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    I DUBBI DEL GIUDICE SULLA VERSIONE DI BOSSETTI - "LE ESIGENZE CAUTELARI SUSSISTONO PER L'EFFERATA VIOLENZA. INDOLE MALVAGIA E PRIVA DI PIETA'" - LA RICOSTRUZIONE DI IERI DEL PRESUNTO ASSASSINO DI YARA, CHE SI DICHIARA INNOCENTE, E' DEBOLE IN MOLTI PUNTI


     
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    Maddalena Berbenni e Fiorenza Sarzanini per ‘Il Corriere della Sera’

    massimo giuseppe bossetti massimo giuseppe bossetti

     

    Era lì anche nei giorni precedenti. Girava intorno alla palestra, forse aspettava proprio lei. Sono i dati forniti dalle celle telefoniche a fornire nuovo sostegno all’impianto dell’accusa contro Massimo Giuseppe Bossetti di aver ucciso Yara Gambirasio. E a convincere il giudice Ezia Maccora della necessità di emettere nei suoi confronti l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Anche perché gli contesta una nuova aggravante collegata al fatto che «Yara era in condizioni di minorata difesa», non poteva sfuggire alla furia dell’uomo.

     

    La motivazione è lapidaria: «Le esigenze cautelari sussistono avuto riguardo alla gravità intrinseca del fatto connotato da efferata violenza e dalla personalità di Bossetti,

    dimostratosi capace di azioni di tale ferocia posta in essere nei confronti di una giovane e inerme adolescente abbandonata in un campo incolto ove per le ferite e per ipotermia ha trovato la morte.

     

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    Una condotta particolarmente riprovevole per la gratuità e superfluità dei patimenti cagionati alla vittima, con un’azione efferata, rivelatrice di un’indole malvagia e priva del più elementare senso di umana pietà». E ancora: «Pur trattandosi di soggetto incensurato, la mancanza di freni inibitori dimostrata rende la misura in carcere l’unica adeguata», anche tenendo conto del «pericolo di reiterazione di reati della stessa indole o comunque commessi con violenza se si considera che ad oggi non si conoscono le ragioni che hanno portato Bossetti a sfogarsi su una giovane ragazza che non si sa se conosceva e se sulla stessa aveva già da tempo posto la sua attenzione».
     

    IL DNA E IL CELLULARE
    Bastano undici pagine al giudice per avvalorare l’impianto accusatorio e le verifiche effettuate dai carabinieri e della polizia. Soprattutto per confermare l’esistenza di una prova regina come quella del Dna.

     

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    Nessuna valenza viene attribuita alla difesa di Bossetti che si proclama innocente, perché «le sue complessive dichiarazioni non sono idonee a scalfire l’indizio principale e cioè la traccia biologica ritrovata sugli indumenti della vittima riconducibile alla persona dell’indagato, non essendovi elementi in atti o prospettati dalla difesa che evidenziano dubbi sulla validità del metodo scientifico adottato per prevenire a tale risultato e possibili errori metodologici nell’estrazione della traccia e nella successiva comparazione».
    E in questo quadro viene inserito l’aggancio del cellulare alla cella che si trova nell’area dove Yara è stata portata via.

     

    yara yara

    Secondo il giudice «tale ultima circostanza assume rilievo in una valutazione globale e non isolata dagli indizi a carico. Perché se è possibile che il suo cellulare abbia agganciato la cella di Mapello alle 17,45 del 26 novembre 2010 perché per rientrare a casa dal lavoro transitava di fronte al centro sportivo di Mapello (come dichiarato nel corso dell’interrogatorio), se dalla valutazione isolata dell’inizio si passa a quella globale e si collega tale dato a quelli fin qui illustrati, cioè il Dna e il lavoro nel settore edile, la circostanza che il cellulare dell’indagato abbia agganciato la cella di Mapello conferma il quadro probatorio a suo carico in quanto è certo che Bossetti la sera del 26 non si trovava in un luogo diverso da quello in cui è scomparsa Yara».
     

    fulvio e maura gambirasio fulvio e maura gambirasio

    LE «INCONGRUENZE» DI BOSSETTI
    Nell’ordinanza Maccora si sofferma anche sulle dichiarazioni del presunto assassino, su quelle che definisce «incongruenze nel racconto». E riporta quello che pare come una vera e propria critica al papà della vittima. Scrive il giudice: «Bossetti sostiene che non ha mai conosciuto Yara Gambirasio e in un’occasione ha incontrato per lavoro il padre Fulvio Gambirasio quando era sul cantiere di Palazzago nel periodo in cui la figlia era scomparsa. Ha anche aggiunto che se fosse successo a sua figlia non avrebbe avuto neanche la forza di continuare a lavorare».
     

    massimo giuseppe bossetti massimo giuseppe bossetti

    Ed ecco i dubbi sulla ricostruzione offerta ieri nel corso dell’udienza, dopo che per due volte si era avvalso della facoltà di non rispondere: «Qualche incongruenza nel racconto si riscontra quando Bossetti afferma di ricordare i suoi movimenti la sera del 26 novembre 2010, perché proprio quella sera aveva visto di fronte al centro sportivo di Brembate dei furgoni con delle grosse parabole e di essere stato attratto da tale presenza. Ha poi precisato di non essere sicuro che il giorno fosse il 26 novembre, potendo essere il 27. Affermazione che andrà verificata dato che la denuncia di scomparsa avviene la mattina del 27 novembre, quindi difficilmente tali furgoni dotati di parabole possono essere collegati a mezzi di telecomunicazioni presenti».
     

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