomo migliore in ogni piccola faccenda a mio discredito e, come gli altri, non riuscirò a far sì che il lettore creda ad altro che alla verità”...
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“Non leggo mai romanzi di mia iniziativa”, disse. “Lo faccio solo quando sono costretto dalla pubblica persecuzione – quando la gente mi tormenta per conoscere il mio parere sull’ultimo libro che tutti leggono”. “E che effetto ha avuto su di voi l’ultima persecuzione?”. “Robert (Robert Elsmere di Humphry Ward, ndr)?” disse interrogativamente. Accennai di sì. “L’ho letto, naturalmente, per la sua fattura...”.
Che fare quando si è totalmente in disaccordo con un grande? Il mio compito era stare in silenzio e ascoltare. E tuttavia Mark – Mark Twain, un uomo che conosceva gli uomini – grande capo, grandissimo capo, tremendamente potente grande capo – signore delle lacrime e del riso, provetto nella conoscenza dell’interiorità delle cose, s’inchinava alla ricercata mercanzia delle scuole, dove la gente si comporta in obbedienza ai libri che legge e tiene la coscienza sotto spirito di vino fatto in casa.
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Diceva che c’era finezza di stile, perciò doveva esserci finezza di stile. Ma forse mi stava prendendo in giro. “Vedete”, continuò, “ognuno ha la propria opinione personale su un libro. Se fossi vissuto all’inizio dei tempi mi sarei guardato intorno tra i cittadini per capire il parere dell’opinione pubblica sull’assassino di Abele prima di condannare apertamente Caino. Naturalmente avrei avuto la mia opinione personale, ma non l’avrei espressa prima di aver capito come andavano le cose. Non so bene quali siano le mie opinioni pubbliche. Non sconvolgeranno la terra”...
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“Personalmente non mi interessano la narrativa e i libri di racconti. Quello di cui mi piace leggere sono fatti e statistiche di ogni tipo. Mi interessano anche se sono fatti riguardanti la coltivazione dei ravanelli. Proprio adesso, per esempio, prima che arrivaste”, – indicò un’enciclopedia sugli scaffali – “stavo leggendo un articolo di matematica perfettamente pura. Le mie conoscenze matematiche si arrestano a ‘dodici per dodici’, ma ho letto l’articolo con immenso piacere. Non ne ho capito neanche una parola, ma i fatti o quello che si pensa siano fatti sono sempre dilettevoli. Per prima cosa raccogliete i vostri fatti”, e la voce si abbassò fin quasi a un ronzio impercettibile, “poi potete distorcerli come volete”.
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