Paola Zanca per ''il Fatto Quotidiano''
giuseppe conte patuanelli
Lui che è il ministro per i Rapporti con il Parlamento, di mediazioni se ne deve intendere per forza. E pure di intese. Però, Federico D' Incà ha ristretto il perimetro. E quando commenta il cartello "no alleanze" che ha colonizzato la piazza contro il ritorno dei vitalizi, pianta il suo paletto: "Ma non vi siete accorti che dietro c' era scritto 'non con la Lega'?!".
Rieccoci al punto. Perché mentre la base è tornata a riunirsi sotto le parole d' ordine delle origini, i vertici Cinque Stelle sono sempre alle prese con la direzione da prendere. Ovvero, decidere quale evoluzione dare al secondo governo Conte, quello col centrosinistra. Perché, come noto, per alcuni è una traiettoria irreversibile, per altri assolutamente no. E tra questi altri, c' è Luigi Di Maio, il capo che ha lasciato la guida e che questa piazza già vorrebbe veder tornare.
federico d inca foto di bacco
La piazza del "no alleanze" è la piazza di Luigi Di Maio. È la piazza che incrocia i ministri e i parlamentari e li accusa: "Stiamo digerendo tanto", che tradotto significa "troppo". In sottofondo è tornato l' inno del 2013, quel "non siamo un partito, non siamo una casta" che era sparito alle ultime kermesse. E il colore dominante è di nuovo il giallo, non più il blu ministeriale delle manifestazioni di questi due anni di governo.
È vero che quella di Santi Apostoli è una chiamata alle armi prettamente identitaria, necessaria a ridare fiato alla base che si stava smarrendo e a togliere alle Sardine - che proprio oggi torneranno a riunirsi in questo stesso angolo di Roma - il monopolio della mobilitazione di piazza.
LUIGI DI MAIO - DAVIDE CASALEGGIO - PIETRO DETTORI
Ma è anche vero che Di Maio è convinto che la linea da tracciare sia quella del Movimento che si muove in autonomia. E con lui Davide Casaleggio e i suoi fedelissimi a Roma, Pietro Dettori e Cristina Belotti. Non è un caso che all' indomani delle dimissioni da capo politico e da capo delegazione gli amministratori di alcune chat M5S abbiano subito pensato di fare a meno del contributo dello "staff" alla discussione collettiva.
Perché superato l' ex capo, la direzione è virata a sinistra. E immagina il futuro del Movimento in un contenitore riformista, ancora tutto da costruire, ma molto simile a quello in cui Nicola Zingaretti ha più volte dichiarato di voler far confluire anche il Pd.
Non senza dimenticare di precisare che il nome di Giuseppe Conte è una risorsa per il centrosinistra del futuro.
IN PIAZZA PROTESTANO PURE CONTRO LE ALLEANZE
È la stessa linea "contiana" dei ministri - da Stefano Patuanelli allo stesso D' Incà - e di una corposa fetta di parlamentari, convinti che il percorso iniziato l' estate scorsa non debba interrompersi, tanto più dopo lo scotto dell' esperienza di governo con la Lega.
Una ipotesi che ha bisogno di tempo per diventare solida e che diventa un collante anche per il prosieguo della legislatura. Ma necessita, almeno nei ragionamenti interni al Movimento, del benestare di Beppe Grillo. Che, va detto, è tanto silenzioso quanto convinto che la collocazione dei Cinque Stelle debba rimanere nell' alveo del centrosinistra.
"Quando Beppe parlerà", ripetono i "riformisti", non ci saranno più dubbi.
patuanelli fraccaro
Nemmeno per Di Maio, che di finire a sinistra non ha alcuna intenzione, lui che è il teorico della "terza via" e del Movimento come "ago della bilancia". In quest' ottica, potrebbe incrociare di nuovo la sua strada con quella dell' Alessandro Di Battista che vuole tornare e fare "proposte" e che parla tutta un' altra lingua rispetto agli esponenti del Conte 2.
Nel nome di un Movimento che torna alle origini. Ridimensionato e compatto. Pronto, nell' eventualità, a fare di nuovo squadra anche con quel Matteo Salvini che Conte e gli altri non vogliono vedere più.
paola taverna