Massimo Gaggi per corriere.it - Estratti
kamala harris joe biden
Joe Biden cerca un quasi impossibile rilancio con comizi negli Stati chiave — in Wisconsin ha detto che non si ritira e che sconfiggerà Donald Trump — e l’intervista televisiva trasmessa stanotte dalla rete Abc, ma il suo sentiero è sempre più stretto: sostenendo, nell’incontro coi governatori democratici, di avere bisogno di più riposo (non più impegni dopo le 8 di sera), ha ammesso che il suo fisico si sta degradando.
Come può pensare di continuare a svolgere il mestiere più importante e impegnativo del mondo per altri 4 anni e mezzo? E poi c’è l’emorragia dei gradi finanziatori della campagna presidenziale. Dopo le defezioni dei giorni scorsi, ieri è stata Abigal Disney, erede del patrimonio del gigante dello spettacolo, ad avvertire: non darò più un soldo fino al ritiro di Biden. Seguita, in questo, da altri miliardari, come Gideon Stein, e da 168 manager e finanziatori che hanno inviato una lettera alla Casa Bianca.
Dunque ritiro sempre più probabile e Kamala Harris in pole position per la nomination democratica. I dubbi rimangono, ma vengono messi da parte sulla base di tre considerazioni.
joe biden con kamala harris festa del 4 luglio
Il primo: porre un veto alla prima donna vicepresidente, per di più di colore, unica, tra i candidati possibili, che ha fatto esperienze di governo federale e di politica internazionale, rischia di essere un suicidio politico per chi si fa avanti dicendo «non è il tuo momento». Tanto più che nessuno degli altri candidati possibili, quasi tutti governatori, è mai stato testato sul palcoscenico nazionale e internazionale.
Il secondo: fino a qualche mese fa la Harris veniva scartata perché più impopolare di Biden nei sondaggi. Ora non sembra essere più così: l’ultima rilevazione della Cnn dà sempre in vantaggio Trump che, però, batterebbe Kamala di soli due punti (47% a 45%) mentre con Biden il distacco è più ampio (47% a 43%). Ma, soprattutto, nessuno degli altri potenziali candidati democratici alla Casa Bianca fa meglio della vicepresidente nel confronto con Trump.
joe biden con kamala harris festa del 4 luglio
Il terzo: se deciderà di ritirarsi, quasi certamente Biden indicherà per la successione la vice che, rimasta al suo fianco per quattro anni condividendo le sue politiche, fedele fino in fondo, può essere considerata parte della sua eredità politica. Se lo farà, la sua indicazione verrà certamente condivisa anche da Barack Obama e Bill Clinton. Chi potrà obiettare a quel punto? Anche Trump si sta convincendo che dovrà vedersela con lei e sembra temerla visto che ha già coniato un soprannome denigratorio, «laffin’ Kamala»: un riferimento ad alcune sue risate un po’ sgangherate degli anni scorsi che le televisioni di destra ritrasmettono continuamente.
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La campagna di Trump teme che un ticket democratico tutto nuovo e giovane possa guadagnare terreno sull’ex presidente, soprattutto se Kamala sceglierà come vice un personaggio popolare di uno degli Stati decisivi per la corsa alla Casa Bianca.
DONALD TRUMP INSULTA BIDEN E KAMALA HARRIS
Inizia il totonomi per il vice democratico
Così si comincia a discutere anche del nuovo ticket progressista. Chi affiancherebbe Kamala?
(...) Salgono le quotazioni di due giovani governatori: il 46enne Andy Beshear del Kentucky (eletto due volte in uno Stato nel quale nel 2020 Trump ha preso il 62%, mentre Biden ha racimolato un magro 36%) e, soprattutto, il 51enne Josh Shapiro della Pennsylvania, uno Stato che la sinistra non si può assolutamente permettere di perdere. Altre possibilità: i governatori di Maryland, Colorado e Illinois, Wes Moore, Jared Polis e J.B. Pritzker, e il ministro dei Trasporti Pete Buttigieg.
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